[Evening crowd (Osaka, Namba, 2013). Foto Rb]
Keiko Hirata e Mark Warschauer, Japan: The Paradox of Harmony, New Haven e Londra, Yale University Press, 2014
Questo volume propone informazioni di buona
qualità culturale sul Giappone mentre mantiene un tono giornalistico e
accessibile a un pubblico ampio.
Vengono passati in rassegna i dati sulla presenza
crescente di popolazione di età avanzata, lo scarso livello di fertilità e il
numero di divorzi che ammonta a un terzo dei matrimoni, l’ottima riuscita e l’eccellente livello
di conoscenze scolastiche e universitarie, le contraddizioni della politica
estera che solo in parte ha fatto i conti col passato colonizzatore, le svolte
a destra degli anni Dieci del Ventunesimo secolo, le politiche aziendali e
ancora altro. In tal senso il volume costituisce una lettura utile e
istruttiva.
Ciò che lascia perplesso lo scrivente è la tesi di
fondo, espressa parecchie volte dagli autori e sintetizzata così nella
conclusione: “Mentre l’armonia ha contribuito a rendere il paese benestante e
prospero, oggi quella medesima armonia minaccia il futuro della nazione” (p.
242, nostra traduzione).
“Armonia”, in questo contesto sociale, significa collaborazione solidale tra
individui associati in una collettività, il cui valore viene massimamente
rispettato in Giappone e, come notano gli autori, ha provocato anche di recente risultati
encomiabili come la collaborazione per risolvere i problemi immediati della
tragedia di Fukushima. Significa anche lealtà all’azienda e ai valori
confuciani, abbassamento dell’individualismo, modestia e abnegazione, cioè i
valori perduti da tempo in Occidente e che stanno progressivamente, almeno in parte,
disfacendosi anche in Oriente.
Secondo gli autori del libro in questione, la
mentalità collettivistica e tradizionalista ritarda un ulteriore sviluppo del
Giappone contemporaneo. A noi però sembra che, dietro questa constatazione,
leggendo tra le righe, si annidi un ulteriore monito anche al Giappone di
aggiornarsi al neoliberismo completamente, promuovendo non solo il giusto progresso
in senso egualitario, per esempio stipendio equo tra uomini e donne, ma soprattutto l’individualismo
narcisistico e la mancanza di protezioni sociali di cui ha bisogno il
capitalismo globalizzato, intollerante di sacche di resistenza al neoliberismo.
In questo senso, forse sarebbe il caso di rilanciare le solidarietà, espandendole ovunque, invece di
invitare a bruciarle in fretta.
[Roberto Bertoni]