["The already globalized city" (Paris 2017). Foto Rb]
Jean-Christophe Rufin, Globalia. Originale francese 2004. Trad. A. Bracci Testasecca.
Roma, E/O 2016 (ed. Kindle)
Il romanzo immagina una futura
democrazia mondiale a sfondo utopico che, tramite un’élite al potere, governa
con tolleranza e garantendo consumi elevati, consenso nato da parziale
occultamento dei fatti sgradevoli, la parte sviluppata del mondo, un “arcipelago”
di zone protette da cupole trasparenti e isolate dalle “non zone” in cui sono
relegate “tribù” di oppositori e popolazioni rimaste escluse dal benessere. Si
ha così un’allegoria dell’attuale sistema di potere consumista evoluto e del
potere che integra anche le sacche di possibile ribellione, controllando col
consumo più che con la mano pesante all’interno ed escludendo i diseredati.
L’intreccio si articola attorno
al tentativo di inviare all’esterno un autentico oppositore, col compito
segreto, a lui ignoto di stanare in realtà l’opposizione interna, come in
effetti avviene nel finale.
Le caratteristiche di Globalia vengono
fornite gradualmente e comprendono fattori sociali come il raggiungimento di
età estremamente avanzate tramite il progresso medico-tecnologico; una formula
politica basata su “libertà, sicurezza, prosperità”; una “democrazia ideale” in
cui “ognuno ha la libertà delle proprie azioni”; la “libertà di espressione […]
totale”, in cui, “tuttavia, ben pochi si discostavano dalle opinioni convenute”;
il controllo della popolazione affidato a un’istituzione definita (ipocritamente) “Protezione Sociale”; l’abolizione delle guerre
intra-nazionali per mezzo dell’abolizione del concetto stesso di nazione; la
protezione delle vita animale e vegetale oltre che di quella degli esseri umani; ma anche l’invenzione
del nemico terrorista e una lingua impoverita denominata “englobal” (questi
ultimi due elementi, distopici, relazionabili a 1984
di Orwell).
[Roberto Bertoni]