[The Bridge (Japanese Gardens, Kildare 2015). Foto Rb]
Yasujirō
Ozu, Tokyo Story. Giappone 1953. Titolo giapponese: 東京物語 (Tōkyō
Monogatari). Con Chishu Ryū, Chieko Higashiyama, Setsuko Hara
Il
minimalismo narrativo di questo film ne accresce la nitidezza stilistica,
dovuta in prevalenza alle riprese ad altezza dei visi dei protagonisti, alla
compostezza degli interni, all’evidenziazione strategica dei dettagli con
richiami pittorici e alla qualità elevata del bianco e nero.
L’intreccio
è lineare: Shūkichi e Tomi, una coppia di coniugi anziani, visitano i figli a
Tokyo. Vengono accolti con frettolosità dovuta a impegni di lavoro e al
cambiamento intervenuto nell’emigrare dalla provincia alla capitale. Solo
Noriko, la vedova di uno dei figli, li tratta con l’amore filiale determinato
dalla tradizione confuciana oltre che dalla gentilezza di carattere della
donna. Nel viaggio di ritorno, ammalatasi, Tomi entra in coma e muore il giorno
dopo. Anche in occasione del funerale gli atteggiamenti dei congiunti sono
frettolosi e caratterizzati da egoismo. Il vedovo elogia Noriko per il suo
prodigarsi, la incoraggia a risposarsi, e resta a vivere con l’unica figlia, la
più giovane, che abbia manifestato avversione per l’individualismo egoista
degli altri.
La
bellezza del film è riposta non solo nelle forme dell’espressione, ma anche in
quelle del contenuto. I primi piani dell’anziano, la serie dei rituali
descritti con lentezza, il dialogo essenziale e i sentimenti più suggeriti che
espressi esplicitamente fanno di questa pellicola un repertorio di atteggiamenti
umani contraddittori, di nostalgia per un mondo di valori scomparso di fronte
alla modernizzazione e di quadri di vita tipicamente nipponici del periodo
storico in cui il film è ambientato in contrasto con l’incedere dell’occidentalizzazione.
[Roberto
Bertoni]