[Chinese door in London (2014). Foto Rb]
Iris Hsin-chun Tuan, Alternative Theatre in Taiwan. Sottotitolo: Feminist
and Intercultural Approaches. Youngstowsn, New York, Cambria Press, 2007
Questo libro utile per conoscere
il teatro di Taiwan, quanto per capire le dimensioni interculturali tra Oriente
e Occidente, propone dimensioni storiche, sociologiche e letterarie.
Tuan traccia in alcuni capitoli la
storia del teatro sperimentale taiwanese, il cosiddetto “Little Theatre
Movement”, che coincise con l’innovazione formale, ma anche con l’azione
democratizzante a livello sociale. Uno degli aspetti, quello che più sottolinea
Tuan, è che “the performances in Taiwan theaters are infused with Feminism and
Interculturalism” (p. 51).
Allo stesso tempo, essendo, come
nota Sue-Ellen Case nella prefazione, unica l’atmosfera culturale di Taiwan
all’incrocio tra “Chinese, Japanese, U.S. and European practices on its stages”
(p. XIX), Tuan si pone il problema di come ciò sia avvenuto e come si manifesti.
In parte c’è stata, fin dagli
anni Novanta, un’occidentalizzazione dovuta all’importazione di teorie e
pratiche da parte degli studiosi e delle persone di teatro in genere che hanno
trascorso periodi presso università e istituzioni di arte drammatica all’estero.
In questa importazione si sono determinate direzioni specifiche, in quanto il
discorso femminista, soprattutto, si è trovato a confrontarsi col tipo
peculiare di patriarcato rappresentato dal Confucianesimo, oltre che a
“negotiate between the discourse of Western and third world feminism” (p. 58).
Ad altri livelli, sul piano
interculturale, si nota sia la rielaborazione di opere occidentali, sia l’occidentalizzazione
di opere ed elementi orientali.
Si ha così il rifacimento in
chiave attualizzante, e con contesti socioculturali taiwanesi e femministi, di
classici del teatro greco, quali Antigone
da parte di Wu Xin-chu, il cui intento polemico nei confronti della tradizione
tanto occidentale che confuciana, pur mantenendo il senso di giustizia e la
natura sacrificale del personaggio centrale del testo, si manifesta nell’assegnare
tratti flirtanti alla protagonista e perfino nel titolo Slut Antigone; o di opere anche del Novecento, come l’interpretazione
teatrale delle Lezioni americane di
Calvino da parte di Wei Ying-chuan.
Il trattamento occidentale di
elementi orientali da parte di Chechner pare non riuscito a Tuan. La teoria di “culture
of choice”, ovvero la scelta della cultura in cui si opera indipendentemente
dall’appartenenza originaria a un’altra cultura, col conseguente tentativo di
trasformare, anziché imitare, le opere da cui si attinge a livello
intertestuale, sembrerebbe non essersi pienamente realizzata nella
rielaborazione chechneriana dell’Oresteia,
rappresentata a Taiwan nel 1994 con inserzioni dell’Opera di Pechino: “There
are several problems inherent in the notion of retheatricalization. One is that it transmits neither the
art of Chinese Peking Opera nor the beauty of Greek tragedies but degenerates
into a soap opera or a TV show performed purely to entertain” (pp. 121-122). Più
a fondo, nel campo dell’egemonia, che continua a persistere nel rapporto occidentale
con l’Oriente, “the performance does not treat cultures equally - one culture
still appropriates the other” (p. 122).
Un’opposto tentativo di
mediazione tra culture è quello di Stan Lai, che si serve della tensione tra Occidente e
Oriente, o meglio delle “cultural tensions caused by Chinese contacts with the
West” (p. 157), nella produzione teatrale del romanzo classico cinese Viaggio a Occidente; e adopera aspetti
del teatro sperimentale occidentale in A
Dream like a Dream, lavoro che si basa sul Buddhismo tibetano.
È un libro informativo, questo di Tuan, per chi,
come lo scrivente, non sappia quasi niente del teatro taiwanese; stimolante
intellettualmente sul piano del rapporto tra Oriente e Occidente che riguarda
ormai noi tutti; combattivo e militante; mai superficiale.
[Roberto Bertoni]