Massimo Marasco, L'annuncio. Sottotitolo:
Il mito del popolo nuovo. Presentazione di Silvia Montefoschi. Milano, Zephyro,
2003
Nelle Stazioni Orbitali dopo la
Grande Catastrofe intervenuta sulla Terra, R, dipendente del Dipartimento per
la Ricostruzione Culturale, è incaricato di ascoltare la testimonianza di un
sopravvissuto, M, il quale gli racconta la configurazione geografica, sociale,
politica e la storia letteraria di uno Stato denominato Jeckpolis come la sua
capitale, situato in Nord-America ma non negli USA, sede del popolo dei Finni,
di cui nel corso del libro apprendiamo la lingua e la mentalità. Si scopre
verso la fine che questo Stato era stato inventato di sana pianta, nondimeno R
lo produce come memoria valida del passato terrestre in quanto, sebbene i Finni
non siano mi esistiti, la testimonianza di M “parla di un popolo veramente
straordinario, che ha dato vita a istituzioni politiche e sociali uniche, forse
le più avanzate del mondo di prima della Grance Catastrofe, nonché a una
cultura che ha aspetti filosofici, musicali e letterari all’avanguardia” (p.
361).
Nelle centinaia di pagine
precedenti, che compongono ciascuna le tessere di ampio mosaico, invece di una narrazione distesa convenzionale abbiamo letto i sunti di varie opere e i commenti a testi al contempo intellettualmente
impegnativi e commoventi, una sorta di enciclopedia della realtà immaginaria
costruita da Marasco, sulla base di proprie riflessioni e, si direbbe,
spigolature culturali nel mondo del Nord-Europa scandinavo e gaelico forse in
prevalenza, ma non senza escursioni in altre culture.
In parallelo a storie terrestri,
come il Dinamic Man di Marasco, emerso dal Superman del noto fumetto reale, ma
orientato a fini politici contrari a “un possibile indebolimento della compagine
sociale dello stato finno, basata sull’autogestione, che avrebbe causato l’asservimento
di Jeckpolis alla super-potenza statunitense” (p. 288).
In rapporto parodico anche, per
esempio, il vampiro finno, nel romanzo intitolato appunto Il vampiro, di uno scrittore immaginario di nome Belobromavchenko. L’autore viene definito “un
disadattato, incapace di vivere in una società che non rispecchiava affatto l’armonia
e la perfezione a cui tendeva” (p. 224). Il suo personaggio “irrompe in quel
mondo vuoto e superficiale”, mettendo in rilievo “il significato profondo dell’arte”
e la “profondità dei […] sentimenti” (p. 225).
[Roberto Bertoni]