13/12/18

Han Suyin, THE MORTAL FLOWER

["But after that, the frost came..." (Corniglia 2018). Foto Rb]


Han Suyin, The Mortal Flower, 1965. New York, G.P. Putnam’s Sons, 1966

Questo secondo volume dell’autobiografia di Han Suyin (pseudonimo di Rosalie Chou, divenuta Elisabeth Comber in seguito al secondo matrimonio) è successivo a The Crippled Tree, anch’esso del 1965, e parla del decennio 1928-1938.

Le vicende personali vengono narrate con partecipazione emotiva, dato che si tratta degli anni adolescenziali, dell’esperienza scolastica e universitaria, del rapporto conflittuale coi genitori ma soprattutto con la madre e del periodo trascorso in Belgio presso il nonno di famiglia altolocata e di amicizie e dei primi amori.

Interessante l’elemento psicologico, presentato nelle sue connotazioni socioculturali, articolate soprattutto attorno al nucleo di un’identità cosmopolita, plurilingue e sul complesso nodo della percezione di sé euroasiatica che la rese al contempo partecipe e in parte isolata dalle due culture fino alla scelta di tornare in Cina nel 1938 per il richiamo della responsabilità nazionale negli anni dell’occupazione cinese e per un senso di maggiore appartenenza asiatica che europea.

Spiccati, come già nel primo volume, gli aspetti politici sebbene l’autrice dichiari varie volte di non avere avuto un’opinione precisa in quegli anni, se non sofferenza per l’occupazione straniera, l’attendismo del Kuomintang intento a reprimere il comunismo invece di combattere l’esercito nipponico almeno fino al fronte unito del 1937, ammirazione per Mao Tsedong e la Lunga Marcia, avversione per le manifestazioni ancora esistenti allora di ingerenza imperialista occidentali sia sul piano economico che su quello politico.

Scorrono, nelle pagine che si susseguono con stile fluido e narrativo, i paesaggi delle stagioni a Pechino, ritratti di giovani appartenenti alla classe media e alta, vite vissute tra la tradizione e il desiderio di modernità.

The Mortal Flower ci dice molto sulla Cina degli anni Trenta e sull’identità femminile di un personaggio narrante deciso a diventare medico piuttosto che a porre ogni sforzo, come allora atteso dalle donne, e non solo in Asia, per conseguire un buon matrimonio e condurre una vita semplice e lineare.



[Roberto Bertoni]