31/01/07

CARTE ALLINEATE. Numero 1, Gennaio 2007 / Issue 1, January 2007. INDICE ALFABETICO DEGLI ARGOMENTI - INDEX OF THE TOPICS INCLUDED

I testi completi di tutte le voci del mese sono a "gennaio 2007" in ARCHIVI nella colonna a destra di questa pagina. Oppure cerca i testi integrali uno per uno nel SEARCH BLOG, inserendo il cognome dell'autore o l'argomento desiderato, che apparirà nella pagina sottostante a questa scheda - fa' scorrere verso il basso per raggiungerla. Per gli arretrati clicca su "Di cosa si parla su 'Carte allineate': Indici", o sui mesi pertinenti in ARCHIVI./
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INDICE ALFABETICO / INDEX:

- BIAMONTI, Francesco, LE PAROLE E LA NOTTE. Note di lettura, 20-1-07
- DAZZI, Ilaria, ELOGIO DELLA PAROLA SECONDO FLAVIO ERMINI (su ERMINI, Flavio, IL MOTO APPARENTE DEL SOLE. STORIA DELL'INFELICITÀ). Note di lettura, 21-1-07
- ERCOLANI, Marco, IL TEMPO DI PERSEO, 25-1-2007. Note di lettura
- FERRAMOSCA, Annamaria, "QUESTO INASCOLTATO MARE", testo, 22-1-07
- FERRARI, Marco, CUORE ATLANTICO. Note di lettura, 20-1-07
- GHOSH, Amitav, THE HUNGRY TIDE. Note di lettura, 21-1-2007
- HUTCHESON, Mark, EPITHALAMION II, testo, 21-1-07
- LYNCH, Brian, DAYSHIFT HANGOVER, testo, 22-1-07
- McFADDEN, Hugh, THE DEDICATION: TO CORNELIUS, testo, 31-1-2007
- MALERBA, Luigi, IL CIRCOLO DI GRANADA, note di lettura, 21-1-07
- MASON, Daniel, THE PIANO TUNER, note di lettura, 21-1-07
- ORENGO, Nico, LA CURVA DEL LATTE, note diu lettura, 20-1-07
- POLITO, Paola, TRE POESIE CON LE ROSE, testo, 25-1-2007
- RUSHDIE, Salman, FURY, note di lettura, 21-1-07
- SETH, Vikram, A SUITABLE BOY, note di lettura, 22-1-2007
- TONELLI, Angelo, ALLA RICERCA DEL SÉ, note di lettura, 25-1-2007

Hugh McFadden, THE DEDICATION: TO CORNELIUS

Hugh McFadden, POEM No. 1. THE DEDICATION: TO CORNELIUS (AFTER CATULLUS)

To whom shall I present this dainty new book
freshly polished up and smoothed with parched pumice?
To you, Cornelius: for you always noticed
my fragmentary trifles were still worthwhile;
back then, when you alone among Italians
dared to explicate the whole world’s history
in three volumes _ well-versed and hard-wrought, by Jove!
So here it is, this little book: take and keep
it, such as it is, for all that it is worth;
and, O Muse, may it live for more than an Age.


Gaius Valerius Catullus, I. AD CORNELIUM
1. cui dono lepidum nouum libellum
2. arida modo pumice expolitum.
3. Corneli tibi namque tu solebas
4. meas esse aliquid putare nugas
5. iam tum cum ausus es unus Italorum
6. omne aeuum tribus explicare cartis
7. doctis Iuppiter et laboriosis.
8. quare habe tibi quidquid hoc libelli
9. qualecumque quidem est. patroni et ergo
10. plus uno maneat perenne saeclo.


Hugh McFadden was born in Derry, Northern Ireland, but has lived in Dublin since childhood. He has had poems published in a variety of literary magazines, including AQUARIUS, ARABESQUE, BELFAST REVIEW, BROADSHEET (ed. Hayden Murphy), THE CORK REVIEW, CYPHERS, GREAT BOOK OF IRELAND, IRISH UNIVERSITY REVIEW, OAK, POETRY IRELAND NEWS, POETRY IRELAND REVIEW, THE RED WHEELBARROW, REVIVAL (Limerick), and THE STONY THURSDAY BOOK. His first collection, CITIES OF MIRRORS, was published by Beaver Row Press. A second collection, PIECES OF TIME, was published in 2004 by Lapwing Press. His SELECTED POEMS, subtitled ELEGIES AND EPIPHANIES, was published in 2005 by Lagan Press, Belfast. He is the executor of the literary estate of the late Irish writer, John Jordan, the founding editor of POETRY IRELAND/POETRY IRELAND REVIEW. He edited THE COLLECTED POEMS OF JOHN JORDAN (Dedalus Press, 1991), THE COLLECTED OF JOHN JORDAN (Poolbeg, 1991), and CRYSTAL CLEAR: THE SELECTED PROSE OF JOHN JORDAN, published by Lilliput Press, Dublin, in 2006. He works as a freelance writer and journalist in Dublin.

29/01/07

Flavio Ermini, IL MOTO APPARENTE DEL SOLE. STORIA DELL'INFELICITÀ



[Sunset. Foto di Marzia Poerio]









Bergamo, Moretti & Vitali, 2006


ELOGIO ALLA PAROLA SECONDO SECONDO FLAVIO ERMINI


"Che cos'è la notte? - ci si chiede oggi e sempre. / La notte, una rivelazione non rivelata. / […] In realtà, una profondità, uno spazio inimmaginabile. / Un'entità tenebrosa e sottile, forse somigliante al corpo che / ti abita, / e che senza dubbio occulta molte chiavi della notte" [Da LA NOTTE, J. Saenz].


Che cos'è la parola? O, meglio, quali sono le sue possibilità, i suoi limiti, il lato oscuro che la contraddistingue, il dato oggettivo che la rende palese? Qual è il confine tra parola poetica e parola filosofica? Cosa unisce, potenzialmente e concretamente, Leopardi e Platone, ad esempio? Chi può dirsi immune dall'oggettivo, (eppure spesso) incompreso, inesplorato, violato perfino, potere della parola? Flavio Ermini, attraverso un profondo e attento percorso mediato fra letteratura e filosofia, esplora la parola, il dissidio mai risolto fra poesia e filosofia, riflettendo su un tema di grande intensità come quello dell'infelicità, tracciando coordinate che hanno radici nella nostra cultura, dalle riflessioni dei NOMOTHETES (cioè dalla parola ai suoi albori), al pensiero di Rilke, di Zanzotto, di Valéry, solo per citarne alcuni.


