In parte fondato su una storia vera, come spiega una Author's Note (pp. 266-67), cioè un falso autore (Ern Malley)
inventato da Harold Stewart e James McAuley in Australia nel 1944, la cui opera
venne effettivamente pubblicata da Max Harris, direttore di una rivista letteraria,
poi messo sotto processo perché ciò che aveva pubblicato era immorale. Nel
romanzo di Carey, il direttore è Weiss, l'inventore del falso è Christopher
Chubb e il falso autore è Bob McCorkle. Già a questo livello si ha una storia,
che Carey usa per demistificare l'establishment
culturale.
Ma va ben più oltre nel concetto di "fake", in quanto a un certo
punto emerge nella vita di Chubb un individuo che dice di chiamarsi effettivamente
Bob McCorkle, uno psicotico che avendo quel nome corrispondente a quello dello
scrittore inventato da Chubb, crede di essere davvero lo scrittore che Chubb ha
creato, si sente nato da Chubb e cerca di impadronirsi della sua vita. A un
certo punto gli rapisce la figlia Tina, che Chubb alleva da solo, essendo essa
nata da un'amante (di nome Noussette) che aveva poi cercato di disfarsene
facendola adottare. McCorkle rapisce la bambina quando ha poche settimane,
cosicché ella gli si affeziona e lo considera il suo vero padre, vanno a vivere
in Malesia. Quando Chubb la ritrova, quattro anni dopo, la ragazza lo respinge;
Chubb cerca senza riuscirci di assassinare McCorkle. Solo anni dopo McCorkle
ritrova Chubb in Australia e gli scrive una lettera: sta morendo, McCorkle va
da lui, lo cura, ma l'altro muore lo stesso, promette di occuparsi della figlia
e della moglie, cosa che fa, da loro umiliato, inoltre messo al bando dalla
piccola comunità del quartiere di Penang in cui vive, che lo ritiene un
fantasma, un hantu.
Chubb racconta tutta questa storia alla narratrice in prima persona del
romanzo, Sarah Wode-Douglass, direttrice di una rivista letteraria; e cerca di
farle avere i manoscritti di McCorkle, presentandoli dapprima come suoi (come
se fossero altre poesie scritte da Chubb sotto lo pseudonimo del falso McCorkle
inventato in gioventù), mentre invece poco per volta si viene a sapere che
queste poesie sono state scritte dal vero McCorkle, che negli anni ha imparato
sei lingue ed è divenuto un vero autore. Però la moglie e la figlia di McCorkle
non vogliono cedere il manoscritto (la figlia non ha mai riconosciuto Chubb
come suo vero padre), cosicché alla fine, fingendo un'aggressione di
malviventi, uccidono Chubb che vorrebbe dare il manoscritto di McCorkle a Sarah.
Contemporaneamente Sarah racconta la propria storia: va in Malesia con un
poeta anziano, Slater, che ha aiutato a suo tempo l'amante di Chubb (la madre
di Tina), e sua stessa amante, a forgiare un certificato di nascita falso, ma
che risulta autentico, per McCorkle. Slater, il tipo "villain" che
però man mano che la storia si dipana si rivela una persona migliore di quanto
sembrasse, era stato, pensava Sarah, l'amante di sua madre e responsabile
indirettamente del suo suicidio dopo averla delusa. In realtà, poco per volta,
la storia di quel suicidio si rivela ben diversa: il padre era omosessuale ed è
per questo che la madre si è suicidata.
Si intrecciano così varie storie di vita e in tempi diversi: il falso di
Chubb è negli anni '40, il viaggio di Sarah e Salter in Malesia negli anni '70,
ma la storia che leggiamo è raccontata da Sarah negli anni '80. La verità
vissuta dai personaggi e quanto è realmente accaduto si mischiano finché la
verità non viene rivelata attraverso un'indagine.
Si mescolano il vero e il falso, la vita e la letteratura nella storia di
Chubb e McCorkle, con la loro identità inoltre mischiata: come un Frankestein,
McCorkle nasce in quanto persona di scrittore e come nuova identità dal falso
letterario di Chubb e si invertono tra loro continuamente i ruoli finché sul
letto di morte McCorkle dice a Chubb: "We are one, you and I"; ed è
in questa occasione che Chubb scopre il titolo del libro di McCorkle: "My
life as a fake" (p. 256).
Una delle motivazioni di questa storia circolare di sovrapposizioni e
identità multiple, non esente dal parodiare il postmoderno coi suoi doppi mentre
se ne impossessa, è che, come nella WASTE
LAND di Eliot, le leggi della realtà si sono infrante e sono state
sostituite da altre procedure: "I first opened the WASTE LAND and found the laws all broken, and in those dazzling
eruptions and disconcerting schisms I saw a world whose dreadful harmonies I
never guessed existed" (p. 134).
[Roberto Bertoni]