23/05/16

Ezio Gribaudo. LA FIGURA A NUDO: OPERE DAL 1951 AL 2015




[Immagine inviata da V. Surliuga. Angelo, 1991, tecnica mista e flani, 1991, 160x120 cm. Per gentile concessione dell’Archivio Gribaudo]


Ezio Gribaudo. La figura a nudo: opere dal 1951 al 2015. A cura di Edoardo Di Mauro, con poesie di Stefano Vitale e testi introduttivi di Fiorenzo Alfieri, Salvo Bitonti ed Edoardo Di Mauro. Torino, Albertina Press, 2016


Artista, editore d’arte, collezionista, Gribaudo è tra le figure artistiche più affermate nel panorama dell’arte italiana contemporanea. Un’intensa attività espositiva accompagna la sua carriera artistica dal 1953 a oggi, segnata da importanti riconoscimenti tra i quali il premio per la grafica alla XXXIII Biennale di Venezia del 1966 e alla Biennale di San Paolo del Brasile nel 1967.

Anche se, nell’introduzione al volume, Di Mauro sostiene che Gribaudo è un irregolare dell’arte, in realtà la sua produzione artistica si colloca all’interno dell’astrattismo, con echi di pittura metafisica. Inoltre, Gribaudo ha una formazione classica, avendo studiato al liceo artistico, all’Accademia di Brera e poi architettura e grafica. Gribaudo ha inoltre ricevuto notevoli riconoscimenti, come ad esempio la Medaglia d’oro dei Benemeriti della Cultura (2003) e il recente Lifetime Achievement Award dell’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles (2016).

Di Mauro afferma che la realtà contemporanea può essere spiegata attraverso il ricorso a simulacri. Questo discorso, nel lavoro di Gribaudo, è esemplificato nei ready made dei “flani” quali reperti del tempo. I nuclei tematici del lavoro di Gribaudo vengono definiti da Di Mauro come “brand di lavoro” (p. 18), come se ogni momento del lavoro di Gribaudo, a partire dai flani, logogrifi, i Teatri della memoria, studi monocromatici bianchi, e via dicendo, fosse un marchio di produzione. L’opera di Gribaudo non è statica, anche se può essere interpretata come un unicum e leggibile come i capitoli di un romanzo che sviluppa la biografia artistica dell’autore, articolata in quattro momenti fondamentali già menzionati in apertura. Da un lato abbiamo l’attività pittorica, che include la scultura e realizzazione di opere pubbliche di ampio respiro e impatto urbanistico; dall’altro lato abbiamo il lavoro come grafico e all’interno dell’editoria, con il quale Gribaudo ha contribuito alla continua visibilità di artisti quali Francis Bacon, Willem De Kooning, Marcel Duchamp, Joan Miró, Henry Moore e numerosi altri.  Gribaudo è anche stato un infaticabile operatore culturale e promotore di attività artistiche, che lo hanno portato ad organizzare importanti eventi quali una mostra della Peggy Guggenheim Collection nel 1975-1976 e la mostra-spettacolo Cocou Bazar nel 1978 per Jean Dubuffet. Gribaudo è inoltre un collezionista di classici di arte moderna e le opere da lui acquisite includono lavori di Alexander Calder, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Jean Dubuffet, Max Ernst, Lucio Fontana, Hans Hartung, Joan Miró, Henry Moore e Antoni Tàpies.  Le sue opere si trovano nelle collezioni permanenti di diversi musei, tra i quali il Museum of Modern Art di New York (MoMA), la Peggy Guggenheim Collection (Venezia), Ca’ Pesaro (Venezia), il Musée des Arts Decoratifs (Parigi), il Museum of Imagination (Hudson, NY), la Robert McDougall Art Gallery (Christchurch, Nuova Zelanda) e il Museu de Arte Moderna do Rio de Janeiro (Brasile).

Questa retrospettiva sul tema del nudo nell’opera di Ezio Gribaudo, ospitata presso la Pinacoteca Albertina di Torino, della quale l’artista è stato presidente dal 2005 al 2007 ed è tuttora presidente onorario, presenta una serie di 45 opere dal 1951 al 2015, accostate a poesie di Stefano Vitale. Il tema del nudo è uno dei nuclei più significativi all’interno del lavoro di Gribaudo. Rappresenta la sua adesione personale ai modi artistici della classicità. Le figure umane hanno spesso tratti espressionisti, colte nella staticità del momento, che le rende scultoree e totemiche, con riferimenti palesi a Egon Schiele. I volti non vengono mai tratteggiati nei loro dettagli, il che lascia sempre una certa ambiguità nell’espressione. Questa scelta rivela una predilezione per lo studio del “presente”, dal momento che l’assenza o la scarsa enfasi sul volto tolgono alle figure dipinte la dimensione dell’età.

