In La scopa di Don Abbondio: Il moto violento nella storia.
Bari-Roma, Laterza, 2018, pp. 13-19
Merito di Canfora è chiamare le cose
col proprio nome, definendo le ideologie politiche della destra populista attuale
come “fascistiche” (p. 15).
Canfora sottolinea che, se una
presa del potere fascista come quella di Mussolini è improbabile nell’era
contemporanea, esiste un “fascismo regime” e un fascismo post-1945 con la “capacità
di riproporsi in forme aggiornate ben al di là delle formazioni esplicitamente
neofasciste e perciò marginali” (p. 13).
Si tratta del “modo di affrontare
la società di massa mobilitando e coinvolgendo le masse, e ottenendo consenso mescolando
sciovinismo (da lanciare contro falsi
bersagli) e welfare (purché
compatibile con la parte più disinvolta e politicizzata del grande capitale)”
(p. 14).
Tale operazione è stata
facilitata dalla scissione tra “sinistra” e “popolo”, dato che la “sinistra”, messa tra virgolette da Canfora, non ha saputo dare
risposta al disagio dei cittadini nei confronti dei sacrifici imposti dalla
moneta unica e alle preoccupazioni relative all’immigrazione: “nella
abdicazione della ‘sinistra’ ai compiti e ai fini per cui sorse, sono i nuovi
movimenti fascistici pronti a lucrare su un disagio vero (e senza prevedibile
riscatto). L’istanza di maggiore ‘giustizia sociale’ è stata regalata alla
destra” (p. 15).
La Lega ha fatto propria “l’istanza
antielitistica” e preme sul tasto demagogico della xenofobia, mentre l’“ex
sinistra (En Marche in Francia e PD in Italia) si è assunta il ruolo di
puntello dell’élite sedicente europeista” (p. 17).
La conclusione di Canfora è che “l’odierna
paralisi italiana è molto istruttiva. È il segnale più chiaro della fine del
ciclo della ‘democrazia politica’ otto-novecentesca, e al tempo stesso prova
che il moto dell’‘eterno fascismo’ - come lo definì Eco - non dà segni di
esaurimento” (p. 19).
[Roberto Bertoni]