31/07/18

CARTE ALLINEATE. Seconda serie, numero 66, luglio 2018 / Second series, issue 66, July 2018

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INDICE ALFABETICO / INDEX

29/07/18

Eileen Chang, HALF A LIFELONG ROMANCE

Prima edizione cinese 1948 a puntate, poi in volume nel 1950 col titolo 十八春 (Diciotto Primavere) e nel 1969 col titolo 半生緣 (Metà vita). In inglese: Half a Lifelong Romance, trad. K.S. Kingsbury, 2014. Edizione Kindle


Sebbene si tenga discosto dalle tematiche della guerra civile e dell’occupazione giapponese, accennati soltanto e non al centro della narrazione, questo romanzo sentimentale ambientato nella Cina degli anni Trenta e Quaranta ha uno sfondo sociale consistente nella delineazione della condizione femminile e nelle differenze di classe.

È incentrato sulle storie di vita di vari personaggi uniti da amicizia o legami parentali. La protagonista è Manzhen della famiglia Gu, ragazza avvenente e con una mentalità moderna, che un destino infausto stacca dall’amato Shijun della famiglia Shen. La sorella di lei, Mansu, infatti, che in passato, per mantenere la famiglia, aveva fatto l’entreneuse, sposata ora con il nuovo ricco Hongstai, per mantenere in piedi questo matrimonio d’interesse, notata l’infatuazione del marito per la cognata, collabora al suo tentativo di seduzione, che si risolve in violenza sessuale. Il progetto è di far partorire Manzhen e darle lo status di concubina. Manzhen riesce a sfuggire dopo mesi di sequestro in casa, che hanno provocato l’allontanamento di Shijun e il suo matrimonio con una ricca ereditiera, che a sua volta, innamorata di Shuichi, il migliore amico ddi Shijun, sposa quest'ultimo quando Shuichi, di classe sociale piccolo borghese, emigra negli Stati Uniti, consapevole di non poterle garantire gli agi di cui ha bisogno. Alla morte di Mansu, Manzhen decide di occuparsi del figlio e sposa, a tal fine, Hongstai, dal quale, per l'infedeltà e la mancanza d’amore di lui nei suoi confronti, divorzierà anni dopo. Il romanzo, che narra anche le storie di altri personaggi, quasi tutti interrelati, si conclude con gli incontri infine chiarificatori, ma non risolutivi degli amanti mancati, la cui vita continua come si è ormai disposta.

Le reticenze e verità solo accennate creano equivoci mentre mantengono un’apparenza di coesione familiare in cui il non detto evita lo scontro frontale mentre sullo sfondo la violenza e l’ingiustizia di “this unfair society of ours” irretiscono l’espressione dei sentimenti sinceri:

“The truth is that women raised in the old way […] when it came to pretending they were top-notch. They were so used to keeping a tight rein on their own feelings that self-suppression was nothing to them, Pretending to be deaf and dumb was second nature, it took no effort at all”.

“There’s always a gap between the rich and the poor”, si legge nel romanzo. Chang assegna autenticità più ai meno abbienti che ai ricchi, nondimeno è proprio sul terreno dell’amore che anche questi ultimi sono costretti a misurarsi con l’infelicità,

Interessanti i consumi cosmopoliti e modernizzati della famiglia più doviziosa, che a un certo punto, nella Shanghai del benessere, comprende anche caffè italiano prodotto tramite una Moka e una tovaglia di lino irlandese, prodotti di lusso d’importazione.

Il romanzo è narrato con fluidità e spesso per flussi di discorso indiretto libero.


[Roberto Bertoni]

27/07/18

Lee Chang Dong, GREEN FISH (초록 물고기)

1997, South Korea. Con Han Suk Kyu, Moon Sung Keun, Shim Hye Jin

Ci siamo occupati di Lee Chang Dong recensendo Peppermint Candy ; e tra i suoi film degli ultimi dieci anni ricordiamo qui Poetry, premiato per la migliore sceneggiatura a Cannes nel 2010.

