Si
tratta dell’edizione aggiornata e rivista di un saggio pubblicato inizialmente
nel 1999 e che tiene necessariamente conto del fatto che in pochi anni Internet
è divenuta il medium che “sustains almost any human activity” (P. 1).
Accanto
ai fenomeni di intossicazione collettiva nell’aderire a varie notizie trasmesse
in rete e commentate in modo più o meno opportuno, ma sempre immancabile nel
caso di fatti di spicco, si riscontrano altre fenomenologie della psicologia di
Internet, quali quella della “online persona” (p. 3), che si sviluppa in rete
diversamente che nella vita fuori rete, sia perché differiscono le modalità utilizzate
per costruire le nostre impressioni degli altri, sia perché variano gli
strumenti di cui ci serviamo. Il segnale principe di tale differenziazione è la
disinibizione ostentata online.
In
positivo, sul piano psicologico e sociale, si nota l’uso di Internet per
aiutare gli altri; e, più in negativo che in positivo, si può addurre l’esempio
dei giochi online con le loro dinamiche di assuefazione.
Wallace discute
anche della privacy, cogliendo il paradosso che “we certainly say we care about
online privacy but much of the time we don’t act as if we care, largely because
of the nature of many Internet environments” (p. 4)
Le
reazioni personali rispetto a Internet variano dalle emozioni di frustrazione e
pulsioni tendenti all’aggressione, alla ricerca talora esasperata dell’anonimato,
col quale l’aggressività si manifesta in modi anche virulenti.
Provoca
preoccupazione l’utilizzazione di Internet da parte dell’infanzia, da cui la
necessità di evitare moralismi assolutistici e promuovere a livello educativo
gli aspetti positivi di creatività e di ricerca, oltre che un uso razionale, in
termini di tempo investito in rete, da questo gruppo di età.
Le previsioni per il
futuro variano da “the extremely positive to the downright apocalyptic”. Tra i
vari aspetti di quest’ultimo capitolo, Wallace ricorda una verità non
necessariamente lapalissiana: “We all need to remind ourselves that there is a
real human being or many of them, on the
other end of
our communication” (p. 359).
[Roberto Bertoni]