09/09/15

Rajat Kapoor, THROUGH MY OWN EYES



[Detail from Hindu Temple (Singapore 2015). Foto Rb]


Titolo in hindi: Aankhon Dekhi. India 2014. Con Rajat Kapoor, Sanjay Mishra, Seema Pahwa


È un film intelligente, ben recitato e ambientato nei quartieri poveri di Nuova Dheli che ricordano certe riprese nel neorealismo italiano, mentre il dialogo potrebbe a tratti, per la drammaticità ironica che lo caratterizza, essere paragonato con il teatro di De Filippo.

Il capofamiglia di mezza età Raje Babuji, impiegato in un’agenzia di viaggi, riceve informazioni negative sul fidanzato di sua figlia. Sotto pressione del fratello di Babuji, viene organizzata una spedizione punitiva a casa del ragazzo, che però si rivela tutto il contrario di come era stato descritto: “un agnellino”, come lo chiama poi Babuji, cuore tenero e onesto lavoratore.

Ne consegue una trasformazione filosofica di Babuji: “Se le cose non stanno come credevo che fossero, significa che non posso conoscere niente se non lo verifico di persona”. Da qui nasce un mutamento, pirandellianamente, ma descritto nel film sempre con leggerezza e ironia: Babuji porta all’estremo le sue nuove convinzioni ideologiche, arrivando a licenziarsi per nbon ingannare i clienti che ritiene di non poter fa viaggiare in paesi che non ha visitato di persona.

Babuji diviene una specie di guru del rione, facendo accoliti che lo rispettano e pendono dalle sue parole anche quando egli tenta di sottrarsi e di cacciarli. Entra in contatto con un malavitoso perché nella neo-disposizione verso gli altri c’è anche l’idea che non si possa dare per scontata la cattiveria. Si dà al gioco d’azzardo con fortuna, risollevando le sorti finanziarie.

Non senza ammiccamenti critico-umoristici a Bollywood, giunge l’immancabile scena del matrimonio della figlia, insomma anche un lieto fine non clamoroso, ma che rivaluta umanità e sentimento.

Bene in rilievo la povertà del quartiere, l’assurdo della vita, il rischio di dissoluzione dei nuclei familiari sotto la spinta dell’arricchimento e della modernizzazione.



[Roberto Bertoni]