Londra, Harvill Secker, 2014
Le problematiche di questo romanzo sono certamente meno
vaste di quelle di 1Q84 e senza
dubbio meno immaginifiche. Tuttavia, per alcuni versi, anche qui siamo in
ambienti distopici e alienati.
Anzi, proprio dove tutto in apparenza è ordinato e perfetto
socialmente, si determinano sotto la superficie meccanismi di caos anche
violento e di esclusione sociale.
Il protagonista fa parte di un gruppo di amici
inseparabili fin dall’adolescenza, ciascuno definito da un soprannome
corrispondente a un colore. La diversità di Tsukuru si rivela subito nel fatto
che il suo soprannome è “Senza colore”: quasi un destino nel nome, dato che un
giorno, senza spiegazioni, gli amici lo escludono dal gruppo dei sodali.
In
Asia orientale la solitudine è anche più difficile forse che in Occidente da
accettare, soprattutto quando si viene tagliati fuori da un’associazione, o una
“intimate community” (per dirla con le parole del testo da noi letto in
inglese) che fornisce identità come quella qui delineata.
L’effetto su Tsukuru è devastante, in parte, nel suo
domandarsi cosa abbia fatto per essere trattato in quel modo, ma in parte avvia
un processo di individualizzazione: il protagonista lascia la città natale,
Nagoya, va a studiare ingegneria a Tokyo, intraprende una trasformazione anche
fisica, diventando sportivo e muscoloso, inizia una carriera professionale
nella progettazione e costruzione di ferrovie.
Solo molti anni dopo, su insistenza di una fidanzata
preoccupata per lui, riesce a chiarire la situazione con gli amici. Yuzu, una
delle due ragazze del gruppo lo aveva accusato ingiustamente di violenze
sessuali, al che gli altri avevano chiuso ogni rapporto. Eri, la migliore amica
di Yuzu, sposatasi e trasferitasi in Finlandia, in seguito a un viaggio apposito
di Tsukuru, rivela che sapeva che l’amica aveva mentito, ma per proteggerla
aveva convalidato di fronte agli altri la falsa versione dei fatti. Altre
scioccanti rivelazioni: Yuzu era stata effettivamente vittima di violenze
sessuali, non si era scoperto da parte di chi, infine era stata trovata
strangolata nel suo appartamento senza che la polizia riuscisse a smascherare
il colpevole.
Non c’è insomma verità ufficiale solida in questo libro
in cui sembra che la buona educazione prevalga nel comportamento esteriore
delle persone mentre le forze oscure del delitto agiscono indisturbate. Sul
piano del privato, le ipocrisie sociali occludono la strada della comunicazione
diretta. La malattia mentale si annida nel mondo medio-alto borghese dei cinque
personaggi. I sentimenti profondi e reali non vengono rivelati ma allusi,
compreso l’amore. Un mondo di reticenza che si trasforma in nascondimento,
varia cioè dalla potenzialmente positiva riservatezza alla deprecabile menzogna.
[Roberto Bertoni]