Green Fish, il cui titolo deriva da un ricordo della prima gioventù del protagonista, vede il medesimo, Mak Dong, tornare dopo il servizio militare nella città natia, Ilsan, modificata irreversibilmente dallo sviluppo economico, che ha cambiato non solo i tratti geografici, ma anche quelli umani, con la rincorsa verso il denaro e la situazione di emarginazione di chi lo cerca senza ottenerlo. Mak Dong si muove in questo mondo che lo disorienta, finendo col lavorare per Tae Gon, un malvivente fidanzato con Mi Ae, la ragazza cui si interessa Mak Dong, in una carriera breve e umiliante che si conclude con l’omicidio del protagonista da parte del boss. Tae Gon e Mi Ae, per ironia crudele del destino, si ritrovano a pranzare in un ristorante di periferia, o di ex campagna, del quale sono proprietari dei rappresentanti della famiglia dell’ucciso, ignari degli avvenimenti che hanno condotto alla morte di Mak Dong.

 Il film presenta tratti diciamo tipicamente coreani nell’intreccio, come questa coincidenza del finale e il mondo della mala cui soccombono i meno abbienti. Allo stesso tempo, viene rappresentata la situazione della Corea reale degli anni Novanta, con le contraddizioni di povertà e ricchezza, di valori familiari e della loro crisi, di amore cercato e non ricambiato.

Notevoli i due attori principali Han Suk Kyu e Shim Hye Jin, tra i maggiori, tuttora, del cinema coreano contemporaneo.


[Roberto Bertoni]

23/07/18

Marina Pizzi, DAVANZALI DI PIETA', 2008 (Strofe 26-30)

["The snow... Fugitive for a moment" (Killiney 2017). Foto Rb]



26.


Fui spazzina di rantoli in corsia

I gabinetti li pulii tutti

L’ultima briciola ti tolsi dal letto

Ti misi i calzini avevi freddo ai piedi

Mi dicesti ultimo. Il macello delle bende

Stava arrivando. Ti strinsero il corpo

Contorto.

Le balle di fieno nei campi

Rotolavano in balìa del vento

Dove il vano tornava fantasma.

In meno di una genìa di farabutti

Valsi resistere scorpione bianco

Vezzo di niente ormai il pio lampione.

Passava la roncola del tempo

Sotto stivali di trincea i dotti esempi

Del vate conosciuto da ragazza

Innamorandomi di lui anche al piovasco

Analfabeta scolara di versicoli

Così per stare in vita nonostante

Le trebbie del sudario più che misantrope

Le briccole dal cielo non festivi angeli.



27.



Stoppie materne appiccano il fuoco

A chi fummo. Gridano le ceneri un eremo

Mortale. Sartorie per anime da proteggere

Se finalmente pace. Primario del cielo l’arcobaleno

Battesimo e baleno la rotta del sorriso.

Il becchino porta via la mia salma

In mano a condottieri assassini.

Gesticola la nebbia un inferno nomade

Pietà destituita la tua nuca fragile

Contro Caronte che rovista la tua figura

In guerra ancora di non stare viva recidiva.



28.


E morire nel fato di cuccagna

Quando a salve si brucia l’estate

Sitibonda le fiaccole dei morti

Che abbondano ritorno nell’enclave

Dei piccoli vivi e forti eroi che non demordono

Il dono di corsia per poter guarire

Le stoffe macchiate. Scorpacciate di aureole

I molti santi e angeli a braccetto

Sotto portici di città maledette. Tutto s’inarca

Per rovesciare il mondo tediosissimo

Manfrina diavolessa non sorridere mai

La noia di coriandoli sordi

Perfino al carnevale. Fumano le rotte di morenti

Orti botanici presi allo sfiorire.

Sul balcone hanno chiuso il cane

Che piange a crepacuore. Gentaglie le rime

Che simili combaciano cipressi

Decapitati in punta. Marciumi di retoriche

Ormai anche dive le rondini.



