15/09/16

ERMANNO REA



[Empty chair (Tinakilly 2015). Foto Rb]


Con Rea scompare uno degli autori fondamentali, a nostro parere, del panorama letterario degli ultimi decenni, dato che, pur se nato nel 1927, i suoi principali libri di narrativa sono stati pubblicati tra gli anni Novanta e questo scorcio di ventunesimo secolo.

Tutti testi decisivi, caratterizzati non solo da impegno sociale e politico, ma da un linguaggio chiaro e allo stesso tempo connotativo e preciso, che varia dai registri tecnici della Dismissione a quelli colloquiali di Napoli ferrovia.

Se è a Napoli che si svolgono vari suoi romanzi, e se questa città indubbiamente rappresenta un protagonista, è su tematiche nazionali e universali che si articola il locale; ed è sul vissuto trasceso a esemplarità generale che si basa l’uso della prima persona.

Così in Mistero napoletano e La comunista, il cui fulcro non è solo un quadro umano, un ritratto in parte autobiografico, ma soprattutto il problema della libertà personale rispetto alla tematica del partito, e sullo stalinismo. La dismissione rappresenta un’indagine sul deterioramento di Bagnoli dopo lo smantellamento dell’Ilva, ma anche una diagnosi del passaggio epocale tra la forza della classe operaia alla sua frammentazione. Napoli ferrovia interroga, assieme alla città contemporanea, l’altro ideologico, il nazista sottoproletario con cui il narratore in prima persona intavola conversazioni non inani.

Una narrativa che riesce ad avvincere mentre punta su questioni significative, affrontando al contempo la profondità umana, senza sfuggire nel banale e nel commerciale. O, come si legge nel Sorriso di Don Giovanni: “sarebbero stati i romanzi a salvare il mondo dalla dissoluzione”; i romanzieri perché “sussurrano invece di parlare?”


[Roberto Bertoni]