15/09/07

Toni Maraini, LA LETTERA DA BENARES

S'intessono in questo libro (Palermo, Sellerio, 2007) trame ben visibili che stringono un padre a una figlia, col legame naturale dell'amore certamente, ma anche con i variopinti fili di conoscenze ed esperienze culturali così diverse e complesse che su quei dati un racconto dall'andamento romanzato non sarebbe infine possibile. Manca, o a prima vista resta invisibile, il luogo dove i rituali di un'affinità si svolgono. Le parole semplici e affettuose di biglietti e lettere brevi registrano il luogo da cui parte il messaggio verso un luogo lontano, l'attività che il mittente sta svolgendo, con l'inserzione di alcune frasi di lessico, non direi familiare, ma intimo, speciale, da quel padre a quella figlia, la minore, quella delle tre che riconosce nella sua passione di vivere in parti diverse del mondo, un'eredità specialmente paterna.

Lo stile del libro è necessariamente ellittico, perché fa riferimento a più di cinquanta anni di storia, vissuta tra Estremo Oriente ed Estremo Occidente, le radici del cuore e della mente, almeno da un certo punto in poi, saldamente radicate nella zona sud del Mediterraneo, a fare propri la cultura e le ragioni dell'Altro.

Per questo il grande amore e il rispetto che porta al padre, non esonera Toni Maraini dal dimostrare una divergenza importante sul modo di confrontarsi ai fatti dell'11 settembre. Per Fosco quella tragedia ribadisce una differenza insanabile tra cultura Occidentale e Islam, per Toni che da occidentale ha serenamente vissuto lunghi anni della sua vita in un paese arabo, il Marocco, quel giudizio risulta pregiudiziale, emotivo e in definitiva, non seriamente motivato. Racconta molto dell'autrice questa volontà di "affrontare" il genitore non specialmente sui temi, sempre veri e sempre parziali, della lontananza, della carenza d'amore, quanto sulla capacità di usare i propri mezzi intellettuali per prendere posizione – fondata, certo, e non aggressiva – sui fatti del mondo.

Già precedentemente Toni Maraini aveva dedicato, pubblicandolo sempre con l'editore Sellerio, un libro a sua madre Topazia Alliata, al suo talento artistico, alla sua forte personalità e infine alla sua capacità di riconoscere tra i tanti artisti che ha incontrato quelli di sicuro valore. Ora, scrivendo il libro dell'ascendenza paterna, parlando del padre, della famiglia di lui, della sua cultura antropologica, Toni – anche lei, oltre che scrittrice, antropologa e critica d'arte – accetta di porsi, come l'interprete originale di questa duplice preziosa eredità.

In questo libro così fitto di ricordi, di eventi, di idee, tra i quali non a tutti sarà facile districarsi, ho sottolineato due paragrafi carichi di particolare emotività, che da soli potrebbero essere il seme di nuovi romanzi. Il primo è là dove Toni parla dell'imbarazzo che le ha procurato talvolta la sua condizione di sorella di una scrittrice universalmente nota, il secondo quando racconta del lavoro di catalogazione degli oggetti, dei libri e dei fogli lasciati dal padre, in compagnia delle tre donne della generazione successiva, le sue due figlie e Yoi, figlia di sua sorella Yuki. Questo racconto pacato, di un'attività importante e umile, in cui si possono immaginare scoppi d'entusiasmo in un lago di faticosa noia, mi è sembrato, ripeto, il piccolo romanzo celato, della devozione e della eredità culturale.

In questo episodio il ritratto dell'autrice acquista la sua luce più originale, una personalità che mi ha fatto pensare all'ottimismo e la forza di volontà dei primi monaci benedettini, nel disastro della decadenza. Sì, avverto in Toni Maraini il primato di un'etica razionale e ragionevole, la volontà di diffondere i valori in cui crede, una consapevolezza di cui troppi hanno deciso di fare a meno, perdendo e facendo perdere al mondo la varietà meravigliosa dei suoi significati.


[Piera Mattei]