[The mobile (London 2011). Foto Rb]
2011. Fotografia: Luca Bigazzi. Musica: François Couturier. Con Giuseppe Battiston, Roberto Citran, Marco Paolini, Rade Sherbedgia, Zhao Tao.
Dichiara Segre, a proposito dei suoi film, di
occuparsi di “realtà apparentemente minori, cui la grande narrazione mediatica
non concede spazio di parola, ma che rappresentano spesso il punto di vista più
importante, più profondo, più umano. È la loro dignità che metto al centro dei
miei racconti” [1].
È proprio questo ciò che più ci ha colpito di IO SONO LI, pellicola che rappresenta uno spezzone sociale di sfruttamento, di
sopravvivenza di mestieri di una fase storica precedente a quella attuale e di
comunicazione tra persone appartenenti a culture diverse.
La laguna chioggina si popola di pescatori all’antica
e al contempo di giovani arroganti e dediti ad attività illegali. Un’associazione cinese organizza gli appartenenti
a lavorare in Italia, ma li costringe a una disciplina precapitalista,
esponendoli a sofferenza.
Le connotazioni dello spaccato
sociale sono realistiche, nondimeno il contrappunto del paesaggio è percorso da
lirismo; e la protagonista recita diverse poesie classiche cinesi, che commentano
la vita confermando
verità universali, mentre riportano a un mondo in cui la modernità non ha campo.
La storia è quella di Shun Li, una
donna cinese che lavora duramente prima in una fabbrica di tessuti, poi in un
bar, per riscattare il prezzo che le consentirà di portare con sé nell’immigrazione
in Italia il figlio di otto anni rimasto in Cina col nonno; e di Bepi, un pescatore prossimo
alla pensione, di origine croata anche se in larga misura italianizzato. Nasce
un’amicizia confinante con l’amore: un sentimento sincero, malvisto
tanto da alcuni dei colleghi di Bepi quanto dalla comunità di Li, la quale si vede
costretta, pena la minaccia di non poter avere il figlio con sé, a interrompere la
frequentazione del pescatore, venendo inoltre trasferita altrove, sempre nel Veneto, dai suoi capi.
Solo con
ritardo Li verrà a sapere della morte di Bepi, che le ha lasciato il capanno di
pesca, da lui reputato la sua vera casa; e che lei brucerà con un rito di
commozione come esequia allegorica postuma dell'uomo.
I soldi per il figlio, infine arrivato dalla madre, provengono da una collega cinese riuscita
a sfuggire al controllo dell’organizzazione che l’ha portata in Italia: prima di andarsene lascia il riscatto per il bambino di Li.
Suggestiva la colonna sonora di Couturier.
NOTE
[Roberto Bertoni]