13/10/15

Marcello Messina, ANNOTAZIONI AGGIUNTIVE SU MONTALE E L’EPIFANIA: RIVERBERI PASCOLIANI E REBORIANI IN NOTIZIE DALL’AMIATA


Premessa

Questo breve scritto si concentrerà soltanto sulla prima parte del componimento montaliano Notizie dall’Amiata: molto povera di metafore, questa prima parte si configura piuttosto come insieme di descrizioni empiriche degli elementi di un ambiente circostante che si prepara ad essere teatro di un’epifania. Si propone, in proposito, un breve raffronto tra questa prima parte di poesia e due altri componimenti, L’assiuolo e Dall’immagine tesa, rispettivamente di Giovanni Pascoli e Clemente Rebora. Per facilitare la consultazione, i tre testi sono riportati in appendice. 

 

Le due metafore principali


“[…] dalla cellula di miele / di una sfera lanciata nello spazio”.
Questa può essere considerata la metafora centrale del componimento. Il linguaggio è “giornalistico” [1], e l’immagine della “sfera lanciata nello spazio” rimanda quasi alla letteratura fantascientifica, mentre il sintagma “cellula di miele” sembra preso in prestito dal gergo dell’apicoltura. Cellula in sintagma con miele “ribadisce la certezza che il maltempo a tarda sera si scioglierà in un dolce brusio. È però anche la celletta di una monastica attesa solitaria.” [2] Quest’immagine comunica lontananza, solitudine, insignificanza (trasmessa dal senso della piccolezza).

“Il fuoco d’artifizio del maltempo / sarà murmure d’arnie a tarda sera”.
Questa immagine, presente nei primi due versi, si collega direttamente alla metafora centrale di cui sopra: il mormorio delle arnie - cioè, fuor di metafora, il crepitio leggero della pioggia - rimanda direttamente al riferimento apistico della “cellula di miele” e, a ben vedere, anche “il fuoco d’artifizio del maltempo”, (i tuoni e i lampi), potrebbe rimandare direttamente alla sfera lanciata nello spazio, dato che un fuoco d’artificio altro non è che una massa che viene scagliata in aria. Ci troviamo quindi di fronte a due metafore parallele: la prima all’inizio del componimento, la seconda a metà.

 

Gli echi Pascoliani (vv. 2-9)


“La stanza ha travature / tarlate ed un sentore di meloni / penetra dall’assito. Le fumate / morbide che risalgono una valle / d’elfi e di funghi fino al cono diafano / della cima m’intorbidano i vetri”.

Tra le due immagini parallele illustrate sopra è racchiusa una serie di descrizioni che apparentemente denotano l’ambiente circostante, ma che in realtà potrebbero essere manifestazioni o tentativi di manifestazione. Ecco la vena Pascoliana del componimento [3]: il crepitio della pioggia/mormorio delle arnie del secondo verso è paragonabile ai “finissimi sistri d’argento” delle cavallette de L’assiuolo, perché come questi è presentimento di un’epifania imminente. Nel componimento di Pascoli, i “sistri” delle cavallette sono preceduti da altre sensazioni, che interessano la vista (la “alba di perla”, “il mandorlo e il melo” che sembrano ergersi “a meglio vederla”, “le stelle” che “lucevano rare tra mezzo alla nebbia di latte”, ecc., oltre ovviamente, al “chiú”), l’udito (il “fru fru tra le fratte”, o gli stessi “sistri” di cui sopra), e persino combinazioni di sensi diversi (“soffi di lampi”). Allo stesso modo in Notizie dall’Amiata le “travature tarlate”, il “sentore di meloni”, le “fumate morbide” sono percezioni associate a sensi diversi (rispettivamente tatto, olfatto, vista, oltre all’udito del mormorio delle arnie) che preparano la manifestazione (compiuta o mancata) dei versi successivi.


“[…] e ti scrivo di qui, da questo tavolo / remoto, dalla cellula di miele/ di una sfera lanciata nello spazio”.

Dopo queste prime manifestazioni viene l’immagine centrale, già discussa all’inizio di questo lavoro. Nei versi precedenti erano state elencate delle sensazioni che in qualche modo segnalavano la presenza di colei [4] della quale adesso si ribadisce l’assenza. Quest’assenza è già evidente nel fatto che il narratore si ritrae nell’atto di scriverle una lettera, anche senza dover richiamare l’attenzione sul senso di lontananza e isolamento trasmesso dalla metafora della cellula di miele.


Gli echi Reboriani (vv. 12-18)


“[…] e le gabbie coperte, il focolare / dove i marroni esplodono, le vene / di salnitro e di muffa sono il quadro / dove tra poco romperai”.

Nei versi 12-15 viene riproposta una serie di immagini che ci riportano all’imminente manifestazione. Soprattutto lo scoppiettare dei marroni può costituire una riproposizione amplificata del crepitio della pioggia/mormorio delle arnie. Si viene a formare così un crescendo che porta alla prefigurazione dell’epifania, esplicitata nel futuro indicativo: “…sono il quadro / dove tra poco romperai”. Ecco il punto di maggior contatto con Dall’immagine tesa di Rebora: “Verrà se resisto / A sbocciare non visto […] Verrà, forse già viene / Il suo bisbiglio”. In entrambi i testi l’attesa dell’assente - assente che si manifesta in Montale nelle immagini di cui sopra e in Rebora nel “polline di suono” “impercettibile” del campanello - sfocia in questo futuro indicativo, che palesa, proclama l’epifania imminente.


“La vita / che t’affabula è ancora troppo breve / se ti contiene!”.

