23/09/17

Enrica Maria Ferrara, UNA RIFLESSIONE SU DOMINGO NOTARO E TRE POESIE INEDITE


[Art and nature (Amsterdam 2017). Foto Rb]

Domingo Notaro, uno dei maggiori artisti viventi,[1] nacque a Palermiti (Calabria) nel 1939 ed emigrò in Argentina all’età di nove anni. Qui cominciò la sua lunga carriera internazionale di pittore e scultore, celebrato, fra gli altri, dal grande Picasso. Fu nel 1965 che i due artisti si incontrarono virtualmente, quando l’opera di Notaro fu esposta al Guggenheim Museum di New York accanto a quella di Chagall, Dufy, Léger, Modigliani e dello stesso Picasso.

“Tu sei un io bambino con molti più secoli sopra la tua statura umana”: furono queste le profetiche parole che Picasso rivolse a Notaro nel 1966 - quando i due artisti si incontrarono e cominciò il loro sodalizio - alludendo all’abilità precocemente dimostrata dal Notaro di rigenerare la sua arte grazie all’innocenza del suo sguardo bambino: uno sguardo che rinasce dalle proprie ceneri e gli consente di osservare il cosmo ogni volta come se fosse la prima.

Questo elemento-sorpresa, che potremmo dire di “straniamento”, contraddistingue anche la poesia. I versi di Notaro costringono infatti il lettore a fare una pausa di riflessione e a contemplare il miracolo della geometrica rete di intricati ricami lirici che il poeta distende sulla pagina bianca. E in realtà le modalità della ricezione non sono altro che un riflesso della dinamica creativa messa in campo dal poeta. Una dinamica in cui l’“io bambino” dell’artista osserva attonito la nascita del significante.

Notaro ha spesso raccontato, nel corso di interviste e letture pubbliche, della sua prima incursione nel mondo dell’arte, a tre o quattro anni, quando uscì per la prima volta nel buio della notte con dei tizzoni accesi e disegnò immagini luminose nell’aria limpida. Quelle figure svanirono immediatamente, come fuochi d’artificio o stelle comete, ma la memoria di esse perdurò nella mente del poeta e indusse l’artista ad esitare sgomento di fronte al mistero della loro creazione. La scia di luce che repentinamente scomparve acquistò dimensioni mitiche per il bambino e causò la sua originaria scoperta del carattere effimero di ogni significato.

Poesia e arte vanno dunque di pari passo nel sostenere l’impresa di Notaro, il suo dar forma all’oscurità del mondo in significativa “configurazione”. Ed è questa la ragione per cui le poesie di Notaro si presentano al lettore come una sorta di arazzi nei quali la scrittura intesse ricami di significanti, zigzaganti e geometrici, che alludono ad un’appropriazione dinamica dello spazio e del tempo da parte dell’autore e del lettore durante l’atto di creazione-fruizione.
Si veda ad esempio la poesia Segni,[2] uno dei poemi inediti della recente produzione.


È importante sottolineare che l’intuizione dell’artista precede il momento della concettualizzazione. È il suo fare che produce conoscenza mediante l’interiorizzazione di spazio e tempo, cosicchè la memoria non è rappresentazione di un passato mitico ma piuttosto osmosi di passato, presente e futuro nel momento catartico della performance artistica. Lungi dal suggerire una identificazione panica del poeta con la natura, l’estetica di Notaro sembra indicarci il percorso di un abbraccio postumano tra l’artista creatore e il cosmo. Si veda a questo proposito un’altra poesia inedita dal titolo La macchina dello spazio tempo:


Leggendo questi versi possiamo  dedurre che lo stile o la forma non sono qualcosa di esterno e di razionale che è stato sovrapposto o giustapposto ad un contenuto pre-esistente. Difatti, si può affermare che anche lo stile – così come il contenuto - è una concrezione di materia ed energia che preme con la stessa “urgenza” manifestatasi durante la “visione” del poeta. Dalla “materia” che “ingremba [...] la / vita / abissale preterito / ivi / il / presente schiude / e / allo / sguardo / arriva”.

