Giappone 2015. Titolo giapponese: あん (An). Tratto da una storia di Durian Sukegawa. Con Miyoko Asada, Etsuko Ichihara, Kirin Kiki, Masatoshi Nagase, Kiara Uchida
Questo film umano si svolge nel dialogo e nel silenzio, senza musica di
sottofondo, conferendo così un’impressione di realtà agli ambienti e allo
stesso tempo una patina di distanza per attività tradizionali come quella,
prevalente, del piccolo chiosco di dorayaki,
pasticcini dolci contenenti un paté di fagioli rossi zuccherati.
Quando l’anziana Tokue si presenta al chiosco, chiedendo di lavorare per il
gestore Sentaro, si costruisce un rapporto di fiducia, poco per volta, tra i
due e si incrementa l’attività a causa dell’abilità di Tokue nel fare il
ripieno dolce. Terza protagonista una ragazzina proveniente da una situazione
familiare difficile.
Se da un lato vengono rivalutate le mansioni artigianali, viene rivisitato
il concetto che ogni aspetto del cosmo possiede uno spirito, si dispiega un’attenzione
per la natura che la società contemporanea ha perso, dall’altro lato e per
contrasto si dimostra il cinismo tardomoderno,
impersonato dalla proprietaria del chiosco e dalla madre della scolara.
Si parla di dolcetti, ma in verità si tratta di problematiche profonde.
Tokue vive in una sanatorio per persone affette dalla malattia di Hansen (che
una volta si definiva lebbra) e sebbene l’isolamento sia stato abolito, spiega
una didascalia, in Giappone negli anni Novanta, resiste il pregiudizio, per
cui, diffondendosi la voce, il chiosco non riceve più clienti. Frattanto la
ragazza è scappata di casa: dolce e altruista lei nonostante la giovane età, è
sottoposta all’egoismo materno. Il gestore, a sua volta, ha una passato difficile
alle spalle. Questi tre personaggi, emarginati e atipici, sono ai bordi del
conformismo di massa e trasmettono i valori di solidarietà e amicizia che
dovrebbero essere di tutti.
Film ben costruito, non melenso, non esente da ironia, compassionevole.
[Roberto Bertoni]