[The national flag in the district alley (Yongsan-dong, Seoul, 2011). Foto Rb]
Lee Chang Dong, Peppermint Candy. Corea del Sud, 1999. Con Kim Yeo Jin, Moon So Ri, Sol Kyung Gu
È un film di buona qualità e d’impegno, che ripercorre la storia
coreana dal 1980 al 1999 con un procedimento a ritroso, dal presente al passato,
attraverso una serie di flashbacks:
in ogni episodio del film si hanno le cause dell’episodio precedente, svoltosi
anni dopo. Si scava nella psiche collettiva del paese e individuale del
protagonista fino alle origini.
Ricostruendo la storia dalla fine all’inizio, l’ultimo episodio si
svolge nel 1979 e delinea il protagonista, Yong Ho, ancora studente, in un
picnic sul fiume con coetanei, è lì che conosce una giovane, Sun Im, che si
innamora di lui.
Nel 1980 il servizio militare e la partecipazione a un’azione
anti-dimostranti nel terribile massacro di Gwuanju, in cui la polizia venne impiegata
per reprimere brutalmente il movimento di democratizzazione. In questa episodio,
Yong Ho uccide per errore una giovane non dimostrante. È questo uno degli elementi
che mutano la sua vita.
Nel 1984, ha già perso l’innocenza, respinge Sun Im che gli è rimasta
fedele nonostante lui abbia disperso le sue tracce e lo va a cercare. Yong Ho, umiliandola, si lega a un’altra ragazza, Hong Ja.
Nel 1987 ha sposato Hong Ja ed è chiaro che non assegna molta
importanza a questo matrimonio, nonostante la moglie sia in attesa di una figlia.
È diventato un poliziotto e tortura uno studente progressista.
Continua a muoversi seguendo le ideologie dominanti: lascia la polizia
e si trasforma in imprenditore in un periodo di prosperità della Corea del Sud nel
1994. Fa seguire la moglie e la sorprende in un albergo in una storia
extramatrimoniale, ma ne ha una anche lui. Il matrimonio va a rotoli.
Nel 1999, la coppia ha divorziato, la figlia è affidata alla moglie che
Yong Ho ha abbandonato. La sua impresa è fallita, vive da diseredato in un alloggio
coperto da un rivestimento di plastica. Lo va a trovare il marito di Sun Im, la quale non lo ha dimenticato e in punto di morte chiede di rivederlo.
L’inizio del film è ancora nel 1999: Yong Ho si uccide gettandosi sui
binari mentre passa un treno di fronte agli ex compagni di scuola in gita presso
lo stesso fiume in cui si svolge la scena del 1980.
I passaggi da un episodio all’altro sono scanditi dal movimento della
macchina da presa lungo le rotaie, a ritroso, come si capisce dall’arrivo del
treno per Seoul che lo travolge quando si toglie la vita all'inizio del film.
Il titolo deriva dalle caramelle alla menta della fabbrica in cui lavora Sun Im da giovane e che gli invia quando Yong Ho fa il militare: lui le conserva, ma rotolano e si disperdono nell’episodio del massacro. Simbolizzano dunque la fedeltà muliebre, la vita operosa, il dono semplice, uno stile di vita ormai arcaico e la buona fede smarrita.
Ottima recitazione. Sceneggiatura intelligente dello stesso Lee Chang
Dong, di cui già avevamo apprezzato Secret
Sunshine (2007) e Poetry (2010).
Una recensione utile di Peppermint
Candy, con spiegazioni del sostrato sociologico, si trova su Senses of Cinema, 63, 2012.
[Roberto Bertoni]