Il volume, strutturato in quattro parti, esplora, spesso attraverso l'interazione fra "Io" e "Tu" (metaforicamente poesia e filosofia), o attraverso sapienti allusioni ad opere di grande rilievo intellettuale (penso a LO ZOO DI VETRO di Williams, a DIETRO IL PAESAGGIO di Zanzotto, ad esempio), come le opere poetiche o artistiche sappiano rendersi reale immagine della realtà, mostrandoci "la medesima insensatezza che rende insopportabile l'esistenza". IL MOTO APPARENTE DEL SOLE è un'opera che conferma e sottolinea che non è l'arte in senso assoluto e, quindi soprattutto, l'arte della parola - se così possiamo osare - a ruotare intorno all'uomo, bensì l'uomo a ruotare in quell'orbita, come se fosse quella stessa entità a condurlo, a portarlo, fino al punto da rendersi, in reciprocità, indispensabili l'uno all'altro.


L'uno e l'altro: storie di verità, racconti di "terre" ancora da esplorare e di campi coltivati, dei destini delle creature che, sotto lo stesso cielo, guardano l'esistenza mentre ne prendono coscienza, finendo per interrogarsi soprattutto su ciò che non ha univoca risposta e, ambiziosamente, cercando di afferrarne l'essenza.


Esplorando i titoli che contraddistinguono non solo le quattro sezioni (a cui si aggiunge una sezione-premessa, IN LIMINE), si ha l'impressione di essere alle prese con un trattato che affronta molteplici argomenti, come se i confini tra "discipline" o, piuttosto, fra esperienze esistenziali prima ancora che artistiche, fossero difficilmente distinguibili; come se il percorso della parola assomigliasse molto, in fondo, al percorso dell'uomo, ai suoi "corsi e ricorsi" non semplicemente storici.


Conoscenza e tempo dunque: entrambi delineati attraverso una prosa che riesce a toccare vertici poetici di grande intensità, come in LA GENZIANA GIALLA E CELESTE DI LOU o LA CLINICA DEI SENSI, ma anche come in L'UNO INDISTINTO (con una geniale allusione ad Orfeo) o IL CONFINE, "rassegna concreta" sulle dinamiche che permettono il ponte tra conoscenza/parola e operazione artistica, seme, frutto e albero sostanzialmente, in una trilogia che è già ammonimento al potere vivo della sticomitia fra Io (essere umano), Tu (mondo) e Anima, poiché "Il poeta è esploratore di spazi intatti".


Ermini si interroga sull'esistenza umana, varcando la soglia tra prosa e poesia, tra dolore e piacere, tra assoluto e relativo, sottolineando la necessità di imparare, IN PRIMIS, ad osservare per poter cogliere pienamente la lacerazione tra individuo e universo.


Libro intenso, ambizioso nell'intento e nello sviluppo, frutto di un approfondito LABOR LIMAE con la parola e con la sua tradizione, ricco di spunti e di riflessioni sulla letteratura come potente strumento di consapevolezza del Sé. Lettura consigliata specialmente a chi abbia voglia di indagare l'uomo e la sua condizione, attraversando la cultura in quanto fenomeno, in quanto esperienza.


"Dall'antro ai confini dell'altopiano, fino al deserto; e poi dall'agglomerazione alla WILDNISS, fino al nuovo inizio": come avrebbe scritto un grande artefice della parola dei nostri tempi, COME PUÒ UNO SCOGLIO ARGINARE IL MARE...


[Ilaria Dazzi]

25/01/07

Paola Polito, TRE POESIE CON LE ROSE

[Rose cittadine, 1 e Rose cittadine, 2. Foto di Paola Polito]





































ROSE

dialogo con una rosa
debolmente smerlata
di pallido vigore

nel lungo collo vitreo
l'esile cannula verde
cinta dall'acqua

infonde e risucchia
silenziosa la vita
così come la sonda
della mia vena perfusa


amo di questa rosa
l'odore lento
che s'accompagna
al mio torpore



QUESTE DELL'OSPEDALE

queste dell'ospedale
sono le mie prime rose
a sbocciare sicure
senza reclinare il capo
anzitempo

a succedersi solitarie
nello stesso vaso
dispiegando quiete
lo splendore esatto
del loro corso


perfetta serenità
nel compiersi regale
d'una fragilità mortale



OGGI

Spiegami perché oggi
quel ch'era invalicabile
è di colpo accessibile
Perché sorrido allo specchio
pur vedendo la stessa immagine
le stesse rughe
Perché la pioggia e il suo grigio
sono una carezza per l'anima
Perché queste quattro strade
tra la marina e il monte
mi parlano d'amore

Spiegami perché tutto
cambia di segno
Perché il disegno crudele
delle cose
può diventare amico

Guarda come trema
la rosa d'inverno nel cortile



Nata a La Spezia, Paola Polito ha insegnato italianistica all'università in Australia, Romania, Danimarca e risiede attualmente in Liguria. Ha pubblicato saggi e articoli. Si ricorda soprattutto il volume, scritto assieme a Steen Jansen, TEMA E METAFORA IN TESTI POETICI DI LEOPARDI, MONTALE E MAGRELLI: SAGGI DI LESSICOGRAFIA LETTERARIA, Firenze, Olschki, 2004.
Qualche parola sui testi inseriti qui sopra. Di OGGI si incide soprattutto l'idea che "il disegno crudele delle cose può diventare amico"; mentre l'ultimo dittico proprio sotto questi versi forse contraddice quanto appena detto perché la rosa d'inverno nel cortile trema, o forse no perché è positivamente una rosa ed esiste d'inverno. Del resto per cosa si trema? Per un brivido di freddo (gelo interiore)? O per un fremito di vita, un filo sottile, anche. In fondo è una chiusa montaliana anche se sopra c'erano un io, la parola "amore" e uno specchio. Forse si ricerca proprio l'"accessibile" che si prospetta nelle radure dell'"invalicabile": c'è una tendenza verso una soluzione, in breve un varco nella rete. Al contempo si danno gli spazi e i tempi alterni dell'essere: in ROSE "l'odore lento" della rosa e "il mio torpore"; in QUESTE DELL'OSPEDALE la "serenità" e la "fragilità".

