01/10/17

Marina Pizzi, DIVE ELEMOSINE - 2015 (STROFE 77-81)



[Frame mosaic in a "room heading towards aging" (Dublin 2017). Foto Rb]


77.

Un silenzio di roccia appare al mio polso
Ma sono viva dentro il sodalizio
Delle vestali. L’aspide dannato mi sevizia
Col furto della nuca leggera
E piange in foga la foggia del seno
Ancora pieno delle spugne aride.
Tu che sei carezza di appestati
Stai con me per disprezzo autostradale
Legaccio fatto a stemma di poveretti.
Inventa per me un angolo votivo
Dove le spalle diventino Ercole
E finalmente il tifo del ricovero
Convergerà la voga del verdetto.
Turno di giovinezza le viltà di poco
Resta la norma di piangere per sempre
Oltre il presepio che gareggia giogo
Di miserandi nascere ripetuti oltraggi.
Lo scivolo per la fossa è tutto pronto.


78.

La luna è sotto peso non ha favole
Quand’ero piccola allunarono
E guardai il muro. Nel salvadanaio
Misi la paghetta senza l’iride del possibile
Regalo. Oggi che ho la pelle vizza e
I capelli bianchi perdo la giungla dell’ultimo
Sassetto. A Venezia sfrecciavo con i calcagni
Infanti, amavo i canali innamorati di fantasmi
Smilzi perché avvelenati. Ora ho il patibolo dentro
L’iride, la giostra ruvida d’ultimi miti, spesso
Me ne vado per sconfortarmi. Angeli e santi sono bonomie
Per altri triti svarioni di capire. Grandi mostre per pochi
Quadri e le file lunghissime, guardoni i doni sotto le ruote
Del presidente della repubblica. Per 40 anni timbrai il cartellino
Per accedere al rigagnolo della sfinge più sfatta
Senza salone di bellezza. I fiori ragazzoni dei miei balconi
Protestano le spirali che non vogliono.


79.

Le tante ostie del visibile
Preghiere d’oltre per cammini in bilico
Dove si ottiene la vera stasi
Almanacco caduco guardarti morire
Fra terra e sassi bilichi di serpenti
In pena l’armonia del serenello amore.
In meno di un unguento persi mia madre
Reporter di sé ad inventare il paradiso
O il sibilo del vento reso alfabeta
Per la scazzottata con i cadaveri eccellenti
Le eccellenze di fantasmi smilzi e zitti.
I tanti indovini che popolano la sabbia
Brevettano dolori in treni vili
Dove la vetta è un tarlo mai ucciso.


80.

Dio di occaso l’avanzo degli anni
La non docenza d’anima.
Cede la benevolenza in un frusto
Spasso senza che nessuno se ne accorga.
Grandine estiva il tuo amore
Spacca altari al senza senso.
Pericolo di amplesso il vento
Colora la bestemmia di preghiera
Sotto il rapido candore della pece.
Agghindata a far festa la salma
Corregge nel panico il mondo.


81.

Stanza senescente la scelta di scempio
Ora che avvista la storia senza scena
Apolide giovenca in posa per la foto
Estrema.




Strofe precedenti di “Dive elemosine” sono apparse su altri numeri di Carte allineate.