29.


Gerundio d’estate perdere la gioia

Bella mimosa l’atrio della madre

Rea al malore di dover morire

Sotto la culla del più bel bambino

O cervo della sabbia il tuo bagliore

Quando giocavi elemosine vermiglie

E il cielo misurava la vendetta.

Tu vergine di autunno mio panico

Col bacio di svenire alla boscaglia

Retto candore sibilo materno.

Strazio fraterno domandare dio

O almeno un angelo che si faccia dotto

Per il mio silenzio zoppo di lacrime.

Vuota sorella escremento d’anima

Evaporata ressa di capire il bene

Contro il sudario della razione pallida.



30.


Soma di eclisse darsene al banco     

Ultima alunna senza sentiero edotta

Starsene fuga con la sirena urlante.

E fu la neve un attimo fuggiasca

Quando la cantina scrisse alla lavagna

Help per favore datemi cantilena

Che io possa tingermi Arlecchina

China ancora oltre lo speleologico.

Matrigna la chiara enfasi del giorno

Ama la nomea del randagismo

Contro la muta di salvarsi l’anima.

Cresciuta male in un valico di stoppie

Ebbi una fata in coma da guarire

Nessuno m’inebriò con un sorriso

Contagioso più che prossimo a donarmi

Volo.

Tua la fionda che mi uccise novella

Appena convalescente il petto al cacciatore.

Non valse andarmene di soppiatto

Sciatta comunione con i giochi franti.




Le strofe precedenti sono uscite sui numeri scorsi di Carte Allineate.

21/07/18

Edgar Snow, STELLA ROSSA SULLA CINA


[Red Flag on the Yangtze River (Shanghai 1993). Foto Rb]


Edgar Snow, Stella rossa sulla Cina. 1938 e 1944. Titolo originale: Red Star over China. Traduzione di Renata Pisu. Introduzione di Renata Collotti Pischel. Torino, Einaudi, 1965

Il libro di Snow, il più noto in Occidente, a suo tempo, del suo genere, riferisce la visita dell’autore, tra giugno e ottobre del 1936, alle zone occupate dai comunisti cinesi, quindi il ritorno a Pechino e ulteriori avvenimenti, con fine del manoscritto nel luglio del 1937.

Si sono mosse vari critiche retrospettive al volume da parte di chi ritiene che Snow fosse stato influenzato esageratamente dalla versione maoista dei fatti, o di chi riscontra alcune imprecisioni.

Noi siamo stati colpiti dalla vividezza del reportage; dalla sua attenzione alle vicende personali dei dirigenti, tra cui Mao Tsedong, la cui biografia fu scritta con la verifica dell’intervistato, dunque rappresentò una versione ufficiale emersa nell’Ovest del mondo; dalla comprensione della strategia comunista che, nel lungo periodo, si rivelò vincente, come aveva previsto Snow, soprattutto per avere coinvolto la Cina rurale nell’elaborazione della difesa armata del territorio dai giapponesi occupanti, da un lato, e dallaltro dai nazionalisti del Kuomintang, intenti più a combattere i rossi che a creare alleanze nazionali contro l’invasione straniera. “Più che tutte le pie ma insignificanti risoluzioni approvate da Nanchino”, scrive Snow, “la pressione crescente esercitata dalle masse contadine, che dopo due millenni si sono levate in uno stato cosciente, può imporre l’attuazione di vasti cambiamenti nel paese” (p. 133).

Tra le pagine narrativamente più interessanti, si ricorderanno quelle sul resoconto della Lunga Marcia e in particolare la battaglia del fiume Dadu con la presa del ponte del Luding, la biografia di Zhu De, quella di Hsu Haidong.


[Roberto Bertoni]

17/07/18

Maurizio Masi, LIETTA ANNERBERGER

["Opening of light" (Roundwood, 2014). Foto Rb]


Volge un senso il tempo
della sera,
presso il tempio di Sant’Anna,
laddove la strada s’aggrotta
e s’attarda e l’immagine della Santa,
quasi suora egiziaca,
indica alla Vergine la Legge e i Profeti.