Dato il profondo interesse di Notaro per la fisica e la fisica quantistica in particolare, interesse manifestato in varie occasioni e soprattutto nella sua arte figurativa,[3] mi pare che sia perfettamente legittimo provare a leggere la sua poesia nella cornice metodologica del realismo performativo o “agenziale” di Karen Barad.  Partendo dal concetto che la realtà non è un oggetto gnoseologico esterno al soggetto di conoscenza, bensì un “fare” o un “divenire” nel quale soggetto ed oggetto si compenetrano ed interagiscono in profondità, il realismo performativo fornisce la cornice epistemologica ideale per comprendere la poetica di Notaro. Sulla base di questa prospettiva, che si fonda sulle premesse filosofiche della fisica quantistica di Niels Bohr, “le cose non hanno confini e proprietà intrinsecamente determinati così come le parole non hanno significati intrinsecamente determinati” [things do not have inherently determinate boundaries or properties, and words do not have inherently determinate meanings].[4] Al contrario, il significato e la conoscenza vengono creati [performed] nel corso dell’ “intra-azione”[5]  tra il soggetto e l’ oggetto, e cioè il creatore e l’oggetto della sua creazione.

In tutto questo processo, la ricerca di Notaro sulla lingua si lascia ricondurre a quella portata avanti da altri scrittori del ventesimo secolo che sentirono il bisogno di sottoporre il proprio linguaggio ad un gioco di segmentazione interna, suddivisione, frammentazione e ricomposizione al fine di potenziare il significato dei loro concetti. Pensiamo a Joyce e al pastiche di neologismi, parole composte e morfemi multilingue del suo Finnegan’s Wake o al linguaggio gaddiano, parodico ed irriverente, ferocemente soggettivo ed espressionistico; linguaggio che, secondo una nota definizione, esplode in “schegge di incandescente espressività”.[6] La “scomposizione” effettuata da Notaro sul linguaggio ha un suo corrispettivo in quella che Carlo Bo identifica come caratteristica della sua produzione figurativa.

Tutti questi elementi di scomposizione alla fine lo riportano a tradurre il mondo in linee e colori, in doppi o tripli disegni dove la confessione del suo travaglio appare nitidamente e in tutta la sua luce. Inutile aggiungere che è quasi impossibile trovare dei modelli e dei maestri, benchè di fronte a certe composizioni appaia piuttosto arduo non pensare a Picasso e Chagall.[7]

Bisogna però dire che, così come nel campo dell’arte l’importanza dei maestri è “relativa” nel contesto di un cammino artistico unico, “che appartiene solo a lui”,[8] così nel campo della poesia non si può indicare l’appartenenza di Notaro a specifiche correnti artistiche o letterarie. Possiamo parlare piuttosto di un Dasein in cui l’esistenza del soggetto si traduce in un vero e proprio essere-nella-lingua, abitarne le sue strutture profonde, percorrendole a ritroso, come nella figura retorica del palindromo che Notaro utilizza  estesamente nella sua poesia.

La domanda che, a ragion veduta, bisogna porsi è la seguente: che effetto ha questo processo creativo sul lettore? Il lettore è un elemento necessario nella produzione del significato creativo? E ancora, che ruolo svolge il lettore nella intra-azione fra i versi del poeta e il suo mondo?

Fin da una prima lettura dei testi di Notaro, ci si rende immediatamente conto che i lettori sono chiamati a formulare una propria personale risposta ai grumi polisemici di materia poetica che l’artista distribuisce sulla pagina, quasi a sintetizzare l’essenza della citata intra-azione tra soggetto ed oggetto. È pur vero che a tutti i lettori di poesia – o lettori tout court – si chiede di esprimere la propria reazione emotiva, razionale o intellettuale nei confronti di un testo dato, reazione che è di solito ampiamente influenzata da una serie di fattori culturali, storici, personali e sociali che determineranno una riscrittura simbolica del significato intrinseco del testo (se una tal cosa davvero esiste).

E tuttavia, nel caso di Notaro, non si può fare a meno di notare che il lettore viene preso in una sorta di mise en abyme del processo estetico nel quale il mondo lirico disegnato sulla pagina cerca di riprodurre, anche ad un livello visivo, la performance del poeta nella sua ricerca di conoscenza. Simili ad un flusso di coscienza che ripercorre il cammino del suo incontro creativo - o intra-azione - tra materia ed energia, i versi di Notaro richiedono e pretendono un ruolo attivo del lettore nel processo di significazione. L’uso frequente di figure e tropi retorici, così come la costante segmentazione e deformazione dei significanti linguistici allo scopo di creare nuovi significati interni alle parole, mirano a generare spaesamento e straniamento.

