Torino, Einaudi, 2014
Da un lato, Violante riconosce i
dati di fatto: “la menzogna è stata un potente motore della storia dell’umanità”
(p. 3); dall’altro propone di agire in modo eticamente valido: “come la
presenza del male non può farci desistere dall’operare correttamente, così l’invasiva
presenza della menzogna non deve distoglierci dall’impegno per esigere lealtà
nelle relazioni politiche” (p. 4).
L’esemplificazione della menzogna
politica, nelle sue manifestazioni storiche e nelle varietà con cui si presenta,
comprendono, tra l’altro, il documento falso Constitutum Constantini su cui si fondò il potere temporale del
papato e spaziano dalla menzogna di Roosevelt quando nel 1940 annunciò agli
americani che non sarebbero entrati in guerre lontane a quella di Bush sulle
supposte armi irachene che giustificarono l’invasione. Citate anche le menzogne
sulla supposta inesistenza della Shoah e del genocidio degli armeni; come pure
gli scandali spionistici come Watergate.
La menzogna in politica è legata
spesso alla demagogia, proprio perché quest’ultima si serve di un “discorso
emozionale” (p. 53), che “visse in Italia la propria età dell’oro durante il
regime fascista” (p. 59).
In generale, se è utile la
differenza tra “menzogna come sistema” e “menzogna occasionale”, istaurata da
Hannah Arendt (p. 125), alla mentalità dello scrivente risulta consona l’idea di Kant
che “la verità è un dovere incondizionato di fronte a tutta l’umanità” (p. 9).
Anche se la verità a tutti i
costi, in modo donchisciottesco, conduca, come succede a Laurana nello
sciasciano A ciascuno il suo, a
rimetterci di persona, essendo per di più additato come “un cretino”.
[Roberto Bertoni]