1956. Traduzione
di B. Tasso. Milano, Mondadori, 1967
Nato in Inghilterra nel 1899, ingegnere aeronautico,
costruttore di aviogetti, scrittore, Nevil Shute Norway emigrò con la famiglia
in Australia nel 1950, dove visse in una fattoria di sua proprietà fino alla
morte (nel 1960).
L’esperienza australiana è dunque di prima mano e
connotata da ammirazione per la natura, le attività rurali e pionieristiche, le
culture autoctone.
Le due
frontiere è un titolo italiano effettivamente adatto, in
parte, alla tematica, dato che il protagonista Stanton Laird proviene dall’Oregon,
in una regione degli Stati Uniti già caratterizzata da elettrodomestici, consumismo,
villette, classe media, pubblicità, come viene messo in rilievo con frequenza
nel romanzo, ma allo stesso tempo solo una cinquantina d’anni (siamo nel 1955)
dopo la fine della “frontiera” occidentale, ovvero la cultura dei coloni, degli
indiani, delle esplorazioni, delle immigrazioni massicce di europei e persone
di altri continenti in cerca di fortuna, dunque con una memoria collettiva
ancora viva di quel periodo.
Ciò permette a Stanton di comprendere, almeno
parzialmente, la “frontiera” australiana, dove si reca per conto di una società
petrolifera per trivellare una zona in cui vivono sparsi proprietari terrieri,
sulle fattorie denominate “stations” in Australia (e malamente tradotte con la
parola italiana “stazioni”, che veramente non fa capire cosa siano): aree
vastissime, talora, come la proprietà dei fratelli Regan, pastori su vasta
scala, ricchi ma dediti a una vita primitiva, dura e frugale, in lotta con la
calura feroce e la siccità, in una situazione etica insolita, in cui la moglie
di uno dei due fratelli, dopo aver avuto dei figli tanto dal primo marito,
quanto dal secondo, il primo dei due fratelli, Tom, si unisce al secondo
fratello, Pat, senzza sposarlo, e vivono tutti insieme, tra parecchi figli
bianchi e alcuni mulatti, nati da precedenti unioni dei fratelli con donne
aborigene.
Con riferimento alla vita dei Regan e al tipo di attività
e livello di sviluppo, la zona australiana, che nel romanzo viene denominata
Lunatic, è meglio definita dal titolo inglese: Beyond the Black Stump, al di là del ceppo nero, ovvero del punto
convenzionalmente indicante in Australia la fine delle zone in qualche modo
urbanizzate e l’inizio della vita selvatica.
Molly, una delle figlie di Pat, è cresciuta in questa
situazione, con una cultura impartita, intelligentemente, da un ex giudice che vive
sulla sua proprietà e in parte dalle scuole, e una personalità al contempo
giudiziosa e sincera. L’attrazione di lei per il consumismo statunitense, ancora
non esistente nel Western Australia a quel tempo, e l’interesse di lui per la
sua personalità e bellezza, li portano l’uno verso l’altra.
È l’incontro di due culture, il cui esito resta in
sospeso fino alle ultime pagine. Quando Molly va nell’Oregon a conoscere i
futuri suoceri, viene trattata con gentilezza, ma presto si determina il
pregiudizio della provincia statunitense sui fratellastri e sorellastre di
colore della ragazza, per esempio, e su altri fattori discriminanti.
Stanton, frattanto, con onestà, racconta la propria
storia di adolescenza a Molly. A sedici anni, in un periodo diciamo di “gioventù
bruciata”, aveva giocato con amici al gioco rischioso di scontrarsi con la
macchina contro la macchina di altri giovani: in una collutazione con l’auto di
Stanton, una ragazza era morta mentre partecipava al gioco. All’ospedale si era
scoperto che un’altra ragazza ferita nello stesso gioco, Ruth, era incinta:
sicuramente di Stanton, ma aveva indicato come padre un altro ragazzo della
compagnia, Chuck, decidendo di sposare lui. Stanton si era ravveduto, non
toccava più alcool e si era avviato seriamente a una professione rispettabile,
lavorando con scrupolo. Ciò che stupisce Stanton è la mancanza di falso
perbenismo di Molly: non la offende che il futuro marito, a sedici anni, avesse
avuto un figlio da un’altra, ma che lui non si renda conto di avere ucciso una
ragazza investendola e attribuendo la responsabilità alla casualità, a un
incidente.
La situazione è trattata dall’autore con civiltà e
delicatezza. I sentimenti di Stanton e Molly sono contraddittori. Lei alla fine
decide di non sposarlo perché capisce che appartengono a due mondi diversi, gli
consiglia anzi di unirsi con Ruth, rimasta frattanto vedova. Stanton pensa che
Molly si fidanzerà con David, un inglese innamorato di lei e che vive su una
proprietà particolarmente arida, confinate con la sua, e prima che riparta per
l’Australia, non senza generosità, le regala una cartografia delle trivellazioni,
che ha riscontrato l’assenza di petrolio, ma la presenza abbondante di acqua in
vari punti della fattoria dell’inglese.
L’incontro di culture è simmetricamente raddoppiato da un
racconto dentro il racconto: i fratelli Regan erano nazionalisti irlandesi che
avevano partecipato all’insurrezione del 1916 e ai fatti storici degli anni
successivi, sempre in funzione antinglese, mentre il padre di David faceva
parte dei Black and Tans. Pur appartenendo a due tradizioni contrapposte, tanti
anni dopo quelle vicende, in Australia, è possibile una convivenza e un mutuo
soccorso nato dall’umanità che li accomuna e dalle esigenze di sopravvivenza.
È un romanzo al contempo di avventure e di riflessione.
[Roberto Bertoni]