Serie televisiva. Cina, 2009. Tratta dal
romanzo di Louis Cha (1961). Con Ady An, He
Zhuoyan, Liu Jing, Liu Shi Shi, Lu Chen, Shi Lei, Zhang Meng.
Siamo
intervenuti un paio di volte sugli sceneggiati tratti dai romanzi wuxia di Cha. Anche questa versione del
2009 non delude per spettacolarità, perizia dei praticanti di arti marziali e
recitazione di buona qualità. Come già in precedenti occasioni, la nostra
preferenza personale va più alla base storica fantasizzata, con personaggi
storici realmente esistiti in alternanza a episodi e figure d’invenzione, nonch alle vicende dei
personaggi e ai combattimenti basati su abilità fisiche reali, piuttosto che agli
effetti speciali, in quanto questi ultimi, se incrementano il fiabesco con personaggi che volano e
imprese mirabolanti, detraggono dall’illusione di realtà.
L’elemento
che fa da pretesto per lo sviluppo dell’intreccio, questa volta, è l’insieme di armi del
titolo, contenente il segreto di un’arte marziale particolarmente efficace e,
se usata in negativo, in grado di diventare letale ed essere utilizzata in funzione
anticavalleresca, distorcendo così l’uso corretto delle tecniche atte invece a preservare
la vita tramite l’autodifesa e il soccorso dei deboli.
La
storia ruota attorno all’eroe Wujii, percorrendone la biografia da bambino in
poi e mettendo in rilievo i vari elementi che lo portano a diventare un giusto
che sa destrarsi con equilibrio nelle avversità e condurre con misura le varie sette marziali cinesi, spingendole a
unirsi, anziché a separarsi, in funzione anche nazionalista antimongola.
La
vita amorosa del protagonista svolge un ruolo essenziale, in quanto le quattro
donne che lo scelgono influiscono sul suo comportamento anche sociale, mettendo alla prova
le doti di equanimità. La prediletta poco per volta diviene Min, di famiglia
reale mongola, che rinuncia nel finale all'ascesa al trono per
salvargli la vita e perseguire un’esistenza basata sull’autenticità del
sentimento invece che sugli orpelli dello status nato dal privilegio.
La
figura della fata e della strega, del resto due facce della stessa medaglia
anche nella fiaba occidentale, si incarnano nel personaggio di Zhiruo, che nelle ultime puntate torna alla
sua più consona parte, impersonando una femminilità dolce e tradizionale che
era stata sconvolta dall’attraversamento del negativo, dei confini del
satanico.
La
struttura psicologica dei personaggi è messa costantemente in evidenza. La
complessità prevale sulla linearità. La parabola è quella di trovare nelle
prove affrontate la capacità di rimanere fedeli a se stessi, individuando di
volta in volta il cammino corretto da seguire in sintonia coi precettti dei maestri tanto mondani quanto religiosi.
La
vicenda principale interagisce con varie imprese laterali, disegnando un quadro
ampio e complesso di azioni, percorsi geografici, atteggiamenti politici.
Sontuoso
e filologico il décor, con interni d’epoca,
costumi colorati, paesaggi, case, templi, regge.
[Roberto
Bertoni]