Fra crocicchi uguali -
ultimo il punto di fuga -
sai dove languisce lo smeraldo? -
oramai rare, difficili,
forse impossibili,
giungono nuove di te.
Il lago Tannhauser,
i relitti della Royal Air Force:
di nuovo un paese straniero.
E s’annebbiano i tempi,
la memoria più oscura,
silenziosa, vendica
la tua alter ego – scomparsa -
senza voci.

Soccorrono i tetti alle tarde piogge,
e non s’illuminano i giardini,
chiusi in sé:
s’intravede stretta la cortina verde,
siderale:
Chi è là?

La casa dai tetti spioventi
richiama la tua,
disadorna negli stanzoni;
fra i passi di tua madre.
Silenziosa presso le finestre,
la luce si apre,
e ricala un vuoto.

In questa passio cilestrina,
si compie la tua storia,
non ne segue l’incantesimo
chi non vive
e ne riaccende il tuo fuoco lento.
Ferma alla confluenza,
riordini le tessere.
È solo preludio
il tuo poter essere.

13/07/18

Wu Yonggang, THE GODDESS


Cina, 1934. Titolo originale: 神女 (Shénnǚ). Con Ruan Lingyu



Il film, muto, è ambientato a Shanghai negli anni trenta del Novecento,  periodo della prosperità modernizzante per la città, come pure della presenza di prostituzione e criminalità, e di povertà circostante la cinta urbana, con le legazioni occidentali all’interno, i giapponesi alle porte e la Cina intera scossa dall’occupazione nipponica della Manciuria e dalla guerra tra il Kuomintang e i comunisti. Il 1934 è anche l’anno di inizio della Lunga Marcia maoista. 

La pellicola di Wu si distingue per il realismo e la melodrammaticità non esagerata se si pensa agli stilemi dominanti nel muto di allora. La protagonista è una lavoratrice del sesso, costretta a questa vita per mantenere il figlioletto abbandonato dal padre. Cade preda di un capobanda malavitoso, che si appropria, oltre che della sua libertà, dei suoi risparmi. Quando decide di mandare il bambino a scuola, e nonostante la sua buona condotta e predisposizione per lo studio, per perbenismo il comitato di inseganti e genitori lo caccia nonostante gli sforzi di un direttore scolastico probo,  colpito dall'amore materno della protagonista e dalla buona disposizione del bambino. Questo funzionario comprensivo resta però in minoranza ed è costretto a dimettersi. In seguito all'espulsione da scuola del figlio, impossibilitata a fuggire in quanto il malfattore le ha rubato ogni avere, la madre disperata, durante un alterco col suo oppressore, lo uccide, finendo in carcere. Il direttore la visita, dicendole che adotterà ed educherà il ragazzino: resta questo barlume di speranza a dare senso alla vita di lei.

Si contrappongono i valori democratici e quelli reazionari, la purezza degli intenti e il pregiudizio, la libertà personale garantita dai mezzi economici alla costrizione della povertà che impedisce di vivere una vita dignitosa.

Il restauro cinese, presentato al festival cinematografico londinese del 2014, è di ottima qualità.

L’attrice protagonista, una delle maggiori della storia cinematografica cinese, è Ruan Lingyu, che riesce ad assegnare al suo ruolo naturalezza e sentimento senza eccessi che guasterebbero l’equilibro.

La vita di Ruan fu essa stessa tragica pur nel successo. Vittima di storie sentimentali sfortunate e dello scandalo dei mezzi di comunicazione di massa di allora,  finì col suicidarsi nel 1935.



