[Shadow of a broken plant (Wicklow 2016). Foto Rb]
Han Kang, La vegetariana. Prima ed. coreana 채식주의자, 2007. Traduzione di M.Z.
Ciccimarra. Milano, Adephi, 2016
Questo romanzo è, per
evidenza del testo, ma anche per esplicita dichiarazione dell’autrice, una
denuncia della brutalità e della sopraffazione [1]. Come più esplicitamente
in un’altra storia della stessa narratrice, Human
Acts nella traduzione inglese di D. Smith (2016), il trauma della rivolta
del Movimento per la Democratizzazione della Corea del Sud di Kwanju, del 1980,
repressa nel sangue, ha fin dall’infanzia svolto una funzione profonda e
motivato varie opere di Kang [2], rendendola sensibile alle tematiche della
violenza.
La vegetariana è stato rielaborato da un racconto scritto in precedenza da Kang, negli
anni Novanta, e in parte, per dichiarazione dell’autrice, è nato dalla
riflessione su un verso del poeta coreano Yi Sang: “Ritengo che gli esseri
umani dovrebbero essere piante”.
La protagonista,
Yeong Hye, smette di mangiare carne, il che presto si rivela una ribellione
piuttosto inaccettabile alla “normalità” da parte del padre e di altre figure sia
all’interno della famiglia che all’esterno. Accompagna questo atteggiamento una
serie di altri comportamenti insoliti per questa donna fino a quel momento
piuttosto disposta a un conformismo di circostanza. Nella seconda parte il
cognato, un artista di installazioni mass mediali, la usa per soddisfare sue fantasie
erotiche. Nella terza parte si comprende che la problematica di Hyeong Hye è
più complessa delle apparenze: si tratta di una forma di schizofrenia anoressica
e corrisponde, al rifiuto degli alimenti, una tendenza a trasformarsi in una
pianta. La nutrizione forzata non dà risultati. Dopo il logico disfarsi della
sua famiglia in seguito al comportamento del marito, la sorella la accudisce e
nelle ultime pagine si trova dalla sua parte empaticamente, comprendendola. Il
romanzo si conclude senza la morte o la cura della protagonista su una scena di
natura.
Si tratta di un libro
che punta sull’umanità e sul pacifismo, in tal senso la metamorfosi vegetale è
un’allegoria antiviolenta. È un’indagine sul disagio sociale, sulla miscela di
libertà e violenza caratteristica del mondo urbanizzato e sviluppato, sulla
differenza dell’alienazione mentale dal comportamento comune. Accanto a questi
temi universali, l’ambientazione coreana rende più specifica la scelta
vegetariana e la nevrosi sociale [3].
Allo sesso tempo,
tuttavia, si tratta di una storia globalizzata e, nonostante gli indubbi valori
di letterarietà che hanno portato Kang all’attribuzione del premio “Man Booker
International”, è una narrativa in parte commercializzata, in cui l’elemento
morboso e, nella seconda parte, lo sconfinamento dell’erotico nel pornografico
sembrano a volte avere la meglio.
NOTE
[3] Si veda l'intervista in italiano con l'autrice sul sito di Fahrenheit 27-10-2016.
[Roberto Bertoni]