New York, Palgrave Mac Millan, 2014
L’autrice chiarisce con precisione
l’ambito della sua ricerca:
“This book focuses on the roles of apocalypse in postwar Japanese
literature, especially science fiction, and the ways in which apocalyptic
ideology has changed throughout the period since the end of World War II. It
explores how apocalyptic science fiction reflects and copes with major
socio-political changes in postwar Japan, especially devastating changes that
created serious discontinuity in the national identity from 1945. These changes
created crises that are explicitly deadly, including the death of traditional
identity and the present understanding of the world. The structure of
apocalyptic science fiction reveals what is at stake in Japanese society –
cultural continuity, tradition, politics, ideology, reality, communities, and
interpersonal relationships – and suggests ways to cope with these crises and
visions for the future, both positive and negative” (p. 3).
Alla base realistica delle
espressioni immaginarie dell’apocalisse sono gli
eventi naturali rubricati sotto la dizione “cruelty of reality” (p. 2), ovvero terremoti, tsunami, tifoni, alluvioni, che tormentano da
sempre la storia geologica nipponica ed eventi tragici provocati dalla storia
umana, soprattutto la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki nel 1945, il
massacro della metropolitana di Tokyo nel 1995, il disastro nucleare provocato
a Fukushima dal terremoto e dallo tsunami del 2011.
Una prima fase delle narrazioni
apocalittiche giapponesi si orienta sul significato della seconda guerra mondiale
in relazione all’identità giapponese. Dagli anni Sessanta in poi si assiste a
quella che Tanaka definisce, sulla scorta del sociologo Ōsawa Masachi, un
periodo idealistico che comprende anche l’avvio del postmoderno, per arrivare, dagli anni Settanta
in poi, al periodo del fittizio (“fictional age”, p. 45), con spazi e scritti
che paiono escludere la predilezione per la realtà a favore della finzione e del virtuale. Sempre
basandosi su Ōsawa Masachi, l’autrice osserva che l’apocalissi divenne un
elemento dell’immaginario rilevante negli anni Settanta e Ottanta a causa delle
soluzioni di distruzione integrale proposte in luogo di strategie
riformistiche, in concomitanza con la perdita, anche in Giappone, delle lyotardiane
grandi narrative. Altri fenomeni sociali rilevanti degli ultimi decenni sono le
nuove religioni e le sette.
Le somiglianze con la narrazioni
apocalittiche occidentali sono piuttosto evidenti. Al contempo, però, Tanaka
sottolinea differenze significative, nate non solo dalla tradizione buddhista del tempo
ciclico e dalla resipiscenza mitica del rapporto con la natura, ma anche, in tempi a noi più vicini,
dalla sconfitta nella seconda guerra mondiale, dalla raffigurazione, dopo due
eventi del 1995 (il terremoto di Kobe e l’assalto, sopra citato, dell’Aum alla metropolitana
di Tokyo), di un mondo post-apocalittico senza gli altri: “an endless, timeless
world without confrontation” (p. 61). Negli ultimi due decenni, c’è inoltre la
tendenza degli scrittori giapponesi di questo genere letterario-filmico a
rivolgersi più ai giovani e giovanissimi che a un pubblico composto da persone di eta più avanzata.
Tra le opere analizzate, romanzi,
film, serie animate, note anche in Occidente per le strade di globalizzazione percorse, e su cui l’autrice punta luci
rivelatorie del contesto socio-storico nazionale, sono, qui come nel testo in questione coi titoli in inglese, Silent Cry di Ōe Kezamburō, Inter Ice Age 4 di Abe Kōbō, Japan Sinks di Komatsu Sakyō, Nausicaa di Miyazaki Hayao, Hard-Boiled Wonderland and the End of the
World di Murakami Haruki, Godzilla,
Sky Crawlers.
[Roberto Bertoni]