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27/12/15

Edna O’Brien, THE LITTLE RED CHAIRS



Londra, Faber and Faber, 2015

Nella cittadina irlandese, immaginaria, di Cloonoila, Fidelma, tenutaria di una boutique, sposata con Jack, più anziano di lei e benestante, fa parte di una comunità coesa e semplice, che ha resistito al tempo della modernizzazione, si direbbe, nonostante qualche menzione di cellulari e di lavoratori extracomunitari attualizzanti. La società di lettura si riunisce per leggere classici quali l’Iliade, anziché bestseller, come oggi invece di moda in simili gruppi in Irlanda. I rituali e le routine sono quelle della campagna di decenni fa, non senza esagerazione da parte dell’autrice, dato che anche la provincia, non solo Dublino, ha al contrario subito chiari processi di cambiamento in senso postmoderno dagli anni Novanta in poi. In breve, la rappresentazione di Cloonoila e dell’ideologia tradizionalista dei suoi abitanti pare più una ripresa delle tematiche dell’Irlanda di una volta, proprie anche di storie precedenti dell’autrice, che una visione corrispondente all’attuale livello di sviluppo.

Nel prosieguo dell’intreccio, arriva in paese uno straniero, proveniente, dice, dal Montenegro. Si presenta col nome di Vlad, come psicologo guaritore di problematiche sessuali e coi tratti di una specie di guru New Age. Riesce a conquistarsi le simpatie degli abitanti, intraprende una storia sentimentale con Fidelma, che scopre troppo tardi la sua vera identità di criminale di guerra, serbo di Bosnia, Presidente e comandante, responsabile di delitti contro l’umanità. La figura storicamente adombrata in questo personaggio fittizio è quella di Radovan Karadžić, che al momento dell’arresto nel 2008 era sotto le false spoglie di uno psicologo e fautore di medicina alternativa.

Vittima dei propri sentimenti, pur se ignara della reale identità dell’amante al momento di innamorarsene, Fidelma viene aggredita con un atto di inaudita violenza, che la priva del figlio che ha scoperto di avere in grembo, dagli ex sostenitori di Vlad, ora suoi nemici, che lo avevano braccato fino al remoto villaggio irlandese e si vendicano su di lei. Vlad viene frattanto arrestato e condotto al Tribunale internazionale dell’Aia. Per vergogna, odio, timore della comunità, alienazione dal marito, Fidelma si rifugia in un convento, e da qui muove sola verso Londra.

La seconda parte del romanzo, in cui, sul piano della rappresentazione sociale, O’Brien pare adottare una strategia più realistica che in quella della raffigurazione delle società irlandese, vede, oltre all’introspezione di Fidelma, le sue esperienze tra una comunità di diseredati in cerca, come lei, di un lavoro: tutti, meno la protagonista, extracomunitari o comunque stranieri, con storie difficili e tragiche.

Il romanzo si conclude con il processo dell’Aia, ove Fidelma si reca e riesce a ottenere un incontro con Vlad, in cui gli esprime il suo orrore per la disumanità, ma, antidostoyevskianamente, senza smuoverne la coscienza. Torna al paese dopo che il marito, superata la difficoltà di accettare quanto è accaduto, le paga gli alimenti e la convoca, ma è in punto di morte. Al ritorno a Londra, Fidelma trova una collocazione più congeniale tra i migranti.

È un romanzo denso stilisticamente, scritto in un inglese letterario e al contempo ampiamente accessibile al grande pubblico. È un romanzo decisamente impegnato sul versante della coscienza e del ruolo femminile, della guerra e dell’integrazione, mancata, dei migranti. Il titolo si riferisce a un particolare della commemorazione dell’assedio di Sarajevo: “11,541 empty red chairs were arranged in 825 rows […]. This red ‘audience’ […] symbolized 11,541 victims of the war”.  In unintervista al Telegraph (24-10-2015), O’Brien dichiara: “I felt that I should try and write something that touched, however peripherally, on the horror that is our world today”.


[Roberto Bertoni]

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01/04/12

Neil Jordan, MISTAKEN

Londra, John Murray, 2011

I motivi del circo, delle spiagge dublinesi e del vampiro, ricorrenti nell’opera narrativa e cinematografica di Jordan, ritornano in questo romanzo come citazioni d’ambiente e motivi.

È in un circo che si scioglie l’enigma dei due protagonisti, così simili l’uno all’altro da mettere in difficoltà a riconoscerli anche alcune delle fidanzate e intenti a scambiarsi ruoli in un gioco pericoloso che alla fine si svela come la nascita, in quanto gemelli, da un’artista circense che li aveva affidati a due diverse famiglie.

La spiaggia è il luogo della madre della voce narrante: di quello meno abbiente, da bambino, tra i due; il luogo dunque di un’identificazione del femminile e della nostalgia.

