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A cura di / Ed. Roberto Bertoni.
Address (place of publication): Italian Dept, Trinity College, Dublin 2, Ireland. Tel. 087 719 8225.
ISSN 2009-7123
20/10/07
Priyardarshan, BHOOL BHULAIYAA. (E Kamal Amrohi, MAHAL).
[Indian lady. Foto di Mary Keating]
BHOOL BHULAIYAA. 2007. Con Shiney Ahuja, Vidhya Balan, Manoj Joshi, Akshay Kumar, Amisha Patel, Paresh Rawal, Rajpal Yadav. Musica di Pritam.
Le fiabe devono avere un lieto fine, tradizionalmente, per lo meno; ma quando le fiabe moderne lo hanno, siamo immediatamente pronti a una levata di scudi, perché pare che tradiscano la realtà e sembrano melense, o altro. Proviamo invece ad abbassare le difese e ad accettare lo scioglimento felice. Abituiamoci poi a qualche eccesso melodrammatico, a una facilità un po' semplificatoria dello sviluppo dell'azione narrativa. Con questi due ingredienti accompagnati da uno sguardo incantato e partecipe, anziché disincantato e scettico, avremo Bollywood al meglio, come in BHOOL BHULAIYAA, racconto di fantasmi e di problemi psicologici.
Rifacimento del film in Malayalam MANICHITRATHAZHU (1993), BHOOL BHULAIYAA è la storia di un palazzo stregato, secondo quanto ritengono gli abitanti del luogo, compresa la famiglia altolocata di Siddharth, il quale invece, tornato dagli Stati Uniti con la fidanzata Avni, che sposa, decide, privo di superstizione, di risiedervi. Dettagli costruttori di suspense conducono poco a poco alla ricostruzione dei fatti con l'aiuto di Aditya, uno psichiatra amico. La storia di fantasmi che si narra, legata al palazzo, è quella di Manjulika, una danzatrice della quale si era invaghito un re, che non ottenendone l'amore, fece uccidere l'amante di lei e la rinchiuse in un ambiente dal quale, trasformatasi in fantasma, reclama vendetta. Le cose non vanno, in realtà, così: ciò che accade è che Avni, affetta da doppia personalità senza esserne cosciente, si impadronisce della storia della danzatrice per suoi traumi familiari, identificandosi nella metà malata con Manjulika e trasformandosi come sonnambula in uno spettro. Ci saranno una liberazione e una guarigione dopo che siamo stati messi su una pista sbagliata (credevamo che la donna folle fosse Rhada, un altro personaggio); e in seguito a una falsa vendetta, catartica, inscenata dallo psichiatra.
Se la risoluzione dell'intreccio, in questo lungo film, è piuttosto rapida (e ci ricorda simili scioglimenti hollywoodiani), il motivo della doppia personalità che vi si rivela è di attualità, legato a problematiche freudiane di formazione dell'identità in seguito alla perdita dell'attenzione genitoriale e a proibizioni e distacco da luoghi e affetti nell'infanzia.
La tendenza bollywoodiana a suscitare commozione scatta in questa pellicola quando le "malefatte" di Manjulika si rivelano per quello che sono: dolore, confusione, pena di vivere di Avni. Si propone una cura, non solo psichiatrica, ma di devozione coniugale; torna alla normalità un'altra ragazza, traumatizzata giovanissima da un presunto contatto col fantasma; ci sono speranza e una nuova vita anche per Rhada, che era inizialmente innamorata di Siddharth, dunque rivale di Avni, ma per cuore buono e compassionevole si presta a svolgere il ruolo di finta responsabile delle azioni di Manjulika al fine di salvare la stessa Avni, ricevendo infine una proposta di matrimonio da Aditya (in questa storia ramificata si è frattanto sposata anche un'altra componente della famiglia con un poeta).
Avni si è immedesimata in una leggenda: l'ha fatta propria e l'ha vissuta come una realtà. I miti, le fiabe, i racconti sono gli archetipi dei nostri comportamenti, ci identificano; è però letale non attuare il distacco da quanto in essi scopriamo. In tal senso, oltre che un discorso junghiano di rafforzamento dell'io contro la fuga schizofrenica nelle formazioni inconsce, si ha anche un richiamo alla distanza tra il linguaggio della vita e quello della narrativa, un aspetto insomma letterario.
Aditya sembra per buona parte del film picchiatello e svampito (anche per conferire, assieme ad altri personaggi, una qualche leggerezza di commedia alla narrativa di tema drammatico); è invece competente e savio, secondo il modello del saggio che per modestia non dimostra quello che sa. Un religioso hindù collabora a un esperimento di parapsicologia. Il razionalismo prevale e si lancia un monito contro la superstizione con intento didattico.
