[On the Wall (Hong Kong, 2017). Foto Rb]
Sottotitolo:
Hong Kong In Western Film and Literature. A cura di Thomas Y.T. Luk e James P.
Rice. New Asia Academic Bulletin, No. 18, The Chinese University of Hong Kong,
2002
Il volume si
compone di saggi sulla rappresentazione cinematografica occidentale di Hong
Kong. Paiono prevalere i riferimenti a tre film, di cui si propongono qui, come
nel testo in questione, i titoli in inglese: The World of Suzie Wong, Love is a Many-Splendored Thing e Chinese Box.
Gillian Bickley
mette a confronto il libro di Han Suyin col film di King. Spiega, opportunamente:
“A
Many Splendored Thing (1952) […] was an early work in English of modern
fiction (or of an autobiography/biography presented in fictionalized form), presented
as written by a non-native speaker of English, who describes, from a
non-orientalist perspective, what purports to be - or what has been read as - her
personal reality, to an English or American audience. Today, the book remains a
relatively rare work of cross cultural romance, made cumulatively more unusual
by the following aspects: it is narrated by one of the partners of the romance
[…]; it is the non-English or non-western half of the partnership who tells the
story; and that person is also the female partner” (p. 49).
Il libro, da
interpretarsi anche come allegoria di Hong Kong, in quanto questa città si è
manifestata come “the product of a relationship between the two very different
cultures of China and the West” (p. 50), va messo in relazione con altre
opere che si appuntano su coppie orientali/occidentali, rispetto alle quali, a
parere di Bickley, Han Suyin propone una prospettiva definibile come “provocative and
refreshing” (p. 49). Gli altri testi di riferimento sono Madama Butterfly,
Burmese Days di Orwell, A Passage to India di Forster, The Quiet American di Graham Green.
Il film, prosegue
Bickley, offre immagini autentiche del panorama e del contesto urbano di Hong Kong, nonché aspetti delle differenze socio-economiche. Tuttavia, mentre il libro è un
documento storico e geo-antropologico, il film dà maggiore spazio alla storia
narrata.
Luk si orienta
piuttosto sulla rappresentazione occidentale di Hong Kong in chiave esotica
come “Perla dell’Oriente”, dunque “object of the other” (p. 73). Riguardo Suzie
Wong, a suo avviso, tanto nel romanzo di Mason, quanto nel film, “social portrayal,
plot, characterization all conspire to create a setting for paternalism and condescention,
not to mention distorsion” (p. 75). Simile il suo giudizio su Love Is A Many-Splendored Thing, un film che definisce “an ideal
setting to accommodate different flows of western fantasies” (p. 77).
Interessanti e
portatori di punti di vista variegati e anche divergenti in certi casi, gli
altri saggi, tra cui si ricordano qui di passaggio quelli , laterali rispetto al tema dominante della rappresentazione di Hong Kong, di Stuart Christie sui
Sonnets from China di Auden e di Gordon E. Slethaug su Big Sleep di Chandler.
I curatori riaffermano quanto Hong Kong
“has long held this special position in the West’s cinematic and literary
construction of Asia and the Orient” (p. IX); un’idea approfondita dal
contributo di James P. Rice, intitolato “Colonial Allegories”, il quale si spinge fino
all’affermazione che, in opere di questo tipo, “the only truly evocative or
revealing representation taking place is, of course, that of the West - the
colonial subject, not that of the exoticized colonial object” (p. 16).
[Roberto Bertoni]