[Futuristic objects in vitro in a tea house guarded by Chinese
statuettes under an industrial landscape (Brussels 2017). Foto Rb]
Francesco Cassata, Fantascienza? / Science Fiction? Torino, Einaudi, 2016. Traduzione inglese di G. McDowell.
Edizione Kindle
Il saggio di Cassata, bilingue in
italiano e in inglese, rivisita la fantascienza di Primo Levi, ovvero il volume
Storie naturali, pubblicato sotto lo pseudonimo di Damiano Malabaila nel 1966, e il
successivo Vizio di forma, questa
volta col nome reale dell’autore, del 1971.
Sfata l’idea di “un Levi ‘imbarazzato’
di fronte ai suoi stessi racconti scientifici”, non solo ricordando come lo
pseudonimo degli anni Sessanta fosse stato voluto dalla Casa Editrice anziché
dall’autore, ma mettendo in rilievo, con citazioni da lettere e articoli, che
Levi si ascriveva al genere fantascientifico, pur preferendovi le dizioni di “favole,
divertimenti, stranezze”, con meno reticenze di altri contemporanei, tra cui
Calvino.
Se, da un lato, Cassata conferma la
continuità tra il Levi del lager e quello dei testi fantascientifici (individuando
in alcuni racconti “lo stravolgimento nazista di uno spazio e di un’attività –
il laboratorio e la pratica sperimentale –”), non la spinge, come è stato
fatto, al punto di ignorare la specificità della produzione postbellica.
Lo stesso Levi si definiva “un
anfibio”, “diviso in due metà”: quella della fabbrica e quella dello scrittore
e vedeva appunto nella fantascienza un tratto d’unione.
Sul piano del riflesso sociale,
Cassata vede in Storie naturali “l’euforia
‘prometeica’ dell’Italia del boom economico” e in Vizio di forma le “inquietudini della fine dell’‘età dell’oro’”, individuando
anche una sensibilità pre-ecologica nel secondo libro, in cui, accanto alla
denuncia dei limiti dello sviluppo, permane però “l’ottimismo della ragione” quanto alla possibilità di rettificare gli errori.
[Roberto Bertoni