[R. Bertoni]

Marco Ercolani, IL TEMPO DI PERSEO

Novi Ligure (AL), Joker, 2004


Una nota dell'autore rivela che questo libro è stato scritto nel 1987 e pubblicato solo diciassette anni dopo con modifiche di scarsa entità; si sottrae ai generi letterari: "questo testo difficilmente classificabile - saggio critico? confessione di poetica? racconto fantastico? documento clinico?"; ha per tema il "rapporto tra follia, immaginazione e poesia" (p. 57).
Si suddivide in due parti: MAELSTRØM e IL TEMPO DI PERSEO. Riferisce di un personaggio non nominato per nome e designato dalla terza persona, del quale nella prima parte si descrive il progresso dell'insorgere di immagini interiori deliranti; da qui si traggono riflessioni, con momenti anche aforistici nella seconda parte più che nella prima.
Le ultime due pagine richiamano i particolari del racconto di Perseo utilizzato come contrappunto allegorico metaletterario; e suggeriscono che nel confine tra l'impresa compiuta dall'eroe (impadronirsi della testa della Medusa) e la conclusione della sua esperienza col rientro nella vita quotidiana, ovvero sul bordo che separa il mito dalla realtà, si instaurano la dimensione del ricordo e il desiderio di futuro e, fuori di immagine, lì risiede la letteratura:

"Perseo è colui che POSSIEDE la testa recisa, in attesa di RESTITUIRLA. Sa che dovrà farlo. Che il tempo a lui concesso, dopo l'avventura favolosa, è breve e presto la bisaccia sarà vuota. Ma, nel tempo di quel ritorno, si ritrova con un potere magico, effimero, sotterraneo, che non lo rende né sano né folle ma possiede la sua esistenza. Perseo trattiene dentro di sé questo enigma e ne consuma l'ultima febbre in tracce e parole. Tracce e parole che si spegneranno solo quando la testa ritornerà alla dea e all'eroe rimarrà la confusa memoria del viaggio avvenuto e il remoto desiderio di ricominciarlo ancora" (p. 56).

Retrospettivamente il protagonista del volume potrebbe essere un Perseo collettivo, archetipo riposto dentro la psiche di ciascuno e dal quale si generano la letteratura e la malattia mentale. Il confine tra l'arte e la psicosi è il rapporto del soggetto con le visioni:

"[...] quando un pezzo di Sacro si dibatte tra le tempie come un frammento ostile è la fine. Ma se cominci a guardare in te stesso, rifiutandoti di essere fantasma in un mondo persecutorio, allora scoprirai, al centro del labirinto del tuo corpo, non il mostro che ti strazierà ma, più spietato e distante, lo specchio che ti costringe alla necessità della mediazione, alla duplicità dell'arte, alla manifestazione del delirio [...] e non sarai condannato a smarrirti. La pazzia diventerà luogo di sensi, segni, disarmonie, e della complessità di questi segni tu sarai attore, rinunciando al ruolo di vittima di un incomprensibile caos" (pp. 12-13).

Le immagini che si presentano nella confusione interiore nei momenti di insorgenza del delirio e in base alla "follia che sta dentro di te" sono febbrili, da lì va ricavato un significato fondato sull'individuazione di un "linguaggio di conoscenza":

"La follia è questo lago interno che contiene la nostra specifica voce, annegata in mezzo alle altre, e finché non riesce a manifestarsi, a conquistarsi un senso come profezia, come Linguaggio espresso nella lingua dell'uomo, non fa che esistere nei confini della norma trasgredita, definendosi come pazzia" (p. 14).

Arrendersi a tutte le immagini che si affacciano dall'inconscio conduce al delirio e al suicidio; la poetica le organizza e le trasforma in orchestrazione vitale. Il rapporto è tra io e inconscio (parola, la seconda, notiamo, non usata da Ercolani); ma anche tra io e mondo. Il mondo è "una polifonia di simboli" (p. 31); il delirio compie una "SOSTITUZIONE MAGICA di un mondo SICURAMENTE negativo con un altro APPARENTEMENTE positivo" (p. 41); l'individuo "solo se perde il mondo può ritrovarlo. Ma, se non lo ritrova, impazzisce" (p. 48).
Con un linguaggio ritmico e denso, questa meditazione è una narrazione tardomoderna sullo scopo e la nascita dell'impulso alla scrittura letteraria, con associazioni, per lo meno in chi stende le presenti note, al pensiero di Jung e un'attenzione al territorio delle ombre interiori da portare in luce e convogliare con "lucidità e consapevolezza": valori non sempre immediati e chiari nelle poetiche odierne e legati invece alla tradizione di arte intesa come conoscenza della modernità delle origini novecentesche.


[R. Bertoni]

Angelo Tonelli, ALLA RICERCA DEL SÉ



[Krishna in Saigon. Foto di Marzia Poerio]


Il tessuto connettivo di ALLA RICERCA DEL SÉ (Romito Magra [SP], Cosentino, 2006), secondo la definizione dell'autore Angelo Tonelli, è il Sé inteso come "una sorta di Chimera, un NOUMENON al quale si può soltanto tendere, o esservi inerenti senza poter inchiodare con il pensiero questa inerenza, è una ATOPIA o una SOGLIA, comunque un INEFFABILE" (p. 6).

La ricerca si snoda su tre assi principali: la psicanalisi junghiana, la tradizione arcana alchemico-ermetica e il concetto di sapienza, elementi che ritroviamo non solo in questa raccolta di saggi precedentemente pubblicati ma anche nella poesia di Tonelli.

Si propone la meditazione orientale per arrivare alla consapevolezza dell'ATMAN e del BRAHMAN reinterpretati come "natura relativa" e "natura assoluta" di un Sé in cui coesistono la luce e l'ombra, l'armonia e il conflitto (p. 35). Si descrivono visioni sorte da "uno stato di meditazione profonda" che conduce a un "viaggio astrale" (p. 51). Si interpreta THE WASTE LAND di Eliot come "poema di morte e rinascita, aridità e ristoro, vastità" con echi orientali: il testo buddhista IL SERMONE DEL FUOCO e le UPANISHAD (p. 127).

A partire dalla filosofia greca antica si assegna alla poesia un ruolo "mistico e sapienziale" (p. 134). Si vede lo sciamanesimo, con la trance e i legami "al movimento, al ritmo e alla danza", come "il substrato comune per Sapienza d'Oriente e Sapienza d'Occidente" (p. 141).


[R. Bertoni]

22/01/07

Annamaria Ferramosca, "QUESTO INASCOLTATO MARE"

Da CURVE DI LIVELLO (Venezia, Marsilio, 2005)


MEDITERRANEO

Marina Serra. Assalto
di un’alba nitida, capace
di spingere i monti d’Albania
fin qui, sotto il balcone
Posso toccarli quasi
fianchi verdi e radici
intrecciate alle mie
Da costa a costa
scintillano di senso le correnti
lu rusciu de lu mare
canta in mediterraneo

Potevo essere nata su quei monti
e mia madre avermi lavata nel canale d’Otranto
nutrita con zuppa d’alghe e filastrocche di Lushnje
potevo trovarmi in quella barca
così traboccante di speranza
che i fianchi non reggevano al rimorso

Mi trovo in quella barca, sono
albanese, pure
messapicagrecaegizialibica
il mio sangue è incontro d’onde
paziente e antico
(continua a mescolare
questo inascoltato mare)


Note. Marina Serra: località sulla costa adriatica del Salento. Lu rusciu de lu mare: sciabordìo del mare (dialetto salentino)