Isella propone: “La vita del tuo affabulatore (troppo lunga nella sua noia abituale) è persino troppo breve, se, apparendo tu, le accada di colmarsi del tuo pensiero” [5].


“Schiude la tua icona / il fondo luminoso”.

L’assente si manifesta definitivamente. La tessitura di allusioni e di preparazioni si sublima in questa vera e propria apparizione. Anche qui è possibile individuare non poche corrispondenze con il componimento di Rebora: “Nell’ombra accesa / Spio il campanello / Che impercettibile spande / Un polline di suono”. La “ombra accesa” di Rebora richiama “il fondo luminoso” di Montale, il verbo “spande” nel primo corrisponde al verbo “schiude” nell’altro; in Montale “la tua icona” è manifestazione definitiva, direttamente visibile, epifania finale dell’assente: il corrispettivo in Rebora è “un polline di suono”, “impercettibile”, che non è ancora una manifestazione ma un semplice presagio.

 

La conclusione


“Fuori piove”.

Questa conclusione che abbassa così bruscamente il registro può essere interpretata in diversi modi:
- Il poeta vuole comunicare l’istantaneità e la durata effimera dell’apparizione con uno stacco repentino.
- “Piove” rappresenta il risolvimento di “sarà murmure d’arnie”. [6]
- La pioggia rappresenta in senso più esteso l’esplosione finale di tutti i “sentori” precedenti.


Riepilogo

Cercherò di tracciare adesso un conciso riepilogo del percorso allusivo-simbolico del componimento:
- vv. 1-2: metafora iniziale;
- vv. 2-9: prima serie di “sentori” della manifestazione [7]; echi pascoliani;
- vv. 10-11: metafora centrale;
- vv. 12-18: seconda serie di “sentori” e “proclamazione” dell’imminente manifestazione; epifania finale; echi reboriani;
- v. 18: conclusione repentina.

 



APPENDICE



Eugenio Montale


NOTIZIE DALL’AMIATA

Prima parte

Il fuoco d’artifizio del maltempo
sarà murmure d’arnie a tarda sera.
La stanza ha travature
tarlate ed un sentore di meloni
penetra dall’assito. Le fumate
morbide che risalgono una valle
d’elfi e di funghi fino al cono diafano
della cima m’intorbidano i vetri,
e ti scrivo da qui, da questo tavolo
remoto, dalla cellula di miele
di una sfera lanciata nello spazio -
e le gabbie coperte, il focolare
dove i marroni esplodono, le vene
di salnitro e di muffa sono il quadro
dove tra poco romperai. La vita
che t’affàbula è ancora troppo breve
se ti contiene! Schiude la tua icona
il fondo luminoso. Fuori piove [8].




Giovanni Pascoli


L’ASSIUOLO

Dov’era la luna? ché il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù...

Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù...

Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s’aprono più?...);
e c’era quel pianto di morte...
chiù... [9]




Clemente Rebora


DALL’IMMAGINE TESA


Dall’immagine tesa
vigilo l’istante 
con imminenza di attesa - 
e non aspetto nessuno: 
nell’ombra accesa 
spio il campanello 
che impercettibile spande 
un polline di suono - 
e non aspetto nessuno: 
fra quattro mura 
stupefatte di spazio 
più che un deserto
non aspetto nessuno. 
Ma deve venire, 
verrà, se resisto 
a sbocciare non visto, 
verrà d’improvviso, 
quando meno l’avverto. 
Verrà quasi perdono 
di quanto fa morire, 
verrà a farmi certo 
del suo e mio tesoro, 
verrà come ristoro 
delle mie e sue pene, 
verrà, forse già viene 
il suo bisbiglio [10].





NOTE

[1] T. De Rogatis,  “Montale e l’epifania. Commento e interpretazione di Sotto la pioggia, Punta Mesco, Notizie dall’Amiata”, “Allegoria”, 62, 2010, p. 16.
[2] D. Isella, commento a Notizie dall’Amiata, in E. Montale, Le occasioni, a cura di D. Isella, Torino, Einaudi, 1996, p. 195.
[3] Giá Isella fa abbondante riferimento a Pascoli per quanto riguarda Le occasioni. In particolare, l’incipit di Notizie dall’Amiata è paragonato al pascoliano La mia sera, ibidem, p. 194.
[4] Cfr. T. De Rogatis, cit., p. 16: “La destinataria della lettera è la figura salvifica e angelica già al centro di Elegia di Pico Farnese, Nuove stanze e Palio. Proprio l’icona di questa donna/dea irrompe ora magicamente nella stanza aprendo nel muro una finestra luminosa e irradiando l’oro del suo fondo”.
[5] D. Isella in E. Montale, Le occasioni, cit., p. 197.
[6] Ibidem.
[7] Resta escluso da questa mia analisi il termine “elfi” del verso 7. Non riesco a dare a questo termine (sicuramente metaforico ed evocativo) un ruolo ed un peso paragonabile a quello di altri elementi (magari non immediatamente metaforici come questo ma più significativi). Mi sembra che possa essere considerato una metafora per “boschi e creature incantate o misteriose”. Forse è un elemento che serve a rafforzare il senso di isolamento e lontananza dei vv. 9-12. Riporto la proposta di De Rogatis (cit., p. 17): “elfi: esseri soprannaturali della mitologia nordica; alludono all’elemento fantastico di questo paesaggio. Coerente con questa iconografia fiabesca è anche il dato naturalistico dei funghi”.
[8] E. Montale, Le occasioni, cit., pp. 194-97.
[9] G. Pascoli, Myricae, Torino, Einaudi, 1981, p. 122.
[10] C. Rebora, Le poesie, Milano, Garzanti, 1994, pp. 161-62.