Il tema del nudo attraversa l’arte di Gribaudo, esprimendone gli obiettivi estetici. Lo studio dei materiali e dei volumi risulta fondamentale. Le donne ritratte da Gribaudo sono spesso neutre dal punto di vista della loro identità e senza precise fisionomie. Spesso sedute con la schiena rivolta all’osservatore, si fanno occasione di studi volumetrici che permettono all’artista di approfondire la sua pratica delle tecniche miste.

Ad esempio, in apertura del catalogo troviamo una figura femminile del 1972, un nudo flanato, dove il corpo tratteggiato viene fissato su uno sfondo con rilievi su carta, appunto un flano, del quale abbiamo un altro esempio con la Figura del 1992, in cui il disegno di una figura femminile viene inquadrato in una cornice di flani. In un’altra composizione, un corpo avvolto in un lenzuolo bianco evoca una statua imperiale romana (Figura, 1960), mentre in un nudo del 1956, Gribaudo presenta uno studio di colore dall’identità neutra. Da dietro, potrebbe essere visto come un tronco d’albero tramutato in uomo. Sembra, verrebbe da dire, il corpo bruciato del vigilantes del film V come Vendetta (2005), che esce completamente consumato dalle fiamme ma in piedi, in opposizione al mondo, senza che il suo corpo abbia riacquistato i segni riconoscibili della sua individualità.

Vittorio Sgarbi ha scritto che “Gribaudo vuole raggiungere l’aldilà della forma, l’essenza dell’essenza” (1986) e per questo motivo in questi lavori viene presentata una figura umana senza caratteristiche precise, tranne un corpo esteso nella superficie e dalla pelle completamente rossa, come il sangue che genera la vita. Stefano Vitale commenta la corporeità con queste parole: “Rosso è il tuo colore / bandiera di luce e sangue che pulsa, schiaffo alla notte e grido di gioia / corpo vivo nel teatro del mondo”; e poi: “passo di luna nuova nel cielo nero / traccia del fuoco prima del mondo” (p. 72). Questa figura può sembrare del tutto anonima oppure simboleggiare la presenza imponente del giusto che non abbandona il suo campo di battaglia.

Un Nudo rosso (1970), che segue cronologicamente un’altra composizione del 1953, ripropone questa assenza voluta di differenziazione, ritraendo un corpo di donna la cui schiena risulta centrale nella composizione. Gribaudo propone lo studio volumetrico del dorso femminile come tema ricorrente della sua opera. Questo ne è un esempio, con l’enfasi sul colore rosso che enfatizza la superficie corporea. Come scrive Vitale: “Forma accennata / in un bozzolo di vita” (p. 30). Di Mauro evidenzia infatti come Gribaudo operi al di fuori dei canoni tradizionali di bellezza femminile. Il volto non viene enfatizzato, ci sono accenni ma non dettagli, il soggetto viene spesso rappresentato di lato o di spalle, le donne ritratte hanno una bellezza segnata dalla vita e della maturità. Questo elemento di anonimità sembra essere commentato da Vitale in queste parole: “materia domata e per questo liberata / nella visibilità ridotta della nebbia creativa” (p. 66). Inoltre, il corpo femminile viene ritratto in diverse situazioni che includono la maternità (1960 e 2003) e spesso anche in riposo, in posizioni fetali chiuse in se stesse (1967 e 1992). Risultano di particolare interesse la Figura con cavallo (1991) e l’Angelo (1991), dove la contrapposizione di tonalità bianche e sublimate con quelle marroni crea anche una dicotomia tra sacro e angelico (bianco come tonalità dello spirito) con il profano (marrone come il colore della terra). La contestualizzazione geografica e mnemonica avviene anche attraverso l’uso di mappe topografiche con sagome di cupole dell’architettura russa, come ad esempio in Figura (1967).

Salvo Bitonti, nel ricordare la genesi di questa mostra, afferma che questi nudi di Gribaudo appartengono a una sfera onirica, come “ombre della memoria che ci illudono di un senso di fragile felicità” (p. 13). Possiamo aggiungere che evocano anche un’altra serie di Gribaudo, i Teatri della memoria, le cui caratteristiche si sovrappongono tematicamente ai nudi.



[Victoria Surliuga]