UN'ANFORA-FANCIULLA

Tornava dalla bevuta, acceso e solo
Abbracciato al recinto
serenava per ore alla vite
e al mattino giurava che ogni notte
sotto la vite Lei gli si mostrava
(fanciulla odordimosto?
luna caduta? Arianna furibonda?)
selvatica e fiorente
braccia arcuate sui fianchi
intensa lo sogguardava

Capelli grappolo cirri vedo-non ti vedo
avvitandosi come sul tornio
solo per lui ballava una taranta
- ébriola come te giro e poi giro
per te mi discingo bolero spando aromi
per la tua fronte, mio iucundus
bicchierando gli amici ti denudano il cuore
tu abbracciami la vita vitamara
dulcimi pane e vino, pane e vino
tu scioglimi la vita vitangoscia
brindami pace e vino, pace e vino –

Sotto la vite un giorno après-midi
un’anfora trovarono
in forma di fanciulla
Sul manico beata
una tarantola in trance



- LOST-LOST - MI SVEGLIO

- Lost, lost - mi sveglio
col verbo che pulsa sulle tempie
il bite rimorso che addolora le guance
- lost, lost - che cosa
rimane della notte se non
precipitarsi dietro
la porta appena chiusa
col suo sentore di foglie, fuori, e d’aria

- lost, lost - dal sogno
barbagli del miraggio:
dalla miniera carrelli luminosi
traboccano di metallo
(acciaio per incidere
ogni parola-nascita,ogni nome-sussulto?)
Altrimenti
solo resti di armi
tralicci, rottami
d’auto, schermi
schemi dell’homo velox ferox

- lost, lost - perduti
il canto dell’errante pastore
la veste di Gongila
le incessanti lanterne
l’inchiostro vitale
il nostro pianto utopico ?



Da PORTE/DOORS (Venezia, Edizioni del Leone, 2002)


LA MIA PARTE D’ORIENTE

Sotto la pensilina
profumo di tempio
Lei porcellana immobile
distante
distante un mare
distante
un mare del Giappone
inondata
dalle sue pieghe mongole
petalo sottile
tra i rami di un haiku

Anche in occidente
si reputa sconveniente
per una ragazza
prolungare lo sguardo, per strada
su un viso sconosciuto
oltre il flash d’una sillaba

Eppure sotto la pensilina
ho avvertito
per un solo attimo obliquo
piegarsi le sbarre del mondo
penetrare nella mia
una pupilla di seta
mi cercava
- luna dietro le nuvole -
cercava
la mia parte d’oriente

Solo accostarmi, io nube confusa
ansia di loto
senza sovrappormi
Offrirti le mie figurine immobili
Emily, Simone, Cristina, Amelia
La polpa del mio loto
in cambio
del tuo biancore


Nota. Emily, Simone, Cristina, Amelia... Sono le poetesse Emily Dickinson, Simone Weil, Cristina Campo, Amelia Rosselli.


MY PIECE OF THE EAST

Under the bus shelter
the scent of a temple
She, motionless porcelain
far away
far away a sea
far away
a sea of Japan
flooded
by her Mongolian folds
a delicate petal
between the branches of a haiku

In the West too
it is considered unseemly
for a girl
to let her gaze linger, in the street
on an unknown face
longer than the flash of a syllable

Yet, under the bus shelter
I saw
for a split oblique second
the bars of the world bend over
and a silk pupil penetrate mine
searching for me
- a moon behind the clouds -
searching
for my piece of the East

I just want to get closer, I, a confused cloud
longing for lotus
without overlapping
To offer you my motionless figurines
Emily, Simone, Cristina, Amelia
The flesh of my own lotus
in exchange
for your whiteness


Note. Emily, Simone, Cristina, Amelia ... The poets alluded to are Emily Dickinson, Simone Weil, Cristina Campo and Amelia Rosselli.


[Traduzione di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti]



Annamaria Ferramosca è nata a Tricase (Lecce). Vive dal 1970 a Roma, dove svolge attività di nutrizionista comportamentale. Collabora con varie riviste letterarie e siti web con testi e note critiche. Ha pubblicato in poesia: IL VERSANTE VERO (1999), PORTE DI TERRA DORMO (2001), PORTE / DOORS (2002, Premio Internazionale Forum per la Poesia a Den Haag nel 2003), PASO DOBLE (coautrice Anamaría Crowe Serrano, 2006), CURVE DI LIVELLO (2006). Suoi testi e numerosi interventi critici sulla sua scrittura figurano su riviste e in antologie.

Sono persi per la poesia contemporanea il "pianto utopico" e il leopardiano "canto" come si domanda l'autrice in - LOST-LOST - MI SVEGLIO? Proveniente dal sogno notturno e interiore si configura un miraggio ed è forse questo che consente ancora di dire parole poetiche, mentre però sulla pagina si addensano i termini dell'alienazione ("schermi") e del degrado ("tralicci, rottami / d'auto").

Sullo sfondo, in MEDITERRANEO, c'è un mare multiculturale, fonte di identità non solo geografica e storica, ma archetipica, radicata nel "sangue", nell'"antico".

In UN'ANFORA-FANCIULLA, le parole si proiettano contro la banalità, cercando echi nel mito ("Arianna furibonda") e allo stesso tempo nella sua precarietà ("luna caduta"). Formazioni verbali aggregate ("odordimosto", "vitangoscia"), dialetto, parole meno frequenti ("sogguardava") si alternano alla lingua di maggiore uso. Un'immagine è sospesa surrealmente nell'inquietudine: "Sul manico beata / una tarantola in trance". Potrà sciogliersi la "vitamara" se resta questo messaggio in chiusa?

In LA MIA PARTE D'ORIENTE, la voce poetante si espande in un panorama mentale vasto; partendo da una semplice pensilina la curva del mondo muove verso risonanze letterarie al femminile: Dickinson, Weil, Campo, Rosselli. Resta aperto il simbolo allegorico dell'"ansia di loto", la "mia parte d'oriente".

[R. Bertoni]

Brian Lynch, DAYSHIFT HANGOVER

DAYSHIFT HANGOVER


Drops of water drifting down
Through the sun
From the factory roof
Becoming a bright spear.
How slow!

How slow?
Thirty two feet
Per second per second.
That's the law of falling.

And I too am its subject,
Hostage of the most,
Target of the least.
Beyond mercy nothing is mine.

Always a fool.
In the slow rain
In the sun.

How far away how far away
Is the field over there
That's full up with weeds?

Go through the open factory door
Past the girl picking frozen fruit
And singing on the grey
Conveyor belt

And even the bright spears
Are far away.


Ross Foods Ltd, Westwick, Norfolk



POSTUMI DEL TURNO DI GIORNO

Gocce d'acqua alla deriva
attraverso il sole colano
dal tetto dell'opificio:
diventano una lancia
splendente. Sono lente!