Il vampiro è il soprannome di un vicino di casa del medesimo narratore, che appare nei suoi incubi infantili e nelle ironie adolescenziali.

Gli scambi di idendità sono molteplici. Investono anche la sfera sociale se nell’infanzia il più abbiente diventa scrittore, infine in crisi esistenziale e creativa e impoverito va a vivere col padre del precedentemente povero che, ora architetto, vive con agio maggiore.

Il nucleo centrale si rivela poco a poco. L’anagnórisis è lenta e progressiva; e solo da anziani scoprono di essere fratelli.

L’episodio di maggiore rischio nello scambio identitario consiste in un omicidio perpetrato negli Stati Uniti da uno dei due che sostituiva temporaneamente il fratello presso una fidanzata diciamo così scomoda per il gemello scrittore e la uccide per difendersi da un momento di violenza di lei che lo svela come l’altro; ma questo reato non riceve contrappasso, perché fornisce l’alibi proprio il gemello che in quel momento si trovava a Dublino. Col che, ancora secondo il canone di Jordan, i parametri etici vengono messi in discussione fino all’impunità per un assassinio.

Tuttavia è una confessione la scrittura di questo romanzo, dato che il narratore, dopo il funerale del fratello, racconta tutto alla figlia di lui.

Emergono un quadro di Dublino com’era e com’è, una desolazione esistenziale, una possibilità di redenzione per mezzo della scrittura letteraria. (Tra parentesi i giochi di raddoppiamento e sovrapposizioni riguardano anche le immagini en abyme della funzione autoriale: infatti l'autore Jordan intesse questa storia raccontata da un narratore in prima persona in quale, in quanto personaggio, non fa di professione lo scrittore, ma lo diventa con questo racconto dove si parla di un fratello scrittore di professione...).


[Roberto Bertoni]

29/09/09

Ronan Bennett, ZUGZWANG

In parte basato su fatti reali, come avverte l’autore in chiusura del volume, quali la politica dei bolscevichi in quegli anni, la figura di Roman Malinowski adombrata dal personaggio Gregory Petrov, infine un torneo di scacchi tenutosi effettivamente a Pietroburgo nel 1914, il romanzo è un thriller narrato in prima persona da uno psicoanalista di origine ebrea, Otto Spethmann che, prendendo in cura Rozental, un noto scacchista, su richiesta di un amico (in realtà una spia), si trova suo malgrado coinvolto in una cospirazione contro lo zar, orchestrata dai servizi segreti russi per creare destabilizzazione accusando gli anarchici, ma appoggiata da una parte dei bolscevichi per l’effetto che ne nascerebbe; ostacolata invece da altri, tra cui Lychev, un rivoluzionario infiltrato nella polizia.

L’intreccio è denso e si risolve con la fuga di Spethmann che riesce a salvare la figlia Catherine, divenuta comunista, ma a prezzo della perdita dell’amante, Anna, figlia di un funzionario zarista, anch’ella inizialmente in cura dallo psicoanalista.

La verità sull’identità dei vari personaggi si rivela lentamente: quasi nessuno è quello che sembra per buona parte del volume, come si addice alle identità mutevoli della contemporaneità che questo romanzo, in parte storico, metaforizza proiettandosi sul presente mentre mantiene la storicità col riferire puntualmente di luoghi, abitudini, contesti degli anni 10 del Novecento.

Le modalità d’inchiesta della psicoanalisi freudiana, accumulando dettagli significativi fino a scoprire le verità, somigliano all’inchiesta investigativa mentre ad un terzo livello di omologia si dispone la scacchistica, resa anche dai diagrammi di una partita che il narratore gioca con l’amico Kopelzon, il quale si rivelerà infine un nemico mortale.

Un’intervista di Alessandra Buccari con l’autore chiarisce il significato del titolo e gli scopi del libro in termini di poetica esplicita:

Da dove nasce Zugzwang? Ricordiamo che il titolo del romanzo fa riferimento a una particolare posizione degli scacchi nella quale il giocatore è costretto a muovere pur sapendo che qualunque mossa peggiorerà la sua situazione.

Volevo scrivere qualcosa di leggero, quasi divertente, direi, ma che tuttavia ponesse dei quesiti al lettore. Ho scelto un periodo storico particolarmente drammatico - la Russia del 1914 - a causa di una situazione storico-politica piuttosto movimentata: lo zar, le spie, gli ebrei […]. Il romanzo ha due livelli di lettura. Quello letterario, romanzesco, con personaggi credibili, con un’estetica curata. E quello più profondo, che ha a che vedere con la politica e la moralità” [1].


NOTA

[1] Intervista a Ronan Bennett, a cura di Alessandra Buccari, “L’angolo nero”, 11-9-2007.

[Roberto Bertoni]