[Roberto Bertoni]




11/07/18

Banana Yoshimoto, LE SORELLE DONGURI


["Why was I thinking of a Japanese garden while looking at that plant behind the bamboo reeds?" (La Spezia, 2018). Foto Rb]


Banana Yoshimoto, Le sorelle Donguri. Prima edizione giapponese 2010. Traduzione di G.M. Follaco. Milano, Feltrinelli, 2018


Le sorelle Donguri, il cui appellativo deriva dalla fusione dei nomi reali di due sorelle, Donko e Guriko, esistono solo online su un sito che hanno creato per rispondere a quesiti, per lo più personali, di persone varie e consigliarle nella risoluzione dei loro problemi.

La modernità in rete si associa così all’atto pietoso, già della cultura di un tempo della solidarietà; e facente parte dell’etica buddhista.

La storia è narrata dalla sorella minore, che assiste alla vita emotiva della maggiore, coinvolta in storie sentimentali, l’ultima delle quali, platonica, con un ragazzo coreano, mentre lei stessa ceca di affrontare e risolvere il lutto per la morte del proprio fidanzato.

Sembra che i drammi non esistano in questo mondo di solidarietà tra le due giovani, invece affondano nel passato di un’infanzia e adolescenza orfana, sfociata infine rifiuto degli zii che le avevano adottate, trattandole con ogni riguardo, ma rappresentando un mondo di classe sociale superiore rifiutato dalle due ragazze, per cui esse si trasferiscono a casa del nonno e ne ereditano la casa dopo il suo decesso.

Piccole sensazioni che rivelano una tristezza autentica; la ricerca, ciò nonostante, di una condizione di leggerezza” (p, 13); “l’idea che la realtà rifletta il nostro mondo interiore” (ibidem).

Più in esteso, questa filosofia:

“Se penso a quanto sia effimera la nostra esistenza in mezzo a questa enormità di informazioni, al torbido risentimento che alcuni ci riversano addosso senza neanche conoscerci, o alla gratitudine incondizionata e calorosa di altri, in questo mare sconfinato mi rendo conto che, in termini di passione, gli uni e gli altri non sono poi così diversi. Tutti noi non badiamo alle cose di poco conto, continuiamo a svolgere come possiamo le operazioni quotidiane […], tiriamo avanti, accettiamo i cambiamenti oltre alla cosa più importante: che siamo destinati a cambiare. […] Tessiamo l’ordito del nostro quotidiano lungo la soglia che divide le funzioni di tutti gli organismi viventi e la coscienza che percorre l’universo” (p. 15).


[Roberto Bertoni]




09/07/18

Kim Yung Suk, MY GOLDEN LIFE





[Golden Dawn (La Spezia 2017). Foto Rb]


Kim Yung Suk, My Golden Life. Titolo originale: 황금빛 내 인생. Sceneggiato televisivo; Korea del Sud, 2017; 52 episodi per la rete televisiva KBS. Testo di So Hyun Kyung. Con Cheon Ho Jin, Choi Gwi Hwa, Kim Byeon Ki, Kim Hye Hok, Jung So Young, Lee Tae Hwan, Lee Tae Sung, Na Young Hee, Par Joo Hee, Park Si Hoo, Seo Eun Su, Seo Gyung Hwa, Shin Hye Sun, Shin Hyun Soo


Passato dal 20% circa di indice di gradimento da parte del pubblico alla prima puntata, a oltre il 47% all’ultima puntata, questa serie, evidentemente di grande successo, si presenta come un iper-romanzo, per dirla alla Calvino.

Raccoglie infatti e collega vari motivi classici del K-drama: i figli scambiati; le famiglie in crisi e l’equilibrio ricomposto tramite la sofferenza e la riconciliazione; la Cenerentola vessata quando entra nella famiglia ricca e potente; l’amore avversato e infine trionfante; il contrasto tra personalità e basato sulla differenza di classe; i quartieri di piccola borghesia e quelli altolocati; la corruzione e le malversazioni dei potenti.

