[Portraits of a whole life? (Paris 2017). Foto Rb]
Han Suyin, DESTINATION CHUNGKING, 1942. Harmondsworth, Penguin, 1959
Abbiamo già parlato di un libro di Han Suying,
A Many-Splendoured Thing, in cui ci aveva colpito la capacità narrativa
quanto quella di rendere una cultura e una società con partecipazione emotiva e
obiettività al contempo, caratteristiche che troviamo anche in questo volume,
più direttamente autobiografico, eppure testimonianza di un periodo storico
tragico per la Cina, gli anni 1938/1941, che la narratrice, di famiglia agiata,
visse, dopo un soggiorno di studio universitario inglese, assieme al marito Pao, tornato in Cina per arruolarsi nell’esercito
nazionalista e che sposò all’età di ventuno anni, nelle zone detenute dal
Kuomintang, vivendo la ritirata dello Stato Maggiore di Chiang Kai-Shek, cui
Pao era assegnato, sotto i bombardamenti giapponesi, ad Hankow, Kweilin e
appunto Chungking, trascritte oggi come Hankou, Kweilin e Chongqing.
Non solo assistiamo alla sensibilizzazione di
quel ceto intellettuale verso l’idea di antimperialismo e salvezza nazionale, raccogliendo
l’eredità ideologica di Sun Yat-Sen, che portò Ann Suyin in quel periodo a
simpatie nazionaliste, ma in contrapposizione alle destre del Kuomintang, tanto
che il libro termina con una lode della resistenza e del ruolo sociale
determinante dei coolies, intendendo
con questi il popolo, le classe non privilegiate; e in seguito l’autrice
esprimerà simpatia per i risultati di emancipazione ottenuti sotto la Cina
maoista. che per ora, però, resta in sottordine, citata senza condanna, ma come
una soluzione non preferibile alla democrazia.
Le pagine sul bombardamento giapponese di
Chungqing, uno degli episodi più ingloriosi dell’occupazione, dato che vennero
per mesi intenzionalmente bombardati gli insediamenti civili cinesi, alternano
la descrizione delle sofferenze alla vita quotidiana del tempo di guerra, con
una galleria di personaggi che rappresentano diverse posizioni mentali e
sociali.
Il libro, scritto in inglese, nato da
frammenti inviati a persone amiche in Inghilterra, mantiene la volontà di parlare
della cultura materiale e delle istituzioni, con capitoli rivelatori come il
decimo sulla famiglia cinese esemplificata dalla famiglia allargata dell’autrice.
Si realizza così il progetto di allargare la tematica:
“I had thought to write in
this book only of Pao and myself, caught in the turmoil of war-time China. It
would be the story of two Chinese typical of many millions, our life and experiences
differing in detail but in broad outline the story of our people. But I find that
I cannot make this a faithful reflection of China unless I tell of the Big
Family which is the unit of Chinese life” (p. 148).
Che senso ha la scrittura memoriale:
“Casting back mind and body to
eleven years ago, to myself as young in Chungking at war, I recall the world as
it was, a solid one; words of assured meaning; ends self-evident, right, and
honourable; doubt a grievous offense against oneself and others; virtue, and
faith, carrying one through hunger, pain, and trouble. One was sur to live to
laugh again, to enjoy life in spite of present trouble and the ever-recurring
theme of bombing which accompanied each sunny day, everything was surely going
to come right in the end” (p. 7).
[Roberto Bertoni]