13/04/19

Massimo Marasco, L’ANNUNCIO



["Like a window on an outside world" (Portovenere 2018). Foto Rb]

Massimo Marasco, L'annuncio. Sottotitolo: Il mito del popolo nuovo. Presentazione di Silvia Montefoschi. Milano, Zephyro, 2003

Nelle Stazioni Orbitali dopo la Grande Catastrofe intervenuta sulla Terra, R, dipendente del Dipartimento per la Ricostruzione Culturale, è incaricato di ascoltare la testimonianza di un sopravvissuto, M, il quale gli racconta la configurazione geografica, sociale, politica e la storia letteraria di uno Stato denominato Jeckpolis come la sua capitale, situato in Nord-America ma non negli USA, sede del popolo dei Finni, di cui nel corso del libro apprendiamo la lingua e la mentalità. Si scopre verso la fine che questo Stato era stato inventato di sana pianta, nondimeno R lo produce come memoria valida del passato terrestre in quanto, sebbene i Finni non siano mi esistiti, la testimonianza di M “parla di un popolo veramente straordinario, che ha dato vita a istituzioni politiche e sociali uniche, forse le più avanzate del mondo di prima della Grance Catastrofe, nonché a una cultura che ha aspetti filosofici, musicali e letterari all’avanguardia” (p. 361).

Nelle centinaia di pagine precedenti, che compongono ciascuna le tessere di ampio mosaico, invece di una narrazione distesa convenzionale abbiamo letto i sunti di varie opere e i commenti a testi al contempo intellettualmente impegnativi e commoventi, una sorta di enciclopedia della realtà immaginaria costruita da Marasco, sulla base di proprie riflessioni e, si direbbe, spigolature culturali nel mondo del Nord-Europa scandinavo e gaelico forse in prevalenza, ma non senza escursioni in altre culture.

In parallelo a storie terrestri, come il Dinamic Man di Marasco, emerso dal Superman del noto fumetto reale, ma orientato a fini politici contrari a “un possibile indebolimento della compagine sociale dello stato finno, basata sull’autogestione, che avrebbe causato l’asservimento di Jeckpolis alla super-potenza statunitense” (p. 288).

In rapporto parodico anche, per esempio, il vampiro finno, nel romanzo intitolato appunto Il vampiro, di uno scrittore immaginario di nome Belobromavchenko. L’autore viene definito “un disadattato, incapace di vivere in una società che non rispecchiava affatto l’armonia e la perfezione a cui tendeva” (p. 224). Il suo personaggio “irrompe in quel mondo vuoto e superficiale”, mettendo in rilievo “il significato profondo dell’arte” e la “profondità dei […] sentimenti” (p. 225).

[Roberto Bertoni]