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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
Address (place of publication): Italian Dept, Trinity College, Dublin 2, Ireland. Tel. 087 719 8225.
ISSN 2009-7123
11/01/12
Lee Kyoo-Man, 아이들 (AIDUL), CHILDREN
[Family on screen (Korea, 2011). Foto Rb]
Corea, 2011. Sceneggiatura di Lee Hyon Jeen e Lee Kyoo-Man. Con Kim Ku-Taek, Kim Yeo-Jin, Jeon Kuk-Hwan, Jo Duk-Je, Joo Jin-Mo, Kwak Min-Seok, Lee Sang-Hee, Park Byung-Eun, Nam Sang-Baek, Park Mi-Hyun, Kwak Min-Seok, Park Yong-Woo, Ra Mi-Ran, Ryoo Seoung-Yong, Seo Ju-Hie, Seo Young-Hwa, Song Dong-Il, Sung Ji-Ru .
Basato su un fatto realmente accaduto, la scomparsa di cinque bambini andati in cerca di rane nel marzo del 1991 nei boschi del Monte Waryong, nella zona di Daegu. Nel 1992, con la speranza di incoraggiare la ricomparsa se fossero stati ancora vivi, era stato già prodotto un film (titolo inglese COME BACK FROG BOYS) diretto da Jo Geum-Hwan. I cadaveri vennero ritrovato nel 2002; e gli indizi spinsero in direzione di un omicidio. Non si trovò però il colpevole; dopo tanto tempo è inoltre caduto in prescrizione il reato.
La pellicola del 2011, che a causa del legame con la realtà ha avuto un’adesione notevole di pubblico in Corea, fornisce una risposta immaginaria alla domanda irrisolta, individuando il colpevole in uno psicopatico abile abbastanza da avere occultato ogni prova. Si viene a sapere chi è soltanto nelle ultime scene, dunque la suspense si mantiene piuttosto elevata.
L’angolazione del racconto è quella di un giornalista televisivo, Kang Ji-seung, che per avere manipolato a bella posta i dati di un documentario naturalistico, quindi per condotta poco etica professionalmente, viene provvisoriamente trasferito da Seul a Daegu, ove si dedica al caso dei bambini sperando nello scoop che gli conferisca il reintegro nella redazione della capitale. Segue dapprima le tesi di un docente, Hwang Woo-hyeok, autopersuasosi che il colpevole sia uno dei genitori tanto da riuscire a farne perquisire e scavare l’abitazione: pista che si rivela falsa e costerà la perdita dell’incarico e il rigetto familiare al professore, oltre che una crisi di coscienza del reporter. Questi, nell’interessarsi al caso, si coinvolge fino al punto di cercare di risolverlo anche anni dopo, con la partecipazione di un ispettore di polizia, e arrivando in questo modo infine al reo.
Non solo la critica implicita all’ineticità frequente dei mass media, ma anche la mancanza di fiducia sociale nelle famiglie, seppure infondata, nonché la domanda su quanto possa essere corretto che un crimine dopo tot anni cada in prescrizione, rendono questa storia problematica.
Il dolore dei congiunti viene al contempo rappresentato con dignità e difficoltà.
La comunità rurale in cui si svolgono le vicende è ripresa nella complessità di attività e reazioni, con realismo di ambienti e di esterni.
Thriller, insomma, non idealizzato e umano, che si avvale di attori e attrici noti e abili.
[Roberto Bertoni]