31.
Madre, eccelso caso
di perdita, madre d’occaso
del romanzo spento dove s’incontrano
la litania del verbo e la bisaccia del santo.
i venti vanno a zonzo per ipocriti
velieri dove la fata è stata decapitata
e i mozzi sono gli assassini di creature
senza nidi di vespe. dove lo scalpello
del marmo è solo vuoto indice
esonero di statua. il profugo del vento
è un ragazzone alato ma non per
questo felice. le dimore del sudario
accessi per appieno morire
dopo la resina del sangue che trattiene.
dizionario d’età stare smunte
agavi di sensi dolorosi. hai la voce
mortale di chi muore già zitta
stanti le cilecche delle parole.
Madre assoluta veglia del mio vivere
torna da me nel lutto la mia mamma
regina favolistica chissà.
32.
un giorno passerò a dirti addio
sotto il plagio delle forze
la foga oscura del pagliaccio vuoto.
dal gorgo della notte che m’impaura
guardo le stoffe degl’indovinelli
le villanie a segugio del mio angelo.
latrano i cani le infamie del dì
quando schiantati lungo i binari
chissà se finiscono il tunnel.
sotto scacco i bastoni dei vecchi
hanno il patema delle lettighe
le mani smunte di chiunque siano.
sotto le ore di guardarti attorno
sprechi la vita di non darti
né al redentore né al solitario.
attori desti comandano salite
verso le giostre delle cornucopie
che invitano giovinezze le defunte
furenti di tetano le morte.
oggi mi attesto in un convento di cicale
dove l’avvento delle belle storie
l’allegrezza del vento mi romanza
per domenica l’ammanco di letizia.
33.
qui ti fa gola il sillabario smunto
questo canuto antefatto del dado
quando lo tiri in aria soffia il numero
del tirassegno bieco. in meno di una nascita
ti volgi zitto pavone che non sa insegnare
la bella aureola di starsene guardato
da tutti gli astanti torno torno.
in mano alla domenica è strafare
finissimo ricamo di nonna analfabeta
dove non ride il gelo di cometa.
tu non piangi che fegati di cimasa
lassù le case eruttano bontà
per le rondini che girano in pericolo
di botto. così il paese è un sudario
smilzo. sotto il sudario che trabocca
libri per scarafaggi. ormai la casa di Pascoli
predice solo tarli. la tesi di Pasolini è andata
dispersa. così l’alunno spaccato dalle ruote
del cimelio di esistere la morte.
34.
una vita difficile sul letto di morte
quando si abbevera la resina del sale
e le scialuppe non servono a nessuno.
di te ho visto l’acre cerimonia
il lutto acerbo di morire all’alba
quando le bare non chiudono bene.
il brio della rondine continua naturale
nessuno impiglia le vocali in cardi
nessuna consonante sembra vagare.
qui di te io volsi l’aneddoto
così per imparare la castagna glabra
quando nessuno più rosicchia il muro.
le lentiggini che giocano le guance
ammettono ginestre di prestigio
verso i natali delle siepi ginniche.
qui mi manca la canzone per defraudare
la darsena banchiera. vado al mare per morir
di gigli delle dune dove la gente è più
vagamente cattiva e calpesta. questo lutto
che trabocca un airone impazzito sa di
petrolio che impazza sicumere multinazionali.
35.
pietà del sole alto quando si allaga la via
tutto sembra un addio agli occhi
che cresima bestemmia per rivolta.
amor gentile dammi un attimo di tregua
dove si spoglia l’eresia del bacio
con la gestione in apice di perdita.
in bocca alla rimonta della luce
si parla di cicogne ancora attive
buone davvero per lucciole congenite.
in urlo al viottolo del sale
sale la rena con i gigli di sabbia
la bambinaia che accudisce l’eco
delle conchiglie. nei cassetti delle donne
si parla di vendette contro la libertà negata
perché la truffa di starsene a casa
ancora pende sulle spalle vive.
verrà l’occaso che tutto accaserà
nei loculi di sfinge. in mano all’ottica
del sale il giardino dei ricordi si trafela
verso un cipresso padre di coccarda.
Le strofe precedenti di SOQQUADRI DEL PANE VIETO sono uscite sui numeri di marzo, aprile, maggio, giugno, settembre 2012 di "Carte allineate".