23/10/14

Claudia Peres, URSINAMENTE



Mnamon.it, 2013

Nel 1997 Claudia Peres era stata inviata da una rivista di viaggi a fare un reportage su una piccola isola del Mediterraneo. In quel periodo e anche successivamente viveva a Londra e, per lavoro e per piacere, aveva girato molto visitando isole nel nord dell’Europa, Norvegia, Scozia, Australia, Nuova Zelanda e parecchio nel Mediterraneo, soprattutto in Grecia: isole grandissime, veri continenti, e isole piccole e piccolissime. Insomma aveva una grande attrazione per le isole, ne era diventata una collezionista, ma non aveva ancora trovato la sua isola. Poi è arrivata a Carloforte e allora la storia ha preso un’altra piega. In realtà non era la prima volta che vedeva l’isola piccola di un’isola più grande del Mediterraneo, come la chiama nel suo libro. Arrivando a San Pietro ha infatti scoperto che era questa l’isola da cui dipendeva il “mal di scoglio”. E allora si è resa conto quest’isola da sempre è stata presente in lei come nostalgia, richiamo, presenza lontana.

C’è un’espressione che ricorre nel libro, “Ursinamente mi presto”, e ce ne sono tante altre, “perché c’è un limite anche per noi orsi”, e così via, frasi che si imprimono nella memoria e che verrebbe voglia di fare nostre perché in qualche modo ci riguardano, anche se il protagonista del libro non è un umano, ma è un orso, anzi Orso con la o maiuscola.

Proprio all’inizio, in pagine a mio parere molto belle, gli orsi sono presentati mentre sfilano nella Città di Mezzo in processione, mentre compiono un rito con una particolare liturgia che è nello stesso tempo anche una grande scena teatrale, dando inizio al gioco che incontriamo nel corso di tutto il libro: basta poco, spostando appena la prospettiva, le cose cambiano, ciò che è serio diventa “ursinamente” divertente, non solo perché per condire la narrazione Claudia si serve di una buona dose di umorismo.

Il rumore che gli unghioni dei plantigradi fanno camminando sull’acciottolato della Città di Mezzo sembrerebbe riportarci a una elementarità che abbiamo dimenticato, è invece uno dei tanti segnali di una vita vissuta all’insegna della multiformità e soprattutto della diversità. La si ritrova inseguendo la varietà dei sapori delle complicate   ricette concepite da un altro protagonista del libro, l’orso Sconvolto: cozze al sapor di liquirizia, cannella profusa a volontà. Altre esperienze sensoriali rivelano quanto articolati e vivi siano i mondi in cui gli orsi camminano, si muovono, alcune volte sollevandosi in levitazione. Canti, canzoni, stoffe, colori, odori, musiche, icone riempiono le case color pastello dall’ariosa architettura dell’isola, i balconi, le terrazze percorsi dal vento di mare, senza dimenticare i racconti nati tra quei vicoli e tramandati di bocca in bocca in quella straordinaria regione della terra che si chiama Mediterraneo.

La leggerezza, uno dei valori che Italo Calvino aveva proposto per il nuovo millennio, e che anche l’autrice fa completamente suo ponendosi sulla scia dei suoi orsi, è sempre accompagnata dal libero arbitrio e dalla responsabilità individuale. Un’altra espressione utilizzata nel corso del racconto, “uso di mondi”, sottolinea che la vita è anche fatta di scelte, di capacità di vedere oltre, di andare oltre i confini di ciò che conosciamo per scoprire altre dimensioni che allargano l’orizzonte, aprono la mente, il cuore e permettono all’anima di alzarsi in volo alla ricerca della felicità che è soprattutto felicità per gli altri.  Il groviglio felice che deve essere difeso dal caos. Non c’è infatti solo una continua estate, dietro la bella stagione è in agguato l’inverno, il gelo, il freddo, la mancanza di luce dell’inverno.  Anche qui gli orsi danno un grande insegnamento agli umani: la necessità del letargo per difendere la mente dal caos, da una condizione di disagio che si potrebbe diagnosticare come depressione, ma che invece prepara la nuova stagione che deve arrivare.

Un analista junghiano di Lugano, Daniele Ribola, ha scritto un libro sul simbolo dell’orso [1], ripercorrendone tutta la ricchezza di significati. Sugli orsi gli uomini nei millenni hanno proiettato la loro ferocia al punto da arrivare quasi all’estinzione; l’orsa è sentita molto vicina dagli esseri umani per il suo amore materno. In generale l’orso viene vissuto come molto vicino all’uomo per la capacità di sollevarsi sulle zampe, per la golosità quando va a cercare il miele, e anche per gesti buffi che compie, come grattarsi la schiena contro gli alberi strusciandosi in un modo molto liberatorio.

Ma c’è anche una vasta letteratura sugli orsi, soprattutto tanti romanzi  in cui i protagonisti sono proprio gli orsi, a partire da La famosa invasione degli orsi in Sicilia scritto e illustrato da Dino Buzzati nel 1945, che mostrano parecchie affinità  e somiglianze con il libro di Claudia Peres. Mettendo a confronto, come fanno tanti altri autori, mondo ursino e mondo umano, e facendo vedere quali sorprendenti aperture e punti di fuga ci si spalanchino di fronte, anche Claudia mostra “ursinamente” punti di vista inaspettati su mondi molto vicini.


[Rossana Dedola]










[1] L’orso e i suoi simboli, Magi, Roma 2013.