Quanto lente?
Undici metri
al secondo al secondo.
Questa è la legge della caduta.

Cui sono soggetto anch'io,
ostaggio del più
bersaglio del meno.
Più in là della pietà non c'è nulla di mio.

Resto uno sciocco.
Nella pioggia lenta
al sole.

Quanto lontano quanto lontano
è il campo laggiù
invaso dalla gramigna?

Passa dalla porta aperta dell'opificio
più in là delle ragazze
che colgono frutta congelata
cantando sul nastro trasportatore grigio

ed anche le lance
splendenti sono lontane.


Ross Foods Ltd, Westwick, Norfolk


[Traduzione di R. Bertoni]



Brian Lynch è nato a Dublino nel 1945. Ha svolto attività di giornalismo per il quotidiano "The Irish Press". È membro di Aosdána, istituzione irlandese che raccoglie un gruppo scelto di scrittori e artisti, giudicati meritevoli di particolare riconoscimento. Le principali raccolte di poesia sono PERPETUAL STAR (1981), BEDS OF DOWN (1983), VOICES FROM THE NETTLE-WAY (1989), EASTER SNOW (1993), NEW AND RENEWED: POEMS 1967-2004 (2004). Ha scritto narrativa (tra i romanzi si ricorda THE WINNER OF SORROW, 2005), sceneggiature cinematografiche e critica d'arte.
Nella sua poesia una vena lirica e una sperimentale si accompagnano a un'affabilità e semplicità apparente che presuppone invece un intenso ripensamento dei testi e il lavoro metrico. Il tessuto del reale mentre resta tale si connota simbolicamente. Non esenti i suoi testi da un andamento talora gnomico.

Mark Hutcheson, EPITHALAMION II

for Gary & Yvonne




FLESH OF MY FLESH


I will rejoice in the LORD,
I will be joyful in God my Saviour.
[HABAKKUK 3:18]


God drew thick darkness over Adam, sleep
Amid which Eve was shaped. Male left fast trance,
Received own isha. Spirit so from deep
Yearned world. O Champion! lift your flashing lance,

Jesus too wars blood-robed, weds joyous then
On earth descending Bride enthrals. Rich life
Is wine-like channelled through this grace to men.
Now kiss, embrace, high soar - you're husband, wife.

You are of fragrant laurel right his crown,
Victorious both, I pray, as marriage down
On hideous rocks is shattered. Far to go -

No dallying - have you, Yahweh's ways being true.
Not ceasing send against the subtle foe
Effectual arrows from the two of yew.




LED BY CHRIST


I will instruct you and teach you
in the way you should go ...
[PSALM 32:8]


I
"Where are you?" called the LORD, thus calls us still
Through woe's millennia from red leaves of shame
Up via crucis to fierce storm, skull hill,

Where we're eternally redeemed: his Name
Means that exactly. Love won't laze, self yields
Whole, holy - Spouse blood washes white, quit blame.

Groom ever keeps the church, his body, shields
Her from ill, harm. Run constant in his will,
Pitch nights, ice, rain ... sun-laughing golden fields.


II
Hard times must come. The LORD must discipline,
Pure burn us in deft love's cruel crucible:
Rood silver choice adorns, rod drives out sin,

High angel's sweet fumes rise from thurible -
Your prayers, my prayers for you - fire-filled, low hurled,
Earth quaking. Sister Wisdom - dutiful,

Discreet, just, fair, through whom God laid the world -
Your steps so fix you endless entrance win
To Beatific Face in city pearled.


III
Winds woke, blew soft on garden, smooth outflowed
Spice perfumes; lover relished honey, milk.
On Abram night sand-stars with promise glowed

Of children - nothing may your own line bilk.
For this now both forget, leave father, mother,
Plant crops, tend flocks, eat, drink, enjoy, wear silk.

Watched over, led by Christ, close-sticking brother,
Courageous join on never-ending road,
Your path to Paradise with, through each other.


Dún Laoghaire Evangelical Church
14-6-2006


Mark Hutcheson was born in Romford, Essex, in 1960, but has lived most of his life in Dún Laoghaire. He studied French and Russian at Trinity College Dublin where later he taught English and French. He now works as a secondary school teacher, and is a poetry translator and critic as well as a poet. He has published widely in Ireland, England, France, Belgium and Italy.

Vikram Seth, A SUITABLE BOY



[A scene from Ramayana. Royal Palace, Bangkok. Foto di Marzia Poerio]


London, Orion (1993), 2004

IL RAGAZZO GIUSTO
Traduzione di Lidia Perria (1995). Milano, TEA, 2001



La vicenda che collega le 1.400 pagine circa di questo romanzo al titolo è la scelta di un ragazzo giusto per il matrimonio della giovane Lata. Tra i pretendenti che man mano si fanno avanti ne prevalgono due: Kabir, un amore combattuto e troppo passionale, ostacolato anche dalle diverse religioni sua e della protagonista; e il terrestre e pratico Haresh, che sembrerebbe il meno favorito, ma risulterà alla fine il destinato. Chi decide è Lata stessa in forse casuale sintonia con la madre Rupa Mehra contro le posizioni snobistiche del fratello Arun, contrario a un futuro sposo che si è fatto da sé e non ha pertinenza nell'alta società. Altre storie di coppia si dispiegano nella lettura; matrimoni, tradimenti, una figlia segretamente nata fuori del matrimonio, una fosca storia di gelosia tra i personaggi Maan e Firoz in competizione per l'affetto della cantante Saeeda Bai.
La società in rapporto con l'individuo è in primo piano, dunque; e la famiglia sembra esserne il vettore principale, dato che appunto delle peripezie degli appartenenti a varie famiglie in parte collegate l'una con l'altra si parla in questa storia ambientata nella città immaginaria di Brahmpur in un'India post-indipendenza in cui le dinamiche politiche, i rapporti tra indù e musulmani, la ridistribuzione delle proprietà terriere, le differenze di classe, il divario tra città e campagna e tra povertà e ricchezza soprattutto nel secondo di questi ambienti, gli interni e le rivalità tra docenti dell'università, la contestazione studentesca, la borghesia urbana e rurale, il mondo dell'artigianato e dell'industria (con incursioni in primo luogo nella manifattura delle calzature) sono ben espressi e rappresentati senza peraltro annoiare o cadere nel didascalismo proprio perché vengono descritti tramite le storie dei vari personaggi.
Gli àmbiti culturali indiano e occidentale sono presenti con allusioni e citazioni. Ci sono poesie e canzoni della tradizione; riferimenti a Joyce (la scelta di una città nella sua complessità tentacolare e il tentativo di descrivere ogni istante anche nei minimi particolari). Il dialogo è molto presente e conferisce colloquialità e semplicità allo scorrere della storia. Descrizioni e narrazioni inseriscono anche registri moderatamente saggistici nel linguaggio ma ben mirati a spiegare al lettore quanto accade socialmente. L'ironia e a tratti la satira non vengono meno, anche se alcune vicende sono tragiche, soprattutto una sommossa politica e un caso personale finito in tribunale seppure poi rientri con un perdono accordato dalla parte lesa. Si fa strada infine una morale fondata piú sull'etica della scelta che sul conformismo.

