Siena,
Barbera, 2013
Questo romanzo breve racconta la storia di un
processo in base al quale a Petronia Giusta, figlia di una liberta, viene
riconosciuta la nascita in condizione di libera, da padre romano, col che si
sfatano le trame contro di lei per spodestarla dei beni e della dignità. Il
risvolto di copertina dice trattarsi di un episodio affiorato, nella realtà
storica, dagli scavi dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
La narratrice in prima persona è una pompeiana,
denominata Vibia Tirrena. Il giorno del matrimonio della figlia, Giusta tenta
il suicidio per l’oppressione della propria sorte. Impietositasi, Vibia la
aiuta a ripristinare la verità.
Il linguaggio è integralmente colloquiale e contemporaneo,
per cui questa storia, per come è narrata, potrebbe essersi svolta nell’antichità,
come pure, fatte le dovute differenze di apparati giuridici e di casistica
culturale, ai nostri giorni.
Certe esclamazioni, per esempio, sopprimono ogni
collocazione storicizzata. Troviamo sintagmi modernizzanti, tipo: “Oh mammamia!”
(p. 17); un “bel salone vista mare” (p. 27); “State attenti ai borsellini” (p. 83);
e così di seguito. Non sappiamo quanto questa attualizzazione esasperata sia di
buon auspicio per la rievocazione del mondo classico.
Del resto non è l’unico romanzo di questo tipo
nella resipiscenza dell’antichità all’interno della tarda modernità. Si vedano
certe riduzioni televisive; romanzi concepiti come quelli di Harris; eccetera.
[Roberto Bertoni]