17/09/07

Andrea Zanzotto, ETERNA RIABILITAZIONE DA UN TRAUMA DI CUI S’IGNORA LA NATURA

Intervista a cura di L. Barile e G. Bompiani, Roma, Nottetempo, 2007

Zanzotto riflette sull’idea che la vita sia un “tentativo senza fine di superare un trauma sconosciuto” (p. 9), che costituisce una “trasformazione in termini laici dell’idea di peccato originale”, precisa con l’aggiunta di un “forse” (p. 16).

Anche in questi pensieri in prosa, come già nella sua poesia e nei saggi, si assommano varie possibilità tanto delle parole quando dei materiali ideativi e di vita concreta che le presuppongono; il riferimento è così anche a un evento realmente accaduto: un incidente del 2005 (p. 17).

Al contempo il poeta dichiara, con la specificazione “volendo infiocchettare un po’ la cosa”, che il trauma è poi anche (soprattutto? chiede il recensore) “il vissuto poetico, il vissuto della poesia, la preparazione della poesia, e poi i vari tentativi di ricevere un’ondata positiva e comunque creativa” (p. 18), con uno sfondo psicanalitico (Freud e, per il linguaggio, Lacan) che è da sempre proprio di questo scrittore, il quale si riferisce al trauma originario come un rapporto di “continuo confronto”, un “continuo autoprocesso” (p. 20).

La riabilitazione è la poesia nonché “il vissuto che è connesso al farsi continuo della poesia” (p. 31).

Ricorrono su questo filo di riflessione altri motivi di Zanzotto, quali la guerra, la devastazione del paesaggio, la possibilità dell’entropia, il correre del tempo tradizionale e del suo odierno mutamento, infine la variabilità poliedrica delle angolazioni da cui si scrive: “[…] non si ha un punto fisso da cui guardare le cose” (p. 87).

Così pertinente è l’intervista rilasciata da Zanzotto per la società della tarda modernità, per la vita degli individui, per la complessità della funzione rappresentata dalla letteratura.


[Roberto Bertoni]