[Chinatown (Singapore 2015). Foto Rb]
Giuliano Bertuccioli e Federico Masini, Italia e Cina
I ed. 1996. Ed.
riveduta e aggiornata Roma, L’Asino d’oro, 2014
(Edizione Kindle)
(Edizione Kindle)
Benvenuta questa riedizione aggiornata di un volume che
esamina i rapporti tra Italia e Cina fin dall’antichità, secondo i parametri di
“una storia di reciproca comprensione, assai poca, e di notevole
incomprensione”, per lo meno fino a tempi recenti, a causa della “possibilità,
che i due popoli ormai hanno, di frequentarsi vicendevolmente e quindi di
imparare a conoscersi meglio”.
Nel periodo in cui l’Occidente vedeva assestarsi e
crescere il dominio romano, la conoscenza reciproca non era inesistente, anche
se fondata più su una serie di ipotesi che sulla conoscenza diretta, in
prevalenza con considerazioni di reciproca stima.
Se l’Impero Mongolo garantì le condizioni di relativa
sicurezza ai viaggiatori che si avventuravano in Cina dall’Europa, in primo
luogo Marco Polo, la prima zona del nostro continente nota ai cinesi fu la
Sicilia.
I viaggiatori occidentali più intraprendenti, oltre i
mercanti, tra Medio Evo e Seicento, Furono i religiosi: dapprima in prevalenza
i francescani, poi i gesuiti che svolsero un’opera, oltre che di diffusione
religiosa, che non sempre attecchì, di divulgazione scientifica. Conoscendo al
lingua e la cultura cinesi, i gesuiti poterono “avvicinare la classi colte”. Fu
“grazie a Matteo Ricci e agli altri cuoi confratelli della Compagnia di Gesù”
che “il secolo fu il secolo durante il
quale il nostro paese godette in Cina del maggiore prestigio”.
Il volume ricorda come anche l’Angelica di Boiardo e
Ariosto sia “cinese”, in quanto figlia del “re Galafrone, che in India
signoreggia una gran terra che ha nome il Cataio” (Orlando innamorato, I.X.14).
Molti sono i nomi di eruditi e viaggiatori italiani
interessati alla Cina tra il XVI e il XVIII secolo e tra essi Botero, Lodovico
Arrivabene, Francesco Carletti.
I pregiudizi anticinesi dell’Occidente sembrano
trasformarsi in ammirazione con Voltaire e altri illuministi che ammirarono il
confucianesimo, il sistema di governo cinese e altri aspetti.
“Fan Shouyi, meglio noto col nome cristiano di Luigi Fan
(1682-1753), sebbene non il primo cinese in assoluto che visitò l’Europa, fu
colui che per primo meglio la descrisse, arrivando “come domestico del gesuita
Francesco Giuseppe Pirovana”.
Tra le opere letterarie cinesi più note e rielaborate in
Occidente, viene ricordato L’orfano della
famiglia Zhao.
Ci furono però anche “voci di dissenso” dal rispetto conquistato
dalla Cina in questi secoli, soprattutto si segnalano Vico e Baretti oltre alla
parodia di Confucio di Alfieri nella commedia La finestrina.
Passando all’Ottocento, la situazione si modifica.
L’imperialismo occidentale si serve della Cina e la rappresenta come crudele a
infida, a proprio scopo e vantaggio.
Il volume prospetta anche una storia diplomatica. Il
primo console italiano venne nominato da Cavour nel 1860. Una missione cinese
giunse in Italia nel 1870.
Citato un riferimento di Leopardi. Cantù presentò
all’Italia i primi cenni della letteratura cinese.
Chiude il libro un capitolo sui cliché reciproci.
[Roberto Bertoni]