Messo di fronte ad una parola nota che all’improvviso si carica di nuovi livelli di significato – cosa che a sua volta scatena ulteriori processi di significazione – il lettore è costretto a sostare lungamente, in mezzo al rapido fluire ininterrotto di immagini poetiche accelerato dall’assenza di punteggiatura, e a guardare il mondo da una prospettiva completamente nuova.

Per quanto riguarda gli argomenti e le tematiche principali esplorati dalla poesia di Domingo Notaro, abbiamo adesso la fortuna di ripercorrere l’intero itinerario poetico della produzione notariana dagli anni Sessanta ad oggi grazie al volume con testo a fronte italiano-inglese, pubblicato quest’anno dalla Dalkey Archive Press: From the Unreached Let Perception Radiate.[9]

Motivi ricorrenti nella poesia di Notaro sono l’esilio, la fertilità, la creazione, la donna come fonte di ispirazione e matrice creativa di materia pensante ed organica, il corpo umano in osmosi con il cosmo, la corruzione dei potenti. Su quest’ultimo tema mi vorrei soffermare, leggendo la poesia dedicata a Paolo Borsellino che pure fa parte della produzione inedita.


Malattia, sozzura, senso di fine lastricano il percorso di un uomo che, come Perseo che mozzò la testa di Medusa, ha osato combattere in solitudine ed è riuscito ad emergere dall’ “omertosa feccia”, risalendo la china a ritroso, dal basso verso l’alto, “d’òmega” all’ “alfa”. Ha incontrato sul suo cammino una “civiltà” divenuta “smemorata” perchè priva di coscienza e ridotta ad uno stato “amenziale”. Il riferimento all’ “amenza” – malattia psichica caratterizzata da una frammentazione degli stati di coscienza – funziona da potente rinvio alla metafora finale del mito di Perseo, laddove l’aggettivo “amenzi-ali”, segmentato internamente e suddiviso nei due lemmi “amenzi” ed “ali”, esplicitamente converte la “civiltà” in “viltà”, tarpando “ali / che / mai / voleranno”. E nonostante l’assedio di “lugubri spettri” ed “ombre” che avvolgono il mistero della famosa “agenda rossa” scomparsa – mistero che apre un’ennesima “piaga” nel discorso della collusione tra Stato e anti-Stato – il mito di Borsellino, eroso dalla sua stessa fama, sopravvive alla morte, allo sguardo di Medusa, “reso / leggenda” come Perseo.

La funzione del poeta, nel contesto di una poesia come quella appena citata, è certamente una funzione di denuncia ma anche di fiducia nel potere del mito che lo aiuta a proiettare la sua arte nella libertà cosmica e nell’estetica performativa del suo fare poetico.



[1] L’opera di Domingo Notaro è stata esposta in tutta Italia e nelle grandi capitali del mondo.  Oltre alla citata mostra al Museo Guggenheim, ricordiamo almeno le personali di Buenos Aires, Parigi, Bruxelles, Zagabria, Belgrado, Dubrovnik, Tokyo e Roma (Complesso del Vittoriano, 2001).
[2] Ringrazio Domingo Notaro per avermi generosamente consentito di pubblicare le  tre poesie da me presentate in questo articolo che fanno parte della sua recentissima produzione.
[3] Si veda Carlo Guaraldo, “Arte e scienza nell’opera di Notaro”, in Domingo Notaro al complesso del Vittoriano. Oltre l’orizzonte, 2-27 maggio 2001, con un’introduzione di Carlo Bo, Roma, Eldec, 2001, pp. 11-13.
[4] K. Barad, “Posthumanist Performativity: Toward an Understanding of How Matter Comes to Matter", Signs, University of Chicago Press, 28.3 (2003), pp. 813. La traduzione è mia.
[5] Il termine “intra-azione”, piuttosto che “interazione”, è usato da Barad per descrivere il mondo dei fenomeni che è definite come “l’ontologica inseparabilità di componenti agenziali intra-agenti” [the ontological inseparability of agentially intra-acting components] (Ivi, p. 815).
[6] Alberto Arbasino, Genius Loci in Certi romanzi, Einaudi, Torino, 1977, pp. 339-71.
[7] Carlo Bo, “Prefazione”, in Domingo Notaro al complesso del Vittoriano. Oltre l’orizzonte, 2-27 maggio 2001, cit., p.12.
[8] Ibidem.
[9] Domingo Notaro, From the Unreached Let Perception Radiate, Translated by Kay McCarthy, Victoria-TX, Dalkey Archive Press, 2017.