[R. Bertoni]

21/01/07

Salman Rushdie, FURY

London, Jonathan Cape, 2001

FURIA
Traduzione di Vincenzo Mantovani. Milano, Mondadori, 2002



Il protagonista, il Professor Malik Solanka, ha inventato una bambola che disserta di filosofia ed è diventata soubrette di spettacoli televisivi, con i quali egli si è arricchito, lasciando l'insegnamento universitario, ma con programmi che gli sono poi stati tolti di mano e si sono commercializzati. Colto da raptus di violenza repressa, che è riemersa nel tentativo di uccidere la moglie nel sonno a insaputa di lei, è fuggito negli Stati Uniti. Solanka ha una storia con una giovane, Mila, che dopo che la relazione si è chiusa entra però in società col professore e altri creando una azienda che restaura il controllo di Solanka sulle bambole e con testi scritti da lui, di fantascienza (che leggiamo). Ha poi un'altra storia con Neela, e la accompagna nel paese di lei, il Lilliput-Blefuscu, dove lei coinvolta in una guerra civile resta, mentre lui finito dapprima in prigione si salva e riparte per l'Inghilterra, paese nel quale infine atterra e si rivede con il figlio.
Insomma: crisi coniugale, politica internazionale, commercializzazione della cultura e tentativi di riappropriazione da parte dell'autore, rapporto tra letteratura seria e di consumo, riflessioni sull'America come mondo eclettico e postmoderno.
Sull'industria culturale scrive:

"This was the period in which two great industries of the future were born. The industry of culture would in the coming decades replace that of ideology, becoming 'primary' in the way that economics used to be, and spawn a whole new nomenklatura of cultural commissars, a new breed of apparatchiks engaged in great ministries of definition, exclusion, revision and persecution, and a dialectic based on the new dualism of defence and offence. And if culture was the world's new secularism, then its new religion was fame, and the industry - or, better, the church - of celebrity would give meaningful work to a new ecclesia, a proselytizing mission designed to conquer this new frontier" (p. 24).

[R. Bertoni]

Daniel Mason, THE PIANO TUNER

New York, Alfred A. Knopf, 2002

L'ACCORDATORE DI PIANO
Traduzione di Maria Nicola. Milano, Mondadori, 2003


Nel 1886, all'apice della conquista inglese della Birmania, l'esercito coopta Edgar Drake, londinese accordatore di piano, affinchè vada in Birmania a Mae Lwin, una postazione isolata, per accordare un piano scordatosi a causa dell'umidità e fatto arrivare in Birmania da Anthony Carroll, comandante della postazione e medico chirurgo, il quale conduce trattative tra la popolazione degli Shan e gli inglesi servendosi proprio del discorso umanitario della medicina e di altri strumenti come la musica invece della violenza. Il Colonello che assume Drake gli spiega: "Let's just say that there are men who lose themselves in the rhetoric of our imperial destiny, that we conquer not to gain land and wealth, but to spread culture and civilization. I will not deny this, but it is not the duty of the War Office" (p. 17).
Il punto principale è proprio questo: il contatto tra civiltà, che va oltre queste parole per Carroll, il quale ha scritto storie degli Shan e osservazioni su di loro con notevole rispetto culturale; ha un'amante birmana; e pare più interessato a questo contatto di civiltà che alla conquista, come si nota dal suo atteggiamento nella seconda parte del libro, quando Drake arriva a Mae Lwin, andandoci nonostante le indicazioni della postazione inglese di Mandalay in contrario e fermandovisi mesi più del dovuto senza dare sue notizie al quartier generale e dunque diventando senza rendersene conto un traditore. Resta ucciso dai suoi compatrioti mentre cerca di avvisare Carroll che Mae Lwin sarà attaccata dagli inglesi che cercavano un prestesto per sottomettere gli Shan con la forza e avevano sempre disapprovato i metodi di Carroll, morto egli stesso, accusato di aver partecipato a una rivolta antinglese.
Il senso del pianoforte, in quanto simbolo, è contro la guerra: "he liked the idea that he could take the wall of the fort, a product of war, and transform it into the mechanics of sound" (p. 226) (dal muro prende del legno per aggiustare il piano).
La prima metà del libro descrive invece il viaggio di Drake, inframmezzato dalle storie sugli Shan di Carroll, ricostruite come se fossero d'epoca e che contengono informazioni autentiche come spiega una nota finale.
La storia di Drake e di Carroll è anche sull'identità in relazione ad una civiltà diversa. Entrambi vi si perdono: Carroll diventando simile ai birmani e comunicando il meglio tra le due civiltà; Drake suo malgrado, quasi senza accorgersene: pur innamorato della moglie Katherine, cui scrive, si dimentica del tempo che passa e resta coinvolto rispetto alla Birmania anche con un amore (platonico) per la stessa donna (Khin Myo) amata da Carroll (e che pur infatuata di Drake è fedele a Carroll).
AntiConrad, e sull'identità interculturale, oltre che romanzo storico e di ambiente, contro la guerra; ben scritto.

[R. Bertoni]

Luigi Malerba, IL CIRCOLO DI GRANADA

Milano, Mondadori, 2002


Nel 1875, al Circolo di Granada, c'è un furto: vengono rubate le casse di monete d'oro ivi custodite dalla classe dominante, ritenute più sicure che in una banca; è stato ucciso un custode che cercava di fermare il ladro. Si sospetta fin dall'inizio che il mulo del merciaio ambulante Homero Luís sia carico delle monete del furto. Homero percorre la strada tra Granada e Murcia in territorio desertico, col progetto di imbarcarsi a Cartagena per Napoli, accompagnato da Mariana Lopez, la quale ha deciso di cambiare vita e sposarsi a Murcia. C'è un filo di ostilità tra i due; e il sospetto di lei che sia lui l'autore del furto. Homero e Mariana incontrano un frate, anch'egli in viaggio per Murcia, ricevono l'assoluzione, c'è una promessa di matrimonio. I banditi li incrociano. Colpiscono a pugnalate Mariana e il frate e accoltellano nelle costole Homero, che riesce a giungere a Murcia dopo averli uccisi, all'osteria della Paloma Bianca, dove siamo stranamente nel ventesimo secolo con sorpresa di Homero e degli astanti, i quali poco per volta, dal racconto di Homero, si rendono conto di trovarsi di fronte a una replica dei fatti ottocenteschi di cui c'è memoria nell'osteria e documentazione nelle biblioteche. Homero portato in ospedale muore. Il mulo si era avviato per conto suo e non verrà mai trovato. La prefazione e la postfazione dell'autore indicano che è stato l'oste a raccontare questa storia fantastica all'autore.
Il racconto ha le connotazioni del fantastico non spiegato, che in questo caso si installa su un gap temporale; e si dice che il fatto è, per quanto enigmatico, realmente avvenuto. Il magico scaturisce anche dalla luna piena, dall'allusione a licantropi e fenomeni strani.
La riflessione è sul senso della morte e della vita, con un autore anche etico.
La narrazione si svolge prevalentemente sotto forma di dialogo, antiretorico, secco, in certi casi con un linguaggio sottostandard, tra personaggi picari suggeriti in parte dall'ambientazione ispanica.
Rientra nella ricerca di Malerba sulla verità narrativa e la sua relatività.