Va aggiunto che vengono innovati alcuni stilemi dello sceneggiato coreano, tramite un aggiornamento alle questioni scottanti attuali, tra cui la disoccupazione giovanile e il rifiuto da parte di alcuni personaggi del denaro e del potere per perseguire una vita autentica.

L’intreccio è piuttosto intricato e caratterizzato da variazioni sul tema e da colpi di scena, ma fondamentalmente si basa su un antefatto drammatico: una madre ricca perde la figlioletta e la ritrova dopo ventotto anni.

La ragazza è vissuta in una famiglia povera, la cui madre restituisce all’altra famiglia la propria figlia vera per darle la possibilità di vivere una vita migliore. Quando la seconda ragazza comprende l’inganno, lo rivela con onestà, ma la figlia vera degli abbienti, infine restituita, non ha interesse per quel mondo falso e per i suoi ideali distorti e intesi al potenziamento individualistico invece che a un'esistenza semplice e solidale.

L’inganno crea conflitti che si saneranno solo attraverso le varie, complesse vicende di parecchi episodi dello sceneggiato che si dirama frattanto in storie parallele, seguendo le vicende personali di tutti gli altri personaggi.

Il filo principale dell’intreccio è l’amore contrastato dei due Giulietta e Romeo di questa storia intensa e rispondente, in questo suo aspetto, ai canoni tipici del K-drama, ben eseguiti

Con poche eccezioni, i giovani di My Golden Life cercano alternative alle consuetudini, perseguendo la realizzazione personale più che le direzioni che vorrebbero loro le famiglie.  

Gli attori sono diretti con intelligenza. Ottima la recitazione di Shin Hye Sun, che assume una parte di protagonista dopo varie serie precedenti, in cui era emersa gradualmente da personaggio secondario a eroina della cerchia principale.

Il testo rivela adesione psicologica e sociale alle problematiche della contemporaneità.



[Roberto Bertoni]

05/07/18

Angelo Pini, LO SCURO DELLA CRONACA


[Black and White Chronicle of an Event (Dublin 2017). Foto Rb]


Lo scuro della cronaca
cammina ogni giorno
il respiro abituato
resta un rudere.
Il male che sale
il timbro della discordia
un tono fuori posto
quando nessuno ascolta
crepa sospeso
o detto in ritardo 
è solo voce
spogliato d’appartenenza
separa
giorno e notte
depone solitudine
la musica minuta
raccoglie il suono di nessuno. 

01/07/18

Ann Hui, LOVE IN A FALLEN CITY



[Ornaments and a Lady (Hong Kong 2016). Foto Rb]


Ann Hui, Love in a Fallen City. Hong Kong, 1984. Starring Cora Miao e Chow Yunfat



Based on Eileen Chang’s story by the same title, this is an elegant film, set between Shanghai and Hong Kong from the end of the 1930s to 1941, the year of the Japanese occupation of Hong Kong.

Family, solitude, modernity and tradition, social and personal identity, love and opportunity are all themes in this well executed film characterized not only by secure direction but also by good acting and a perceptive reading of the literary text on which it is based.

The female protagonist is Bai Liusu, a 28 year old widow who divorced her husband before he died and went back to her original family within which she has an awkward position due to social stigma. A friend and a family member help her to come in contact with Fan Liuyuan, a wealthy Malaysian Chinese who lived in Europe and has returned to China, with the hopeful prospect of marriage.

The relationship is difficult. They are clearly interested in each other, but he is a womanizer and rejects the idea of marriage. Their personalities differ widely - he is extraverted whereas Liusu is reticent and reserved. She eventually accepts the position of lover, but it is the impact of the Japanese invasion which brings Liuyuan to a mature decision to marry her, while they both find solidarity for each other in the social tragedy and realize that their friendship was rather love than simply affection.

The milieu of the Chinese bourgeoisie of the 1930s is rendered well, with the contradiction between traditional attitudes and modernized behaviour. Luxury and class differences in the two cosmopolitan and prosperous cities of Shanghai and Hong Kong are also described.


[Roberto Bertoni]