[The sea... (Portovenere 2015). Foto Rb]
Gianfranco Rosi, Fuocoammare. Italia 2016. Con Pietro Bartolo, Samuele Caruana, Maria Costa, Mattia Cucina,
Giuseppe Fragapane, Francesco Mannino, Francesco Paterna, Samuele Pucillo,
Maria Signorello
Come scrive Goffredo Fofi, “Rosi racconta Lampedusa con
pudore e rispetto” [1] in questo documentario che ha vinto vari premi, tra i
quali L’Orso d’Oro al Festival di Berlino, che citiamo perché è bene che su un
palcoscenico internazionale il problema della migrazione verso l’Europa venga
stimato da un’angolazione progressista e da una prospettiva di compassione.
La telecamera segue vari personaggi che, come si legge
nei titoli di coda, “interpretano se stessi”: un ragazzo che gioca con la
fionda assieme a un amico, impara l’inglese a scuola, apprende a remare; due
famiglie nella quotidianità della cucina; un pescatore di peschereccio e uno di pesca subacquea; il
presentatore di una trasmissione di canzoni a richiesta; il medico che si
occupa dei primi interventi per gli emigranti in arrivo e che con semplicità e
chiarezza manifesta l’umanità dicendo “Queste persone vanno aiutate”; altre
persone residenti a Lampedusa; e i migranti, ripresi in inquadrature di
salvataggi in mare, di socializzazione a terra e di tragedia della sofferenza e
della morte.
Non c’è mai retorica frusta. Non c’è mai compiacenza
narcisista. Lo spaccato di realtà è restituito nudamente, con silenzio, con precisione.
Lo sguardo è sempre per gli altri, non per il regista che gira il film.
La solidarietà è implicita non solo nelle azioni delle
squadre di salvataggio, ma nello strato sociale della maggioranza degli italiani
rappresentati, appartenenti ai ceti popolari.
Sembra di tornare indietro nel tempo: nelle case non si
vede la televisione, si ascolta la radio; non si usano computer; i bambini
giocano in campagna e non coi videogiochi; e così via. Con l’effetto non solo
rappresentativo di puntare sul non consumismo; ma anche con quello esistenziale
di mettere in rilievo come le sovrastrutture della tarda modernità allontanano
dalla percezione cruda dei problemi dell’umano.
NOTA
[Roberto Bertoni]