[Tin Hau Temple (Hong Kong 2017). Foto Rb]
Martin Booth, Gweilo. Sottotitolo: Memories
of a Hong Kong Childhood. Londra, Doubleday, 2004
Questa autobiografia si incentra
sul primo soggiorno a Hong Kong dell’autore da bambino, nei primi anni
Cinquanta, in seguito all’assegnazione del padre, funzionario della Marina Britannica,
prima a compiti amministrativi nella guerra di Corea, quindi con funzioni di Commodoro
nel porto di Hong Kong.
Lo sguardo infantile scopre,
approvato da una madre culturalmente intraprendente
e curiosa del versante cinese della popolazione e della città, al punto da
apprendere il cantonese, frequentare un ambiente fatto di amicizie sia
coloniali che indigene, appassionarsi all’arte e alle tradizioni di Hong Kong,
a differenza del padre, piuttosto chiuso nel proprio mondo britannico che
ritiene superiore a quello cinese, alienato dal lavoro e rifugiatosi nell’alcol
e distante per concezioni e sentimenti dal mondo di affetti di madre
e figlio, che si allontanano da lui sempre di più, seppure resti in piedi la
famiglia e, dopo un ritorno nel Regno Unito, essa riparta per un secondo soggiorno, non riferito da questo libro ma che durerà fino al 1964.
La parola Gweilo è un termine con
cui vengono chiamati gli stranieri occidentali in cantonese, in parte con spregio,
ma qui con una rivendicazione in parte ironica e in parte di orgoglio, dato che
il bambino si integra piuttosto bene nella città, imparando da subito termini
cantonesi, facendo amicizia con ragazzi di strada e anche con un bandito della
ora abbattuta città di malavita di Kowloon, detta allora “walled city”, e dagli
anni Novanta sostituita da un parco.
Le credenze religiose (citati vari templi tra cui quello di Tin Hau sopra nella foto), le persuasioni astrologiche, il codice
della malavita, i ragazzi della scuola, la sensibilità degli anziani verso il ragazzino occidentale; la vita quotidiana della città cantonese; le consuetudini della città inglese con le feste dei genitori che si muovono in
un mondo di prosperità sebbene non di ricchezza smodata, i rituali del tè del
famoso Hotel Peninsula (tuttora esistente), i pettegolezzi degli adulti; il mondo cosmopolita di cibi, costumi, voci; il porto, le
strade; le tragedie dell'incendio che distrusse le dimore dei baraccati e il successivo tifone; tutti questi aspetti risultano ben rappresentati e ricostruiti in questo libro che fa mostra
di sé, tuttora, in varie librerie della città, si direbbe una specie di classico.
[Roberto Bertoni]