[R. Bertoni]

Amitav Ghosh, THE HUNGRY TIDE





[Detail. Hindu temple, Singapore. Foto di Marzia Poerio]


New York, Harper Collins, 2004

IL PAESE DELLE MAREE
Traduzione di Anna Nadotti. Vicenza, Neri Pozza, 2005



Kanai ha vissuto un breve periodo da bambino nella zona delle paludi degli estuari del Brahmaputra e del Gange, nel Golfo del Bengala, in una zona denominata Sundarbans, un arcipelago percorso da inondazioni, infestato da tigri e coccodrilli, di grande povertà. Si trovava presso gli zii che hanno aperto una clinica a Lusibari e vissuto nell'arcipelago tutta la vita. Ritorna chiamato dalla zia Nilima per leggere il diario a lui lasciato dallo zio Nirmal deceduto, ove si racconta di una ribellione repressa nel sangue dal governo a Morichjhãpi; e vengono forniti dati sulla situazione sociale degli abitanti, sui loro miti e tradizioni (soprattutto sul culto di Bon Bibi, la forza che protegge contro il male impersonato dalla grande tigre e sulle rappresentazioni teatrali che se ne fanno e i miti che ne nascono); su una storia d'amore tra lo zio e una giovane donna, Kusum, che a lui preferì il barcaiolo Horen ed è madre di Fokir, il barcaiolo che aiuta un'indiana-americana, Piya, nella sua ricerca sui delfini gangetici nella zona, della quale Kanai s'infatua, storia che non avrà esito; Fokir muore in una tempesta salvando la vita a Piya, la quale decide di andare a vivere a Lusibari assieme a Nilima e a Moyna, la moglie di Fokir.
Si tratta di un romanzo di evidenza sociale, che restituisce da un lato la situazione concreta di una zona di durezza di condizioni ambientali, rappresentando al contempo la corruzione del governo, le solidarietà tra gli abitanti, la naturalezza della vita priva di modernità (impersonata da Fokir, dalle sue reazioni immedesimate con la jungla e i suoi ritmi), il desiderio di alfabetizzazione, emancipazione attraverso un lavoro (riscontrabile nell'infermiera Moyna), il tentativo di provvedere con mezzi indipendenti ai bisogni fondamentali (la clinica di Nilima, nata da una fondazione privata filantropica), la dimensione impegnata dell'insegnamento (la figura di Nirmal, insegnante socialista). C'è poi il contrasto tra la città (Calcutta) e la campagna più remota e irta; e più ampiamente il contrasto tra il mondo non sviluppato e il mondo occidentalizzato di Kanai (che ha una ditta di traduzione a Bombay ed esercita quindi una professione prestigiosa, retribuita a un buon livello economico, in un ambito modernizzato) o quello occidentale di Piya (che studia i delfini da naturalista e scienziata).
È narrazione anche di una presa di coscienza: Kanai scriverà la storia di Nirmal, sebbene il vento ne abbia disperso durante la tempesta, verso la fine del romanzo, il manoscritto, di cui il lettore ha frattanto letto ampi stralci; e Piya tornerà a Lusibari per fondare, con finanziamenti che è riuscita ad ottenere, una fondazione per la protezione e lo studio dei delfini. La natura è resa nel suo tratto ecologico (il lavoro di Piya e l'interesse spontaneo per i delfini di Fokir); benevolo (i paesaggi lunari soprattutto); ostile (le belve e più di tutto la tempesta). Fa da riscontro alla fisicità il mito.
È un romanzo che dà fiducia nella possibilità di scrivere con uno scopo documentario e politico chiaro, mettendo in rilievo allo stesso tempo gli strati archetipici delle culture esaminate; la quotidianità, l'amore e la sopravvivenza, senza artificiosità. Il dato di umanità pare opportuno per recuperare all'universalità la narrazione oggi nel mondo.
Sul piano tecnico si intrecciano le storie di Kanai e di Piya, alternandosi, un che sperimentalmente, e più tardi unificandosi; ad esse si affianca, esposto in corsivo, il diario di Nirmal. Si tratta di tre narrazioni che indicano le prime due una distanza spaziale all'interno dello stesso ambiente geografico; la terza una distanza temporale, con indicazione sia della differenza del periodo narrato nel diario e nel romanzo, sia della somiglianza degli avvenimenti per il loro carattere di nuclei emotivi anche atemporali: l'infatuazione di Nirmal per Kusum a di Kanai per Piya, ad esempio.

[R. Bertoni]

