["So Much Like One's Home Town..." (Hong Kong 2017). Foto Rb]
Hong Kong 2017. Con Kin-Ping Leung, Michael
Ning, Joe Odagiri, Angela Yuen, Jeff Yiu, Tony Tsz-Tung Wu
È un film sulla
speculazione edilizia, la scomparsa di modi di vita arcaici, la maturazione
interiore di una giovane, il segreto di una famiglia.
È narrato con
realismo magico.
Il realismo
consiste nella rappresentazione dettagliata e accurata dell’ambiente esterno,
delle attività di pesca, delle abitudini quotidiane.
Il fiabesco è
riposto nella vita ritirata della protagonista, Ho Zai (interpretata da Angela
Yuen), cui il padre, per risparmiarle verità dolorose, ha detto che è affetta
da una malattia incurabile e morirebbe se venisse esposta ai raggi del sole.
Poco per volta lei si rende conto di non essere affatto allergica al sole e che la madre, invece, è fuggita anni addietro
abbandonandola. Ne deriva la ribellione verso il padre e il villaggio e la
decisione di partire per la città e una nuova vita.
Nel frattempo,
si intrecciano altri motivi.
Il tema della
diversità e dell’emarginazione è marcato. Ho Zai è respinta dai compagni di
scuola perché la si suppone malata. Il suo mondo mentale è peculiare,
introverso e desideroso di riappropriarsi della madre perduta. Si veste e si
comporta diversamente dagli altri. L’incontro con Sakamoto (l’attore Joe
Odagiri), un giapponese anch’egli emarginato e in cerca di se stesso, in visita al villaggio, crea una
convergenza di disagio psicologico e sociale: anch’egli vive ai margini, ha un
segreto che però non veniamo a sapere e scompare all’improvviso come
all’improvviso era arrivato.
Un monaco
buddhista che vive attendato tra strani ordigni e un bambino orfano che si rifugia presso di lui, sono altri emarginati, ma si muovono con decisione contro le avidità di denaro
e potere dell’élite finanziaria e politica.
Il villaggio si
chiama Pearl e viene definito “l’ultimo villaggio di pescatori di Hong Kong”.
La cosca della speculazione vuole trasformarlo in una zona moderna. Sarà la
ragazza a salvarlo temporaneamente, barricandosi in una casa abbandonata in
mezzo a un parco, che andrebbe arsa abusivamente per far terreno bruciato
dell’esistente e aprire il campo alle ruspe. Solo nell’ultima scena del film,
dalla voce di Ho Zai fuori campo, veniamo a sapere che la storia che abbiamo
visto era retrospettiva e il villaggio è in effetti scomparso.
È un bel film,
lontano fortunatamente dalle mode e dalla spettacolarità; ben recitato;
centrato a livello tematico.
[Roberto
Bertoni]