[Empty chair (Tinakilly 2015). Foto Rb]
Con Rea scompare uno degli autori fondamentali, a
nostro parere, del panorama letterario degli ultimi decenni, dato che, pur se
nato nel 1927, i suoi principali libri di narrativa sono stati pubblicati tra gli
anni Novanta e questo scorcio di ventunesimo secolo.
Tutti testi decisivi, caratterizzati non solo da
impegno sociale e politico, ma da un linguaggio chiaro e allo stesso tempo
connotativo e preciso, che varia dai registri tecnici della Dismissione a quelli colloquiali di Napoli ferrovia.
Se è a Napoli che si svolgono vari suoi romanzi, e
se questa città indubbiamente rappresenta un protagonista, è su tematiche
nazionali e universali che si articola il locale; ed è sul vissuto trasceso a
esemplarità generale che si basa l’uso della prima persona.
Così in Mistero napoletano e La comunista, il cui
fulcro non è solo un quadro umano, un ritratto in parte autobiografico, ma
soprattutto il problema della libertà personale rispetto alla tematica del partito,
e sullo stalinismo. La dismissione
rappresenta un’indagine sul deterioramento di Bagnoli dopo lo smantellamento
dell’Ilva, ma anche una diagnosi del passaggio epocale tra la forza della
classe operaia alla sua frammentazione. Napoli ferrovia interroga, assieme alla città contemporanea, l’altro ideologico, il nazista sottoproletario
con cui il narratore in prima persona intavola conversazioni non inani.
Una narrativa che riesce ad avvincere mentre punta
su questioni significative, affrontando al contempo la profondità umana, senza
sfuggire nel banale e nel commerciale. O, come si legge nel Sorriso di Don Giovanni: “sarebbero stati i romanzi a
salvare il mondo dalla dissoluzione”; i romanzieri perché “sussurrano invece di
parlare?”
[Roberto Bertoni]