20/01/07

Francesco Biamonti, LE PAROLE E LA NOTTE

Torino, Einaudi, 1998


Ambientato, come per il solito la narrativa di Biamonti, nel Ponente ligure, in zone di altura, tra paesi abbarbicati: Argela, Vairara, Beragna; con rare incursioni sul lungomare, tra Albenga e Nizza.
Sembrano zone dimenticate dal mondo, a parte gli abitanti e chi vi ha comprato casa, dalla confinante Francia, o da città del nord Italia. Tra i francesi, Veronique, sposata con Alain, ma che ha vari amanti, tra cui il narratore che dice io, Leonardo.
Sostanzialmente non c'è una storia serrata, in questo romanzo, se non le esili trame delle passioni; un'aria da scampati dei protagonisti, in qualche modo per questo tra loro solidali e colti in pavesiana conversazione (come il pittore Eugenio, o Corbières che era stato nella zona nell'ultima fase della II guerra mondiale e non ritrova quello che vi aveva allora individuato); soprattutto un forte senso di morte, che comprende anche la denuncia del deterioramento della convivenza civile nella zona, con individui uccisi o malmenati da chi fa commercio di extracomunitari che vanno in Francia e di prostitute: "Un nero è stato sgozzato al Cornaio, un altro al cardellino. Una donna è stata trovata morta in una grotta vicino al mare. Dicono ch'era seminuda. Non si sa più a che santo votarsi. Ci salveremo?" (p. 46).
Anche Leonardo è ferito all'inizio del romanzo, da un'arma da fuoco: il mistero si risolve alla fine, con la rivelazione di una vendetta, di uno che aveva commesso un omicidio cinquant'anni prima e Leonardo glielo aveva ricordato.
Sono accomunati disastro umano e ambientale: "'[...] È stato trovato un altro morto nella discarica'. 'Spero che sia abusiva'. 'Tutti chiudono un occhio. L'abbiamo vista crescere in un boschetto in mezzo alle vigne' [...]. È meglio che me ne vada, pensò Leonardo. È tutto un disastro" (p. 187).
L'idillio è tramontato o forse mai esistito: "Sara disse [...]: 'Soltanto la quiete dei paesi ci difende dai deliri'. [...] 'È già finita', disse Leonardo. Ci pensò un poco: 'Non c'è mai stata'" (p. 197).
Eppure un lirismo ecologico tra il degrado c'è in brani come questi, ove si nota una natura che compie comunque i propri ritmi: "A poco a poco il tramonto prendeva rilievo, si alzava e s'impossessava del mare con le sue schegge dorate" (p. 15); "Azzurri appena annunciati sul mare delicatamente bianco. La terra inconsistente, porosa, gli ulivi come in un moto di vento, rosa e cenere sulle cortecce. Uno sperone lontano decapitato da un oro friabile" (p. 28).

[R. Bertoni]

Marco Ferrari, CUORE ATLANTICO

Milano, Mursia, 2004


Prende le mosse dalla polena denominata Atlanta e riprodotta a p. 4. Nel 1854, la polena viene scolpita in Portogallo, passa attraverso una tempesta in Argentina e in essa si imbatte il comandante Perasso, sfortunatamente innamorato di Ilaria, che conosce a Montevideo e di cui viene a sapere anni dopo in Corsica che in un incendio è stata sfigurata, ma ha ritrovato la polena e l'ha portata in Italia, è sposata con Tommasi; ci sono varie altre peregrinazioni, finché la polena passa alla figlia di Ilaria, Bianca, che col marito governatore vive in un'isola delle Americhe con capitale Porto Santo, dove arriva un giorno il Prof. Gambaro di Genova che si innamora di Bianca, non la convince a fuggire con lui, si rivedranno nel 1892 a Genova, dove anche Perasso entra in contatto con Bianca e le parla di sua madre Ilaria. Bianca e Gambaro si lasciano di nuovo e per sempre, lei torna a Porto Santo; lui muore nel 1923 su un transatlantico diretto in Africa.
È un romanzo di atmosfere magiche e rarefatte; intreccia politica, amore, mare. Scritto in una lingua comunicativa e chiara c'è al fondo la nostalgia dell'archetipo equoreo da cui proveniamo; e di due secoli terminati che risuonano dentro mentre nel sociale la globalizzazione è data dal panorama geografico ampio dei viaggi e delle inappartenenze. Ogni personaggio ha un suo segreto. Ogni storia lascia un segno.

[R. Bertoni]

Nico Orengo, LA CURVA DEL LATTE

Torino, Einaudi, 2002


Negli anni Cinquanta, vita di un paese o meglio dei suoi abitanti, delle loro vicende, dei loro segreti e delle loro interazioni. Storie in parte fantastiche che si intrecciano, narrate con linguaggio standard e senza retorica. La testa della statua della Madonna scomparsa durante la guerra e restituita al prete Don Lercari dai comunisti in cambio del tacito permesso di dissotterrare le armi che possedevano da partigiani e consegnarle agli algerini; un figlio illegittimo che agita tanto i democristiani quanto i comunisti; lo Sputnik in cielo, che si mormora abbia influssi negativi; la maestra in pensione che parla con un fantasma (sarà proprio lui a rivelare dov'era la testa della Madonna) e viene aggredita da un essere umano-scimmiesco, frutto degli esperimenti di Voronoff; il maestro che compone la canzone Nel blu dipinto di blu; Jolanda, Luciana e Dolora coi loro intrighi e segreti. Liricamente picaresco, nostalgicamente scanzonato, radicato in un'identità storica che oggi sopravvive a frammenti e forse solo come ricordo.

[R. Bertoni]

10/01/07

CHI SCRIVE PER CARTE ALLINEATE

Laura Accerboni
Nino Arrigo
Elisa Attanasio
Stefano Bellin
Paola Benchi
Benzo
Roberto Bertoni
Nadia Bobbio
Annalisa Bonomo
Claudia Borghetti
Monica Boria
Matteo Brera
Roberto Bugliani
Valentina Calista
Alessandro Carandente
Alessandro Carlucci
Gianluca Cinelli
Luca Cipolla
Tamara Colacicco
Graziella Colotto
Andrea Comincini
Cristina Cona
Annachiara Cozzi
Anthony Cristiano
Anamaría Crowe Serrano
Rossana Dedola
Nicoletta De Boni
Vilma De Gasperin
Aurelio Devanagari
Alessandro Di Prima
Riccardo Duranti
Marco Ercolani
Flavio Ermini
Gabriela Fantato
Annamaria Ferramosca
Enrica Maria Ferrara
Fabio Ferrari
Mauro Ferrari
Daniele Fioretti
Wissia Fiorucci
Laura Ford
Veronica Frigeni
Lucetta Frisa
Daniela Gremmo
Mark Hutcheson
Agnieszka Kuciak
Cristina La Bella
Letizia Lanza
Romina Lavia
Tsznok Anne Li
Giuliana Lucchini
Paolo Luporini
Brian Lynch
Francesco Macciò
Bianca Madeccia
Silvia Marchetti
Lorenzo Mari
Matteo Maselli
Maurizio Masi
Eleonora Matarrese
Piera Mattei
Francesco Messina
Gabriella Mignani
Stiliana Milkova
Giorgio Mobili
Massimo Morasso
Lindsay Myers
Santiago Montobbio
Ivano Mugnaini
Giancarlo Narciso
Roberto Natale
Simona Niccolai
Pier Giacomo Nigido
Daragh O'Connell
Mary O'Donnell
Marianna Orsi
Sabrina Ovan
Andy Paice
Maria Luisa Pani
Angelo Pini
Marina Pizzi
Marzia Poerio
Renato Persòli
Paola Polito
Elisabetta Ragonesi
Gian Paolo Ragnoli
Elena Raisi
Giacomo Ravello
Jess Row
John Scattergood
Victoria Surliuga
Grazia Testa
Enrico Terrinoni
Ranieri Teti
Ida Travi
Alessandra Trevisan
Matteo Veronesi
Stefano Versace
Teresa Whitington
Augustus Young
Margherita Zanoletti
Emiliano Zappala`