[Was it an alien structure? (Dublin 2015). Foto Rb]
USA 2016. Tratto
dal racconto “Story of your Life” di Ted Chang. Sceneggiatura du Eric Heisserer. Musica di Jóhann Jóhannsson.
Con Amy Adams, Tzi
Ma, Jeremy Renner, Michael Stuhlbarg, Forest Whitaker
È opportuno partire dal racconto di Chang [1], in cui l’arrivo
di navi spaziali extraterrestri conduce al tentativo di comunicazione da parte
di esperti terrestri: una studiosa di linguistica e uno studioso di fisica. La
linguista, Louise, riesce a instaurare un rapporto con gli alieni, denominati
eptapodi, decifrando la loro lingua scritta, diversa da quella parlata e
fondata su “semagrammi”, o simboli visivi, complessi. Una volta capito il
sistema simultaneo del linguaggio degli eptapodi sulla base anche del principio
di Fermat, uno dei cui aspetti è la corsa della luce da un punto a un altro per
la strada più rapida, si delinea l’aspetto temporale di questa lingua, teso
verso il futuro, e tale da riflettere una concezione teleologica del mondo. Chi
si impadronisce del linguaggio degli eptapodi è in grado di vedere il futuro:
il libero arbitrio consiste nello scegliere coscientemente di seguire il
cammino prefissato. Il racconto alterna il presente di un diario tenuto da
Louise, in cui descrive alla figlia non ancora nata quanto accadrà nella sua
vita, e il passato in cui racconta il contatto con gli esseri dello spazio, per
dare un’impressione comprensibile del fatto che imparando il linguaggio degli
eptapodi, la sua mentalità si è modificata, padroneggiando il tempo in
sincronia dal passato al presente al futuro. Gli extraterrestri se ne vanno d’improvviso
dopo avere spiegato che hanno lasciato agli esseri umani un dono che, non
chiarito dal narratore, si può immaginare sia appunto il loro linguaggio e la
prescienza. È un racconto intelligente, ben scritto, ben argomentato
filosoficamente.
La resa cinematografica è anch’essa di buona qualità. Soprattutto
ci hanno colpito le trasfigurazioni visive delle astronavi, che sono un chiaro omaggio ai parallelepipedi di 2001: Odissea nello spazio, con un tocco
magrittiano nella forma ovale e sospesa da terreno.
Forse con efficacia maggiore che nel racconto, mantenendo la forma a piovra e a sette tentacoli degli eptapodi, se ne lascia la materialità completa in sottordine, sorvolando sul numero di occhi e altri particolari. Li vediamo sempre dentro una specie di nebbia.
Forse con efficacia maggiore che nel racconto, mantenendo la forma a piovra e a sette tentacoli degli eptapodi, se ne lascia la materialità completa in sottordine, sorvolando sul numero di occhi e altri particolari. Li vediamo sempre dentro una specie di nebbia.
Il film sviluppa il racconto in direzione politica. Nella
pellicola, gli alieni arrivano su vari paesi del Pianeta Terra. C’è un contrasto
di intenzioni tra gli scienziati e i militari. All’inizio sembra che gli
statunitensi facciano la parte dei “buoni”, evitando azioni ostili, e i cinesi
la parte dei “cattivi” cercando di sopprimerli. Tuttavia l’eroina, seguendo un’intuizione
trasmessa dagli eptapodi man mano che si impadronisce del loro linguaggio e della
loro Weltanschauung, riesce a comunicare in una sacca spaziotemporale insolita col
generale cinese, dal che consegue una collaborazione dei paesi della Terra e
una loro unificazione, come avevano previsto e voluto gli alieni, questo nel
film il loro dono all’umanità, che in cambio, comunicano a Louise prima di
partire, li aiuterà tra tremila anni.
Film piuttosto notevole, a parte qualche ingenuità
attualizzante qua e là.
NOTA
[1] In Stories
of Your Life and Others, Londra, Picador, 2015.
[Roberto Bertoni]