In conclusione, chi continuerà a snobbare narrative così complicate dietro la semplicità apparente e dense di motivi di riflessione?
Magnifici gli interni del palazzo. La scenografia del matrimonio è diversa da quelle consuete di Bollywood, variazione gradita. I costumi sono sontuosi e d'epoca. Qualche spezzone di danza khatak con la canzone MERE DHOLNA SUN, la nostra preferita in questo film; ci è piaciuta, orecchiabile, anche un'altra canzone, LABON KO. Gli attori sono tutti bravi; se proprio si vuol fare una graduatoria, prevale forse Vidhya Balan per la presenza vitale sullo schermo.
Si potrà infine comparare brevemente l'intreccio di BHOOL BHULAIYAA con MAHAL (1949, regia di Kamal Amrohi, interpreti Ashok Kumar, Madhubala, Kanu Roy, Vijayalakshmi). Il protagonista, Shankar, va ad abitare in una casa il cui precedente proprietario gli somigliava (come si vede da un ritratto) ed era stato coinvolto in una storia d'amore con Kamini, mancata in un incidente sul fiume tornando alla propria casa. Pare che il fantasma di Kamini popoli la casa; e Shankar se ne innamora. L'amico Shrinat cerca di distogliere inutilmente dalla sua ossessione Shankar, il quale si sposa con la donna alla quale è promesso, ma non sa trattarla con affetto e umanità, perseguitato com'è dal ricordo di Kamini, da cui torna quando crede che la moglie si sia suicidata. La finta suicida assiste alla scena di un chiarimento tra Shankar e Kamini; e resasi conto dell'amore di lui per la rivale, decide per disperazione e per vendetta di avvelenarsi accusando il marito di averla uccisa. Nel corso del processo emerge la verità: era stata Asha, la figlia del giardiniere, come apprendiamo solo verso la fine del film, a impersonare Kamini trasponendo sulla storia di quella donna morta tempo prima il proprio desiderio di essere amata perdutamente. I due sono di nuovo separati dal loro triste destino in quanto Shankar viene condannato. Il giorno prima dell'esecuzione, Shankar chiede che Shrinat si sposi con Asha immediatamente, per facilitare un ritorno sereno e un incontro possibile con la ragazza in una vita futura. Così avviene; ma questo gioco col caso e con la predestinazione si risolve in tragedia e in separazione definitiva dei due innamorati quando, liberato per l'acquisizione di prove di innocenza all'ultimo momento, Shankar arriva troppo tardi alla casa in cui i due novelli sposi per obbedirgli si stanno insediando; lo stronca un infarto. Si vede che la fabula presenta somiglianze col film recente nei motivi narrativi: la casa presunta stregata, il fantasma falso che invece nasceva per opera di un vivente: si tratta di noir innestati sul repertorio magico-favolistico tradizionale. Sul piano archetipico in entrambi i film notiamo la proiezione junghiana dell'Anima nella forma femminile fantasmatica, anche se più freudiano è questo aspetto in BHOOL BHULAIYAA. In MAHAL, tuttavia, oltre alle ombre melodrammatiche, veniva complicato l'intreccio col motivo della reincarnazione, le problematiche del destino e della casualità e l'intrigo etico della fedeltà coniugale: erano così rispecchiati i valori dell'epoca in cui la pellicola andava sullo schermo. È invece lieto fine e svelamento con risoluzione nella più leggera commedia contemporanea (postmoderna?) di BHOOL BHULAIYAA. Di MAHAL, per concludere, si ricordano l'interpretazione notevole di Ashok Kumar (ipnotizzato dallo spettro e dall'innamoramento e perso un po' come il protagonista di REBECCA di Hitchcock) e di Madhubala (composta e fatale allo stesso tempo, con espressività malinconica delle labbra e degli occhi, fu uno dei film che la resero illustre); e tra le canzoni, cantate da Lata Mangeshkar: AAYEGA AANEWALA (il motivo conduttore, il cui ritornello è "Ritornerai mio amato") e HAI YE MERA DIL ("O mio cuore fragile", sul tema del cuore trafitto, gli appelli inascoltati e i versi "Chi mi ha devastato? Il mio cuore dice i miei occhi e i miei occhi dicono il mio cuore") [1].
NOTA
[1] Una recensione interessante di MAHAL è a http:// www.upperstall. com/films /mahal.html. Le canzoni in formato video su U-Tube: http:// www.youtube.com/ watch?v= XIzV4jRReoQ.
[Renato Persòli]