1969. Londra, Abacus, 2000
Il libro, ormai un classico, si occupa del banditismo
sociale, distinto dalla criminalità normalmente definita come tale, ovvero dei
fenomeni in cui il banditismo si presenta come disobbedienza civile, ribellione
all’ordine costituito, soccorso nei confronti dei meno abbienti, dalle imprese
inventate di Robin Hood alle bande di malviventi dell’Europa ottocentesca
idealizzate dal Romanticismo all’esistenza del fenomeno in Cina, a fianco delle
ribellioni contadine contro l’Impero, fin dalla notte dei tempi.
Se c’è stato in certi casi un uso politico, sempre
complesso, per esempio da parte della rivoluzione maoista cinese, più spesso le
motivazioni del banditismo sono separate da quelle della politica, coincidendo
con una generica ribellione, connotandosi di ferocia e individualismo, agendo
secondo schemi personalistici, per esempio nel caso di certe imprese mafiose,
che dando l’illusione come in Salvatore Giuliano di aiutare il popolo si sono
schierate dalla parte dei proprietari.
Il punto di vista di Hobsbawm, anche tenendo conto
dei parametri temporali fino alla metà del Novecento, è che “banditry as a social
phenomenon […] is about class, wealth and power in peasant societies” (p. 9). Tuttavia “”we shall be dealing essentially with a form
of individual rebellion within peasant societies” (p. 19).
Il fatto essenziale, scrive Hobsbawm, è l’ambiguità
della situazione sociale del banditismo. Il
bandito “is an outsider and a rebel, a poor man who refuses to accept the
normal rules of poverty” e asserisce la propria ribellione con la forza. Ciò lo porta dalla parte
dei poveri e in contrasto con le gerarchie sociali. Tuttavia, al contempo, “the bandit is, inevitably, drawn
into the web of wealth and power, because, unlike other peasants, he acquires
wealth and exerts power” (p. 95).
Un capitolo è dedicato all’interpretazione letteraria
del banditismo sociale, nata dalla leggenda orale e assestatasi con opere
narrative, di poesia, ballate, canzoni e leggende, fino ai nostri tempi col
cinema.
[Roberto Bertoni]