Ragazzo d’Atene
sii fedele a te stesso
e al Mistero
[Emily Dickinson]
1.
Per
vivere ho bisogno del mistero
o
ragazzo d’Atene tu soltanto
mi
ascolti e parli con gli dèi seppure
morta
è l’infanzia dei templi e le siringhe
non
di Pan assaltano i recinti sacri
e i
rifiuti di plastica e le cicche
cantano
inni osceni in un casotto.
Lasciatemi
qui a piangere e a imprecare
io
dei balordi sono la vestale
carriera
non seppi fare né il risotto
dissipai
le frecce del mio arco fui
immortale
e sognavo che i sogni
si
sarebbero un giorno fatti carne
grazie
al capriccio di un dio balordo.
2.
Per
vivere ho bisogno del mistero
i
sogni mi difendono dai barbari
che
sempre hanno ragione con l’arma
della
storia che àltera i colori
sfumati
penso a Tanizaki e all’ombra
su
tazze laccate e carta opalescente
per
distinguere l’Oriente e preservarlo
dalla
troppa luce occidentale.
Oscilla
il pipistrello rovesciato
lasciamolo
dov’è alla sua saggezza
nient’altro
c’è da dire alle creature
sempre
al centro di sé sempre padrone
delle
latitudini d’ombra e luce.
Noi,
i barbari arrivati da un pezzo.
3.
Per
vivere ho bisogno del mistero
occhi
di un’altra specie sacre pietre
dipinte
o incise nel buio delle grotte.
Scende
tiepido dal polso alle caviglie
il
mistero delle cerimonie
trattenuto
e sfuggito al presente
perché anch’io m’inchino ancora e tendo
braccia
mani gola e canto a chi non sente
e
non mi vede ora che sono ombra
che
vorrei sanguinasse come un corpo
non
stremato e senza più metafore.
Vorrei
credere un messaggio sacro
l’imprevista
invasione della luce
sul
mio scuro letto addolorato.
4.
L’enigma
in piena luce è l’inciampo
come
all’improvviso una parola
che
si ferma e non può andare oltre
e
solo ci andrà un corpo schiodato
dagli
organi da pulsazioni e fiato
ma
sarà quella la sua scadenza
molecolare?
si vede dicono
luce
luce luce mentre si affonda
e
chissà dove si va in quell’attimo
sarà
bella quella sospensione
che
non dipende da chi ha consumato
il
suo calore fosforo e pensiero
bruciata
male l’unica occasione
distrutto
le mani col giocattolo.