Da
HINDUISMUS UND BUDDHISMUS (1922), trad. fr. HINDOUISME ET BOUDDHISME, a cura di
I. Kalinowski e R. Lardinois, Parigi, Flammarion, 2003
L’impostazione generale del volume è quella di uno studio della mentalità e degli aspetti di razionalizzazione o meno delle religioni intese come fenomeno sociale e visione del mondo in relazione ai ceti intellettuali e agli strati dominanti, clericali e laici. In particolare, rispetto all’Induismo, centrale nell’interpretazione weberiana dell’India è il sistema delle caste collegato alla religione, che prevalse anche quando per un certo periodo di tempo il Buddhismo si trovò in posizione egemone (col re Asoka, il diffusore di questa religione, e per qualche tempo dopo di lui).
La parte
sul Buddhismo corrisponde alla sezione B del capitolo 9 della seconda parte; e
ai capitoli 1-4 della terza parte (pp. 347-465).
Il
Buddhismo viene interpretato come “soteriologia eterodossa” assieme al Jainismo. Il Buddismo antico rappresentò per Weber un’opposizione in definitiva
debole al sistema sociale dominante, non per la sovversiva revisione del
sistema castale e la proclamazione dell’anatman,
o non sé, che metteva in discussione
uno dei principi essenziali, ovvero l’atman
come anima in unione/differenza/coesione col principio universale e cosmico del
bhraman, ma per la prevalenza del
distacco dalla vita comune e l’affidamento conseguente della liberazione alla
figura del monaco e conseguente scarsa importanza del settore laico.
Weber
sottolinea che Asoka fece del Buddhismo una religione di Stato e lo pose al
centro dell’elaborazione giuridica e filosofica, anche ai fini di un “addomesticamento
delle masse” (p. 397), nondimeno questa
religione, proprio per la scarso sviluppo di una prfesenza laica capillare, non
sopravvisse, mentre si diffuse, a partire dallo stesso periodo e in ondate
successive, in altri paesi asiatici, in Tailandia, Cambogia, Laos, Vietnam,
Cina, Mongolia, Corea, Giappone, ivi resistendo per varie ragioni, tra le quali
l’adattamento alle culture locali, la costruzione di un laicato partecipe delle
questioni religiose, ma anche una soteriologia che si potesse rivolgere all’immaginazione
popolare con elementi in parte magici e rituali oltre che con l’esempio etico
dei religiosi e tramite la filosofia della non violenza e dell’aspettativa di
un futuro migliore, aspetti che, in Cina, furono una delle ragioni dell’opposizio0ne
confuciana assieme a un presunto moto verso l’inazione del Buddhismo.
In
particolare, a parere di Weber, nella versione mahaianica, venne ripresa la concezione
brahmanica antica dell’illusione cosmica; e fu focalizzata la figura salvatrice
del bodhisattva, con una più evidente
concezione dell’altruismo che poteva rivolgersi con chiarezza alle grandi
masse, per lo meno dopo la prima diffusione a opera di intellettuali e la
propagazione tra gli strati popolari.
[Roberto
Bertoni]