11/07/18

Banana Yoshimoto, LE SORELLE DONGURI


["Why was I thinking of a Japanese garden while looking at that plant behind the bamboo reeds?" (La Spezia, 2018). Foto Rb]


Banana Yoshimoto, Le sorelle Donguri. Prima edizione giapponese 2010. Traduzione di G.M. Follaco. Milano, Feltrinelli, 2018


Le sorelle Donguri, il cui appellativo deriva dalla fusione dei nomi reali di due sorelle, Donko e Guriko, esistono solo online su un sito che hanno creato per rispondere a quesiti, per lo più personali, di persone varie e consigliarle nella risoluzione dei loro problemi.

La modernità in rete si associa così all’atto pietoso, già della cultura di un tempo della solidarietà; e facente parte dell’etica buddhista.

La storia è narrata dalla sorella minore, che assiste alla vita emotiva della maggiore, coinvolta in storie sentimentali, l’ultima delle quali, platonica, con un ragazzo coreano, mentre lei stessa ceca di affrontare e risolvere il lutto per la morte del proprio fidanzato.

Sembra che i drammi non esistano in questo mondo di solidarietà tra le due giovani, invece affondano nel passato di un’infanzia e adolescenza orfana, sfociata infine rifiuto degli zii che le avevano adottate, trattandole con ogni riguardo, ma rappresentando un mondo di classe sociale superiore rifiutato dalle due ragazze, per cui esse si trasferiscono a casa del nonno e ne ereditano la casa dopo il suo decesso.

Piccole sensazioni che rivelano una tristezza autentica; la ricerca, ciò nonostante, di una condizione di leggerezza” (p, 13); “l’idea che la realtà rifletta il nostro mondo interiore” (ibidem).

Più in esteso, questa filosofia:

“Se penso a quanto sia effimera la nostra esistenza in mezzo a questa enormità di informazioni, al torbido risentimento che alcuni ci riversano addosso senza neanche conoscerci, o alla gratitudine incondizionata e calorosa di altri, in questo mare sconfinato mi rendo conto che, in termini di passione, gli uni e gli altri non sono poi così diversi. Tutti noi non badiamo alle cose di poco conto, continuiamo a svolgere come possiamo le operazioni quotidiane […], tiriamo avanti, accettiamo i cambiamenti oltre alla cosa più importante: che siamo destinati a cambiare. […] Tessiamo l’ordito del nostro quotidiano lungo la soglia che divide le funzioni di tutti gli organismi viventi e la coscienza che percorre l’universo” (p. 15).


[Roberto Bertoni]