[Sushi in Dundrum (2016). Foto Rb]
Sigaku, Lo Zen e l'arte di mangiar bene. Milano, Vallardi, 2016 (Edizione Kindle)
L’alimentazione è un
aspetto importante del Buddhismo. La difesa della vita spinge verso il
vegetarianismo. La conservazione dell’armonia del cosmo muove in direzione del
non spreco degli alimenti. La moderazione è uno dei precetti dell’ottuplice
sentiero e si applica anche ai pasti: uno al giorno e non dopo le undici del
mattino nel Buddhismo originario e in linea di massima tuttora per i monaci
delle scuole Theravada. Due pasti leggeri sono ammessi oggi per i monaci delle
scuole Mahayana, compresa quella Zen cui appartiene Seigaku.
Uno degli elementi
sottolineati dal monaco giapponese è la trasformazione delle regole alimentari
in rito, sia a livello della posizione seduta in cui si mangia, della collocazione
delle ciotole sulla stuoia, della disposizione dei punti geografici e così via.
L’assunzione del cibo
è una modalità della meditazione, per cui, prima dei pasti i monaci si
concentrano su cinque principi: il riconoscimento della fatica necessaria a
procurare il pasto; la domanda interiore se si sia degni di riceverlo; la
coscienza della brama che “ostacola la libertà della mente”; il riconoscimento
del cibo come qualcosa che “sostiene la vita”; la condivisione con tutti gli
esseri viventi.
La regola del
silenzio durante i pasti conventuali si accompagna alla spazialità delle cose:
le più alte lontano da sé e le più vicine in prossimità del commensale.
Quanto agli
ingredienti, la “regola da seguire” è quella di “armonizzare i sei sapori e le
tre qualità”. I sei sapori sono amaro, aspro, dolce, piccante, salato e
insipido; e le tre qualità leggero/flessibile, pulito/armonioso,
coscienzioso/accurato.
[Roberto Bertoni]