Questo libro è motivato dalle idee sbagliate che
circolano, non solo sui cosiddetti social,
riguardo il fascismo. L’autore si domanda:
“Perché
è importante contrastare questo particolare tipo di fake news?
Perché la storia, e il ricordo che ne deriva,
hanno un peso consistente nella continua costruzione della memoria di ognuno:
se le fake news sul presente fanno
presa sulle opinioni, che giustamente cambiano a seconda degli stimoli, le fake news sui fatti storici avvelenano
l’immenso campo di esperienze, valori ed emozioni su cui costruire l’immagine
del passato”.
I vari capitoli si occupano di temi quali la
previdenza durante il fascismo, le bonifiche, l’economia, il razzismo e altro,
tutti temi su cui di recente si è assistito a tentativi di rivalutazione del
ventennio in generale e dell’operato del dittatore in particolare.
Le argomentazioni di Filippi sono documentate da
elementi storici, in particolare, in molti casi, la dimostrazione che provvedimenti
come la previdenza sociale erano iniziati nell’Italia liberale; e dalla dimostrazione,
dati alla mano, che l’economia italiana, per esempio, non migliorò, bensì
peggiorò durante il fascismo:
“Da questi dati si ricava una
risposta piuttosto chiara rispetto alla domanda se il fascismo abbia portato
l’economia italiana ai massimi livelli: no, al contrario. Il regime non riuscì
ad affrontare con misure efficaci la crisi mondiale, e anzi azzoppò la
possibile ripresa. Il divario tra il reddito medio di un italiano e quello
degli abitanti degli altri paesi europei sviluppati, già piuttosto ampio
all’inizio della dittatura, si allargò ulteriormente a causa delle politiche
del governo Mussolini”.
In altri casi si trattò di “silenziare”:
così nel caso dei famosi treni puntuali, informazione nata dal silenzio imposto
su notizie inerenti a “offesa al prestigio dello Stato o dell’autorità o
offesa del sentimento della nazione”. Simile il caso della mafia,
dopo il prepensionamento forzoso del prefetto Mori che la combatté
efficacemente.
Sembra strano a chi qui scrive che ancor oggi
si debba intervenire per sfatare idee distorte come quella del “fascismo dal
volto umano” e di un presunto “non razzismo”, in quanto, come scrive Filippi, “la
maggior parte delle osservazioni potrebbe arenarsi già di fronte al fatto che
il fascismo si adoperò a comprimere coscientemente le libertà civili degli
italiani: libertà di pensiero, di espressione, di associazione, di movimento”,
che “furono tutte sistematicamente perseguitate”. Quanto al razzismo, non bastano
la promulgazione delle leggi razziali, la deportazione, le testimonianze dei
sopravvissuti e degli osservatori internazionali?
E il pregiudizio di un “fascismo onesto”?
Filippi, oltre a fornire dati sulla corruzione del periodo fascista,
giustamente insiste sul “rapporto del fascismo con la legalità: strumentale. La
legge andava rispettata se utile a reprimere oppositori e non conformi; andava
invece ignorata se ostacolava le mire del regime. Infine, andava riscritta se
si opponeva troppo chiaramente alle ambizioni del duce”.
[Roberto Bertoni]