Londra, Palgrave MacMillan, 2012
Questo volume denso di informazioni e riflessioni e scritto con chiarezza espositiva nonostante le tortuosità dell’argomento trattato, si occupa delle rappresentazioni del Tibet da parte di autori inglesi e tedeschi tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento.
Prende in considerazione studi antropologici,
geografici, sociologici, racconti di viaggio, narrativa, diari e giornalismo.
Appaiono autori noti come Madame Blawatsky, Rudyard Kipling, James Hilton.
Lo sviluppo cronologico è in tre fasi.
Il periodo 1853-1904 vede la “scoperta” del
Tibet da parte dell’Europa, la considerazione negativa del lamaismo nelle
notazioni dei missionari cristiani, la descrizione negativa della popolazione.
Nel periodo 1904-1947, ricompaiono i
pregiudizi della fase precedente, ma con lo iato creato dalla prima guerra
mondiale, per cui dopo il 1918 si determina, nella sconfitta degli ideali di grandeur e superiorità occidentale di
fronte al massacro, una più pronunciata simpatia verso il Tibet, interesse per
il magico e idealizzazione.
Il periodo 1947-1959 è caratterizzato da
predisposizione ecologica, idealizzazione dei fattori mistici, ma soprattutto
dalla presenza cinese e dagli atteggiamenti nei confronti della rivoluzione in
Cina da parte dei vari osservatori.
Non si può sempre parlare di orientalismo a
parere di Neuhaus, anzi gli atteggiamenti occidentali in tutte e tre le fasi sono
caratterizzate in modo plurale e policentrico relativo alle quattro aree
tematiche prese in considerazione nel volume: politica, religione, popolazione
e ambiente. Al fondo paiono comunque definirsi con maggiore chiarezza due
concezioni: una idealizzante e misticizzante, che da del Tibet l’agognata
Shangri La; e una fondata su una maggiore concretezza, ma non necessariamente
accurata nelle conclusioni.
Il Tibet ha spesso rappresentato una proiezione dei desideri socio-religiosi dell’Occidente e un parametro per misurare la validità della modernizzazione.
Il Tibet ha spesso rappresentato una proiezione dei desideri socio-religiosi dell’Occidente e un parametro per misurare la validità della modernizzazione.
[Roberto Bertoni]