[Bangkok Railway Station (2005). Foto Rb]
Bhandit Rittakol, Once Upon A Time... This Morning. Tailandia 1994. Titolo
originale: กาลครั้งหนึ่งเมื่อเช้านี้ (Kalla khrung
nueng... muea chao nee). Con Ronnarong Buranat, Martang Jantranee, Santisuk
Promsiri, Chintara Sukapatana
Il film, ben strutturato e
girato con tecniche in parte naturalistiche (i suoni naturali del treno e della
strada, le riprese in esterni con attori di professione e non professionisti), mentre mette in luce
problemi sociali gravi, soprattutto l’uso dei bambini abbandonati da parte della
criminalità organizzata e il racket della prostituzioni minorile, punta
al contempo sul malessere della coppia e della famiglia, in parte conseguente
al boom economico di quegli anni, e sulla crisi della cultura tradizionale,
rappresentata dalle fiabe narrate ai figli da un padre fantasioso tramite le
ombre proiettate sul muro da figure di carta ritagliate (quelle che in italiano
si suole definire “ombre cinesi”, espressione che sarebbe qui impropria per
rappresentare un’usanza tailandese).
Quest’ultimo elemento, che ricorre spesso durante la pellicola, costituisce un aspetto di realismo magico oltre che una mise en abyme, dato che la leggenda della strega e del gigante sconfitti dal principe coraggioso con la liberazione della principessa corrisponde al rapimento di fanciulli dello strato realista e alla loro finale scarcerazione.
Accompagnato da toni melodrammatici, che sappiamo non rari nella cinematografia asiatica, il film si dipana senza esagerazioni eccessive, cosicché il quadro di ambiente e le emozioni si compensano e convivono.
Quest’ultimo elemento, che ricorre spesso durante la pellicola, costituisce un aspetto di realismo magico oltre che una mise en abyme, dato che la leggenda della strega e del gigante sconfitti dal principe coraggioso con la liberazione della principessa corrisponde al rapimento di fanciulli dello strato realista e alla loro finale scarcerazione.
Accompagnato da toni melodrammatici, che sappiamo non rari nella cinematografia asiatica, il film si dipana senza esagerazioni eccessive, cosicché il quadro di ambiente e le emozioni si compensano e convivono.
Quanto all’intreccio,
abbastanza denso di colpi di scena, è sostanzialmente quello di una coppia
sposata di classe media con tre figli che decide di divorziare; la figlia più
grande, dodicenne, respinge la separazione dal padre e scappa dalla casa della
madre coi fratellini per tornare da lui; nella cesta del fratello più piccolo
alcuni monelli malavitosi hanno nascosto una busta di droga; inseguiti dal
capobanda, uno dei ragazzini li aiuta a salvarsi non senza che prima la piccola
sia venduta a una casa di prostituzione e un incendio metta in pericolo la vita
di tutti. C’è un lieto fine non retorico.
Questo film ci è piaciuto.
[Roberto Bertoni]